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Sirio 8 - 14 dicembre 2025
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Roma

L’Arcivescovo ai preti italiani: «Per seminare speranza dobbiamo essere uomini di speranza»

Monsignor Delpini ha tenuto la catechesi ai presbiteri di lingua italiana in occasione del Giubileo dei sacerdoti: «Perseverate nella missione e nella coerenza, trovando il motivo di fiducia nella fraternità del clero e nella relazione al vescovo»

di Riccardo BENOTTIAgensir

26 Giugno 2025
Sacerdoti partecipanti al Giubileo (Vatican Media)

«La condizione per essere seminatori di speranza è di essere uomini di speranza»: questo il monito dell’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, nella catechesi – intitolata appunto «Sacerdoti annunciatori della Speranza» (leggi qui il testo integrale) – tenuta nella chiesa di San Salvatore in Lauro a Roma ai preti di lingua italiana in occasione del Giubileo dei sacerdoti. 

«Lo sguardo di Gesù»

«Questo Giubileo pretende che ci mettiamo in cammino, di non stare seduti: c’è una grazia da ricevere». L’Arcivescovo ha esordito sottolineando la stima che nutre verso i parroci e ha proseguito soffermandosi sulla chiamata di San Matteo nel Vangelo. «Gesù – ha ricordato – vede un uomo seduto al banco delle imposte, vincolato alla sua professione, un uomo che forse si riteneva arrivato e rassegnato alla sua posizione. Gesù lo chiama e gli dice “seguimi”. Dovremmo interrogarci e dire: non è che per caso anch’io sono un uomo seduto? Uno che ormai si è assestato in un ministero, in una professione che si ripete tutti i giorni? È un’immagine un po’ deprimente – ha avvertito –, ma credo che ciascuno di noi si chieda di cosa siamo appassionati. A volte ai preti capita di essere guardati secondo uno schema, come dei funzionari, rinchiusi in una casella. La parola “seguimi” e la risposta di Matteo significa, secondo me, che pur essendo assestato nella sua professione, Matteo aveva un’inquietudine, una nostalgia di qualcosa di meno sicuro, capace di dare un senso. La storia di Matteo comincia con uno sguardo: Gesù lo vede e interpreta quello che lui non si decide a fare. Se non c’è uno sguardo che legge dentro e interpreta il bisogno di santità che abbiamo fin dall’inizio del percorso di consacrazione che un po’ si è appannato per cui siamo diventati dei funzionari. Ci vuole uno sguardo, una presenza di Gesù che mi conosce, mi commuove e interpreta».

«Stare insieme per il Vangelo»

L’appartenenza al presbiterio è uno dei temi toccati durante la meditazione. «La prima essenza dell’essere presbiteri – ha detto Delpini – è essere collaboratori del vescovo e far parte del presbiterio. È un principio secondo me di riforma del clero che contrasta con l’individualismo e l’essere statico. Il parroco – ha sottolineato – è troppo determinante per la comunità in cui è presente. La gente, almeno in tanti posti, chiede che il prete stia lì per loro». Tuttavia «esiste la Chiesa, esiste il gruppo di coloro che insieme col vescovo si fanno carico della missione apostolica», in piena contrapposizione con l’idea del prete che sceglie di stare con gli altri preti amici. «Si sta insieme per il Vangelo – ha spiegato –, non per la compensazione affettiva, non per farci compagnia, bensì perché facciamo parte di un presbiterio. Le sensibilità diverse – ha concluso – devono diventare una ricchezza comune, non il principio di frammentazione del presbiterio». E ha aggiunto: «Il tema dell’appartenere al presbiterio dovrebbe incoraggiare una forma di cassa comune. A Milano ad esempio c’è un fondo, intuizione del cardinal Martini, che fornisce delle risorse economiche per assistere i preti più anziani. È difficile però che i preti condividano questo argomento considerato un tabù».

«Non accondiscendere all’abitudine»

«Gesù dice: vi mando come pecore in mezzo ai lupi. Dunque anche noi l’impopolarità la dobbiamo mettere in conto perché, in molti casi, la coerenza con il Vangelo ci impone di non essere accondiscendenti con quella che è diventata un’abitudine, una incrostazione. Tutte le apparizioni del risorto – ha spiegato – richiedono un invito a riconoscere che il crocifisso è glorificato, che l’uomo ferito è risorto. Alcuni però dubitavano».

Ricordando un altro passo del Vangelo, «Andate in tutto il mondo, predicate a tutte le nazioni», Delpini ha aggiunto: «La pagina del Vangelo fa intuire che il gruppo di uomini mediocri riceve la missione e parte. È commovente: pur nella constatazione della loro inadeguatezza, cosa può averli rasserenati? È stato il fatto che Gesù dicesse: “sono con voi tutti i giorni”. Sono partiti loro, possiamo partire anche noi».