Un’esperienza che ha lasciato il segno nei cinque studenti, quattro ragazze e un ragazzo, dell’Istituto Leone XIII di Milano. Hanno accolto la proposta di svolgere le tradizionali ore di alternanza scuola-lavoro (oggi Pcto, Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento) a 9 mila chilometri di distanza. I ragazzi sono partiti il 24 maggio per il Kenya insieme a quattro responsabili adulti, tra cui Fabrizio Zaggia, insegnante di religione alla primaria dei Gesuiti e referente di tutte le attività di volontariato della scuola. Altri due studenti sono partiti da Roma e una trentina dalla scuola di Palermo, l’istituto che ha lanciato l’iniziativa qualche anno fa.

Il gruppo di giovani e adulti ha raggiunto in volo Nairobi, per poi trasferirsi a Ongata Rongai, una città a sud della capitale che conta 170 mila abitanti; quindi sono giunti alla missione dove sorge la scuola cattolica, fondata dalle religiose Evangelizing Sisters of Mary e intitolata “Bishop Sisto Mazzoldi”, dal nome di un missionario comboniano. La scuola accoglie circa 600 alunni di ogni ordine e grado, dalla materna alle superiori; si aggiunge poi un’altra struttura residenziale, che ospita 80 ragazze adolescenti per sottrarle al degrado degli slum, alla povertà e alla violenza, offrendo loro un ambiente sereno di educazione e cura.
«Il nostro Pcto missionario non è stato un semplice viaggio turistico, né siamo andati in Kenya per costruire un pozzo o una struttura sanitaria – dice Zaggia -, ma per immergerci nella realtà locale, vivendo un’esperienza di servizio e condivisione, creando legami e ricordi indimenticabili».

La giornata dei ragazzi kenyoti inizia alle 8 del mattino (alle 7 per i residenti) e si conclude alle 17. Per questo gli studenti del Leone XIII hanno potuto svolgere diverse attività: supporto scolastico, affiancando insegnanti e aiutando i bambini nell’apprendimento; attività ricreative, organizzando giochi e momenti di svago per i più piccoli; condivisione culturale, attraverso storie di vita e incontri di alcune famiglie negli slum.
I ragazzi del Leone, divisi in 2 o 3 per classe, hanno iniziato a conoscersi e a fare amicizia, trascorrendo insieme gli intervalli (che durano almeno mezz’ora), dialogando e giocando. Prezioso anche il momento del pranzo condiviso e del tempo libero. La giornata dei “missionari” italiani proseguiva con un incontro tra loro, a gruppi o assembleare, per riflettere, confrontarsi e condividere l’esperienza, per poi concludere la serata con la Messa.

Nei pochi giorni trascorsi a Ongata Rongai, i ragazzi hanno fatto anche due uscite: la prima per conoscere da vicino la tribù dei Masai (quindi spostandosi verso la Tanzania); la seconda per visitare alcune famiglie che vivono negli slum, i sobborghi da cui provengono diverse ragazze che ora frequentano la scuola e risiedono nella casa di accoglienza. All’interno dell’area c’è anche un ospedale fondato da tre missionari italiani, oggi gestito dalle suore e da alcuni laici. Pertanto da Palermo è partito anche qualche genitore che ha messo a disposizione la sua professionalità (tra loro medici e oculisti). Giovani e adulti sono partiti con le valigie cariche di farmaci, indumenti e giochi da lasciare ai loro nuovi amici dall’altra parte del mondo.

«In Kenya ho lasciato un pezzo del mio cuore – confida Isabella Sibillo, studentessa di IV liceo Scientifico -. Ripenso continuamente a quegli abbracci spontanei, a quei sorrisi genuini, alle storie piene di speranza, agli sguardi pieni di luce di quelle persone che, con così poco, riescono a costruire momenti di gioia e a trasmettere un amore puro e sincero. Questa esperienza mi ha insegnato a dare valore alle piccole cose, a sorridere di più, a essere grata per quello che ho. Sono stati solo dodici giorni, ma il segno che hanno lasciato in me sono sicura che durerà per sempre».
Ora l’idea è di rilanciare una sensibilità missionaria tra gli studenti del Leone XIII a Milano, perché questa esperienza «ci ha cambiato molto – ammette Zaggia – e oggi i ragazzi hanno uno sguardo diverso sulle persone».





