Si chiama gioco, ma è una trappola, nella quale finiscono sempre più giovani, anche minorenni. L’azzardo è una piaga sociale che sconvolge l’equilibrio delle famiglie. A questo fenomeno spesso sottovalutato cerca di dare una risposta lo Sportello dipendenze della Caritas ambrosiana. Ne parliamo con Costanza Pestalozza, impegnata in prima linea.
Qual è la vostra attività?
Innanzitutto è uno sportello rivolto ai familiari dei giocatori, con l’obiettivo di sostenerli quando al proprio interno c’è una persona che gioca e spesso non è ancora consapevole della situazione. Insieme alla Fondazione San Bernardino di Milano li aiutiamo a mettere in ordine la situazione debitoria che non è sempre conosciuta, con alcune strategie protettive sia dal punto di vista economico e del patrimonio, sia relazionale. Infatti il nostro non è uno sportello di cura, ma di orientamento e di sostegno. Quando riusciamo ad agganciare anche il giocatore, viene inviato ai servizi pubblici per le dipendenze o a rivolgersi a un gruppo di autoaiuto come i giocatori anonimi o altre organizzazioni. Collaboriamo anche con l’Ordine degli avvocati di Milano per avere orientamenti legali per attivare una serie di procedure protettive, perché la famiglia possa essere non esposta ai danni dell’azzardo.
Emerge una realtà drammatica…
Sì, è così. Spesso le famiglie sono le prime ad accorgersi, ma anche quelle che tacciono per un po’ perché si vergognano, sperano che la situazione rientri, il giocatore promette che non giocherà più e invece quando diventa una dipendenza non riesce a mantenere la promessa. Cerchiamo di sostenere le famiglie nel tempo con una serie di strategie come mettere in protezione i conti comuni con la separazione dei beni, in modo da non avere la firma congiunta, azioni molto pratiche per proteggere i beni dei figli, i piccoli risparmi per il loro futuro, piuttosto che gli ori di famiglia. Purtroppo il giocatore coinvolge la famiglia allargata, non solo il partner se è in coppia, ma anche figli, fratelli, cugini, cognati e i colleghi di lavoro per la richiesta di prestiti di denaro.
Come sta cambiando il fenomeno?
Nell’ultimo periodo l’età si è molto abbassata. In passato si rivolgevano a noi persone di 40-50 anni, adesso dai 27 ai 35 anni, con una storia di gioco ormai di 5/7 anni. Infatti ho incontrato di recente giovani che hanno iniziato a giocare ancora minorenni e poi il comportamento è diventato patologico. Anche la modalità di gioco è cambiata molto: prima solo in presenza, alle slot, ai gratta e vinci, al super enalotto, al bingo, nelle tabaccherie. Dopo il Covid si è invertita la tendenza, giocano tantissimo online, così diventa ancora più faticosa la protezione delle famiglie, perché è molto invasivo: i giovani giocano tanto quando hanno la possibilità di avere un conto proprio oppure sottraggono denaro in casa.

L’azzardo colpisce soprattutto uomini?
Da noi si rivolgono prevalentemente uomini, anche se i nuovi dati stanno sottolineando un aumento delle donne giocatrici soprattutto online.
Sono coinvolti anche minorenni, che non dovrebbero poter accedere ai giochi?
È vietato l’accesso ai giocatori minori, purtroppo poi non è così. Le nuove ricerche sostengono che il gioco d’azzardo nei ragazzi è diffuso, nel vis-à-vis, nelle ricevitorie, nelle sale gioco perché non controllano i documenti. Poi con uno di una persona più grande si può attivare anche il gioco online utilizzando una carta prepagata intestata al genitore. Comunque è importante riuscire a parlare con i ragazzi e metterli in allerta sul fatto che l’azzardo non è un salvadanaio, ma un mangia soldi, non è la possibilità di vincere come si promette o come sembra, ma è una trappola.
Il secondo fronte sul quale siete impegnati è la formazione nelle comunità cristiane. È un tema sentito?
Purtroppo credo che di azzardo se ne parli troppo poco e c’è una sottovalutazione della sua pericolosità. Perciò siamo sempre più convinti di dover fare sensibilizzazione e prevenzione nei confronti della popolazione tutta, all’interno degli oratori e delle comunità, perché crediamo che è da lì che bisogna partire.





