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La Cdo e il “Manifesto del Buon Lavoro”

La Compagnia delle Opere ha redatto un documento in cui riassume principi e buone pratiche alla base della ricerca di un senso per l’attività lavorativa. Il presidente nazionale Andrea Dellabianca lo illustrerà alla Veglia del 28 aprile: «Un’istanza che coinvolge tutti»

28 Aprile 2025
Operai al lavoro

Hanno da poco presentato un “Manifesto del Buon Lavoro”, le aziende della Compagnia delle Opere, per rispondere alle istanze sul senso dell’attività lavorativa riemerse in modo prepotente nel dopo-pandemia. Dal maggiore ascolto e coinvolgimento di tutti i collaboratori, favorendo lo spirito di iniziativa e la creatività di ciascuno, al sostegno alle proposte della Cisl per la partecipazione dei dipendenti alla governance dell’impresa, dall’investimento sull’aggiornamento professionale al sostegno alla maternità e paternità, limitando allo stesso tempo i contraccolpi organizzativi per le aziende, sono tanti i principi rilanciati nel documento, che prende spunto dalle buone pratiche già messe in atto da diverse imprese.

Non solo utili

Queste proposte saranno anche il filo conduttore del contributo che la Compagnia delle Opere porterà nella Veglia diocesana per il lavoro di lunedì 28 aprile, attraverso l’intervento del presidente nazionale Andrea Dellabianca. «Forse per molti anni non ci siamo più posti la domanda sul senso del lavoro, rimanendo vittime di una concezione totalmente legata al profitto e alla performance – osserva -. Ma se fare utili è indice della salute dell’impresa, e dunque resta naturalmente un obiettivo da perseguire, emerge la domanda su come tutto questo impegno abbia a che fare con la fecondità della vita, con la traiettoria di crescita e la soddisfazione di ciascuno». Dai manager ai dipendenti, è una domanda che in forme diverse coinvolge tutti, nota il presidente, che porta un significativo esempio di un nuovo approccio di molti giovani al mondo del lavoro, impensabile soltanto fino a pochi anni fa: «Tra noi imprenditori spesso ci si lamenta che, quando i ragazzi vengono ai colloqui, è come se loro stessi intervistassero l’azienda, chiedendoci come operiamo, come ci comportiamo. Questo ci può dare fastidio, ma possiamo anche riconoscervi il fatto che i giovani ci stiano chiedendo di rispondere alla motivazione per cui chiediamo loro di collaborare, e per cui vendiamo un prodotto o un servizio».

Andrea-Dellabianca

Se dunque l’azienda deve sempre interrogarsi su come si stia evolvendo il proprio mercato, Dellabianca ricorda che, oltre ai fattori esterni, ci sono anche quelli interni all’azienda stessa, risultato del dialogo e delle scelte condivise con i propri collaboratori. Anche in azienda, dunque, è centrale il tema delle relazioni, dalla cura della formazione continua dei dipendenti al welfare aziendale, al bilanciamento vita-lavoro. Tenerne conto «non significa – specifica – soddisfare tutti i bisogni che ciascuno può avere, ma piuttosto prenderli sul serio, così come prendere sul serio le relazioni che sono costitutive di ogni persona». Dellabianca sottolinea ad esempio l’importanza per le imprese delle norme che considerano il finanziamento della formazione dei dipendenti tanto importante quanto gli altri investimenti aziendali, mentre, guardando al welfare aziendale, richiama la sua categoria a non utilizzare questo strumento come una mera leva economica.

Una sfida possibile

Dellabianca estende a tutta la comunità cristiana l’invito a scommettere sul ruolo educativo che da sempre è proprio della Chiesa, sapendo che in tutti i contesti, dagli oratori fino alle aziende, è possibile sperimentare la possibilità con la vita delle persone. Una sfida che in cui può essere utile attingere allo spirito imprenditoriale. «Avendo la capacità – conclude il presidente della Compagnia delle opere – di osservare gli esempi positivi che emergono (da quelli dei singoli dipendenti alle buone pratiche d’azienda) e rischiare di sostenerli».

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