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Domenica delle Palme

Non rassegnarsi a vivere nella banalità e nel frammento, ma aprirsi a Cristo via della pace

Moltissimi fedeli, tra cui tanti giovani e famiglie, hanno camminato in processione con gli ulivi e partecipato al Pontificale presieduto in Duomo dall’Arcivescovo: «Con la vostra testimonianza siate un messaggio di pace e di vita per tutti»

di Annamaria Braccini

25 Marzo 2018

I discepoli di duemila anni fa – e quelli di oggi – che «sembrano una presenza e, invece, sono un’estraneità, assistono all’evento dell’ingresso di Gesù nella sua città, ma i loro pensieri sono altrove; sono facilmente riconoscibili, ma assistono all’evento come spettatori confusi di un fatto di cronaca un po’ sorprendente».
È la domenica delle Palme e, dopo la benedizione delle Palme e degli Ulivi presso la chiesa di Santa Maria Annunciata in Camposanto, la processione dei Canonici del Capitolo della Cattedrale, dei membri dell’Arciconfraternita del SS. Sacramento, degli Ordini Cavallereschi e di tanta gente porta i fedeli in Duomo per il Pontificale solenne presieduto dall’Arcivescovo. Molte le famiglie, i giovani e i bambini per la presenza di tutte le componenti della scuola paritaria “La Zolla”.
A ognuno si rivolge monsignor Delpini nella sua riflessione che diviene insieme un monito a capire la verità la Settimana autentica e l’indicazione di quella speranza che è sempre possibile quando si guarda all’amore di Cristo che riconcilia.
«Noi, come entriamo in questa Settimana santa? Siamo quelli che comprendono o coloro che vivono un momento di suggestione, la ripetizione di un rito o un evento di salvezza?». Per aiutare a comprendere, un aiuto – per usare le parole del Vescovo – viene dalla Lettera ai Colossesi appena proclamata.
«Paolo ci invita a unirci all’inno che ci è stato annunciato, a dilatare la nostra mente, a riempire il cuore di gioia, disponendoci a ricevere la gloria che si rivela in questi giorni santi. Cantiamo la pace, la bellezza del desiderio di Dio, la riconciliazione di tutte le cose, sia quelle che stanno sulla terra, sia nei cieli. Perché siamo lieti? Proprio perché la mitezza di Cristo, il modo umile con cui entra nella sua città e si offre inerme all’aggressione violenta, rivela la via della riconciliazione. E, perciò, l’angoscia, il disorientamento, l’incertezza, l’inquietudine di chi ha l’impressione di vivere in un mondo di frammenti impazziti e di scontri insanabili tra le cose, le persone, gli impegni, riceve la rivelazione che tutto è pacificato».
Una buona novella – questa – di cui ha disperato bisogno la società di oggi nella quale spesso «fin da ragazzi in famiglie spezzate, si vive dispersi in tanti frammenti che incalzano e che non permettono di condurre a unità la propria esistenza».
Il richiamo, diretto e che scava nel cuore, riguarda ognuno: «Si vive di non-luoghi, di appartenenze complicate, ma questo annuncio offre pace e armonia. Voi che vivete la confusione dei pensieri, lo sconcerto per l’invasione di una cronaca spaventevole, il male che gli uomini possono fare, riconoscete che è stato versato il sangue della riconciliazione. Voi che vivete il dramma della separazione, lo strazio dei legami spezzati, il tormento delle convivenze impossibili, riconoscete finalmente che è offerta la via della pace». Quella strada profonda che solo un amore così può realizzare.
«Cantiamo la promessa che rivela il senso di tutte le cose, la via della pace che si disegna con un uomo che entra in città su una puledra d’asina; cantiamo alla luce che manifesta la bellezza della creazione, innalziamo il nostro canto perché in Gesù si rivela il Dio invisibile».
Evidente che nasca, in questo modo, una speranza nuova anche «per chi sospetta che qualche forza ostile lo perseguiti, chi teme un qualche destino avverso, chi si immagina che ci sia un nemico invincibile che incombe su questa vita fragile e precaria».
«Voi rassegnati a vivere nel frammento, aprite la mente a ciò che dà senso a tutte le cose. Voi inclini a vivere nella banalità, per il sospetto che le domande ultime siano troppo inquietanti, voi incerti e confusi tra teorie troppo complicate e dogmi troppo perentori, tra pareri troppo discordanti e affermazioni troppo presuntuose, accogliete Colui che viene nel nome del Signore».
Un auspicio ripetuto, a conclusione della Celebrazione, dall’Arcivescovo che, richiamando il 25 marzo 2017 quando il Papa visitò Milano, invita a pregare con tanta gratitudine per il Santo Padre. «A un anno di distanza vogliamo che ancora risuoni la sua voce, diciamo che gli vogliamo bene e che ammiriamo il suo Ministero. Portate nelle vostre case e negli ambienti del lavoro l’annuncio che la riconciliazione tra le persone è sempre possibile. Siate, con la vostra testimonianza, messaggio di pace e di vita per tutti».