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Suffragio

Scola: «Martini, maestro della Parola
e guida per il futuro anche della metropoli»

Presiedendo in Duomo la Celebrazione in memoria del cardinale Martini, a tre anni dalla scomparsa, il cardinale Scola ha ricordato la fede e l’appassionato amore per la Parola di Dio e per la ricerca della giustizia dell’amato predecessore

di Annamaria BRACCINI

31 Agosto 2015

Un gesto di memoria grata che rende «ancora più viva ed espressa la presenza del cardinale Carlo Maria Martini, così tanto amato dalla nostra Chiesa».

Sono trascorsi già tre anni dalla scomparsa, appunto, del cardinal Martini e in un Duomo affollato da moltissimi fedeli, è il cardinale Scola a presiedere l’Eucaristia in suffragio di questo indimenticabile Pastore, che fu sulla Cattedra di Ambrogio e Carlo dal 1980 al 2002, tracciandone un coinvolgente ricordo, intessuto dal grande filo rosso della fede e della Parola di Dio. Parola insegnata, amata, trasmessa e fattasi lampada del suo magistero episcopale e del il proprio cammino personale.

Concelebrano il rito due Cardinali – l’Arcivescovo emerito di Milano, Dionigi Tettamanzi, successore diretto di Martini e il presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Liturgici, Francesco Coccopalmerio -, i Vescovi ausiliari (cui si aggiunge monsignor Renato Corti, già vescovo di Novara e per un decennio vicario generale di Martini), il Consiglio Episcopale Milanese, il Capitolo Metropolitano e un centinaio di sacerdoti, tra cui il presidente e il vicepresidente della Fondazione Martini, i gesuiti, padri Casalone e Costa. Non mancano la sorella signora Maris, il nipote Giovanni Martini e altri congiunti e amici.

La Messa si fa richiamo e pensiero commosso, già nell’indirizzo iniziale dell’Arciprete della Cattedrale, monsignor Borgonovo, che dice: «La fine del mese di agosto è, per la nostra Chiesa milanese, un tempo che ci porta a ricordare i nostri Pastori – il 30 agosto ricorre la memoria liturgica del beato cardinale Schuster – con i quali abbiamo intrecciato sentieri più o meno lunghi di fede, ma ci porta anche a riprendere con vigore e fedeltà i nostri impegni di oggi, guardando al futuro che ci sta davanti ed educandoci al pensiero di Cristo». Quel Signore “Principio e Verbo della vita”, secondo la Prima Lettera di Giovanni, richiamata dall’Arcivescovo: «Il celeberrimo brano giovanneo riprende il tema del “principio”, ma in chiave esistenziale, come riflessione convincente sull’esperienza diretta quale carattere insostituibile e decisivo del cristianesimo. Tale costatazione ci porta immediatamente alla figura del cardinale Carlo Maria Martini. All’uomo, al cristiano, al Vescovo che ci ha lasciato come eredità preziosissima la passione per la Parola di Dio, debitamente compresa ed efficacemente comunicata». Con un insegnamento che fu, come spiega ancora l’Arcivescovo, volutamente “popolare”, nel senso nobile del termine, «riformulando creativamente la “Lectio” biblica» ed educando, in tal modo, i fedeli alla familiarità con la sacra Scrittura, secondo un atteggiamento, ormai tipicamente ambrosiano, che l’Arcivescovo stesso nota, anzi «tocca con mano», ogni volta che visita le varie realtà di Comunità pastorali e Parrocchie della nostra Diocesi.

Da qui, nell’intreccio tra l’ispirazione alla Prima Lettera di Giovanni e «la vita e il ministero del compianto Cardinale», bene si evince, d’altra parte, l’intero «contenuto, il metodo e lo scopo dell’annuncio cristiano: trasmettere di generazione in generazione l’incontro con Gesù vivo, perché risorto, con il Cristo presente qui e ora che è attore della storia». Un “incontro” che ci coinvolge ancora di più attraverso la Parola di Dio, radice di vera gioia, così come fu per Martini stesso, secondo l’espressione del Salmo da lui molto amato, “Una generazione narra all’altra la bontà del Signore”, che «sintetizza questo metodo di lettura della sacra Scrittura con il dinamismo della traditio, del passare l’esperienza cristiana di generazione in generazione».

Questione fondamentale, oggi, in un tempo che pare di perdita irreparabile del legame tra fede e vita, pur sapendo, come insegna il Vangelo di Luca, risuonato tra le navate durante la Celebrazione, che «Gesù non si dà pace finché ogni suo figlio “perduto” non sia ritrovato ed egli stesso non perde tempo a lamentarsi, ma impiega piuttosto tutte le sue energie in questa instancabile ricerca perché niente è più urgente. Questo è il contenuto proprio della missione di Gesù e questo deve garantire a tutti la Chiesa, la cui missione consiste nel lasciar trasparire il volto misericordioso di Cristo a favore di tutte le donne e gli uomini. Quando la Chiesa fa ciò ha svolto tutto il suo compito e ha esplicato tutta la sua ragione d’essere». Qui, nella gioia del perdono del Signore, scandisce, infatti, Scola: «c’è tutto il Vangelo, c’è tutto il cristianesimo. E non è “buonismo”, al contrario, la misericordia è la vera forza che può salvare l’uomo e il mondo dal “cancro” che è il peccato, il male morale e spirituale. Solo l’amore riempie i vuoti, le voragini negative che il male apre nei cuori e nella storia», per usare un’espressione del Papa. «Questo testo di papa Francesco consente di citare una riflessione del cardinale Martini sul tema delicato e impervio e. in un certo senso irraggiungibile., dal punto di vista razionale ed umano, del rapporto tra giustizia e amore misericordioso di Dio, conclude il Cardinale.

«Ricordiamoci sempre che la radice della giustizia è nella creazione voluta da Dio. È Lui il garante ultimo di ogni giustizia; è Lui che anzitutto fa giustizia a noi devianti, poveri, peccatori; è Lui che ci perdona, ci riabilita, ci ama; e in grazia della Sua giustizia salvifica, siamo in grado di esprimere anche noi giustizia, bontà, amore verso tutti gli altri». Un tema, questo, assolutamente decisivo nella vita dell’uomo del terzo millennio, soprattutto in questi momenti di passaggio e di travaglio per la nostra Europa. Tema che il cardinal Martini profeticamente seppe e volle sviluppare con «importanti conseguenze a livello personale, familiare, di comunità cristiana e di vita sociale e politica». Infine, l’auspicio. «Da lui, che tanto a lungo e con tanta dedizione ha servito la Chiesa ambrosiana, dalla sua vicinanza e da questi insegnamenti, traiamo conforto ed impegno per costruire una Milano capace di essere effettivamente metropoli, individuando così l’appropriata fisionomia del cristiano e del cittadino di questo nuovo millennio».

Poi, a conclusione della Messa, la breve processione alla tomba del cardinal Martini, con la benedizione e i tre Cardinali in ginocchio che sostano in silenzio e preghiera attorniati dai Concelebranti e dalla gente, tra cui la sorella che depone un’unica rosa bianca sulla lapide nel pavimento della Cattedrale.