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Catechesi

Parola di Dio e cultura
vissute come una costellazione

Da lì parte la relazione che collega le diverse figure in gioco: la comunità, i catechisti, i sacerdoti, gli educatori, le famiglie, i ragazzi, i testimoni...

di don Antonio COSTABILE Responsabile del Servizio per la Catechesi

24 Febbraio 2013

La catechesi non ha un’unica dimensione, ma è una realtà viva che si declina all’interno del gioco reciproco tra i segni o mediazioni della Parola di Dio: tradizione, Scrittura, liturgia, cultura/vita. Inoltre ha diversi attori, che interagiscono tra loro. Potremmo dire, usando un’immagine del catecheta Cesare Bissoli, che è una costellazione. La circolazione tra i diversi punti di questa costellazione è il modo in cui la Parola, che viene da più lontano, risuona in essi e si fa perciò “catechistica”.

Così le diverse figure che entrano in gioco (la comunità, catechisti, sacerdoti, educatori, famiglie, ragazzi, testimoni…) sono in relazione tra loro a partire dalla centralità della Parola di Dio, che tutti illumina, guida, orienta. Dentro questo campo, la catechesi si caratterizza come un processo, che a volte sembra indefinito; eppure nella sua fluidità ha il suo pregio. Occorre riconoscere tale processo proprio secondo una nuova visione di essa, che non la relega al solo compito cognitivo, veritativo dell’annuncio e della comunicazione della fede.

La comprensione della catechesi non deriva, perciò, a cascata da un insieme di definizioni sostantive. Essendo una pratica, essa anzitutto si svolge, viene vissuta. Più che di una definizione univoca, essa dispone di uno spazio di regolazione, costituito proprio dal gioco plurale di autorità costituito dalla costellazione dei segni, o momenti espressivi della Parola di Dio.

Ogni segno della Parola regola gli altri, e tutti regolano la catechesi che vive e respira attraversandoli. La catechesi non ha un canovaccio unico, perché non si ricalca su un singolo segno della Parola di Dio. Essa infatti è l’istanza che li mette in collegamento. È una sorta di crocevia, dove la Parola di Dio si interseca con il vissuto di ogni persona, della cultura vissuta, del contesto vitale nella quale annunciata, diventa Parola celebrata nella liturgia, e fonte di vita nuova.

Comprendiamo allora la complessità della catechesi, che non si lascia facilmente definire; quando questo è avvenuto nella storia essa si è impoverita. Nella tradizione del catechismo antico spesso la Parola di Dio era citata come “supporto”, quasi controprova di quanto affermato come istanza veritativa della teologia applicata nel catechismo medesimo.

Dopo il Concilio Vaticano II una corrente prevalente delle elaborazioni catechistiche aveva posto come criteri determinanti delle pedagogie sganciate dall’esegesi e dalla teologia. Non basta neanche porre in modo giustapposto le diverse istante della catechesi senza dare forma a una reale costellazione, a un insieme che mostri in modo ordinato e coerente una sua coesione interna, una sua linearità e una sua organicità. La catechesi funziona nel tessuto dell’azione evangelizzatrice della comunità cristiana come un medium. Così come i media assicurano i raccordi comunicativi e generano/mediano cultura, la catechesi punta a generare “cultura” di fede dentro la vita della Chiesa, cioè intreccio tra fede e vita.

Come noi ormai da tempo non “usiamo” i media, ma piuttosto “abitiamo i media”, cioè siamo immersi in un contesto vitale di relazioni non solo personali ma molteplici e a volte inestricabili, come un’aria che respiriamo, come un linguaggio che da forma alle nostre parole, ai nostri pensieri, e determina le nostre azioni, così dovremmo riconoscere alla catechesi lo straordinario compito di «medium» che genera cultura di fede, da respiro evangelico al vissuto quotidiano.

Nella catechesi si tratta di avvicinare due mondi: quello del Vangelo e quello della  vita delle persone. Sulla falsariga dei media, la catechesi è chiamata a fare una proposta che metta in campo due aspetti strettamente irrelati tra loro: la continuità – far “inspirare” qualcosa che si conosce già – e lo straniamento, che consiste nel mettere di fronte a qualcosa che sorprende e spiazza un po’, che dà un respiro «ossigenato» e più ampio. La continuità da sola finisce per annoiare, e lo straniamento da solo affatica e crea sconcerto. L’interesse viene generato dal modo di combinare queste due dinamiche.