Il bisogno di spiritualità, proprio di ogni persona, nella famiglia trova un luogo dove esprimersi ed avere risposte in maniera peculiare ed originale. Per molto tempo la vita spirituale è stata considerata – certo, più nei “luoghi comuni” che nell’esistenza concreta dei santi – qualcosa di riservato alla categoria dei consacrati. Ma negli ultimi decenni la spiritualità familiare viene vista sempre più come un modo normale di santificazione nel matrimonio, il quale non è la “serie B” della vita cristiana.
Sono questi – seppur in sintesi – i binari lungo i quali si sono sviluppate le riflessioni della tavola rotonda tenutasi presso la basilica di San Simpliciano, dal titolo “La famiglia e il bisogno di spiritualità: figure ed esperienze”.
Nella antichissima chiesa romanica – risalente ai tempi di Ambrogio, – il vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla (già ausiliare di Milano), ha accolto gli oltre duecento convegnisti, interessati alle esperienze previste, introdotte da Francesca Dossi e Alfonso Colzani, i coniugi responsabili della Pastorale familiare ambrosiana.
La prima testimonianza è stata quella di monsignor Carlo Rocchetta, responsabile del “Centro familiare Casa della Tenerezza”, con sede a Perugia-Città della Pieve. «Nella nostra comunità – ha spiegato – le coppie (9 con 29figli), le consacrate ed il sacerdote emettono il particolare “voto di tenerezza”».
È seguito l’intervento dei coniugi di origine ungherese Orsi Szabó e Ferenc Hardi, che da tredici anni vivono – con le loro tre figlie – presso la comunità monastica di Taizé. Ricordano quello che scrisse frère Roger: «Il sì del matrimonio, come quello del celibato per il vangelo, vi mette su uno spartiacque».
Infine i coniugi Maria Grazia ed Umberto Bovani hanno parlato della loro attività presso il Santuario di Sant’Antonio a Boves (Cuneo). «Il mondo degli affetti è la base del nostro accostarci all’esperienza umana – hanno detto fra l’altro -. Siamo convinti che la famiglia ha bisogno anzitutto della libertà di poter contare su sé stessa».