«In Madre Teresa c’è la cultura, il senso pieno integrale e specificatamente cristiano, di una concezione della vita all’opera da cui purtroppo i nostri dualismi spesso ci tengono lontani: la spiritualità da una parte e la vita dall’altra, come se queste cose non diventassero mai la forma dell’azione e il criterio con cui si agisce». Lo ha detto il cardinale Angelo Scola all’inaugurazione della mostra “Beata Teresa di Calcutta – Vita, Spiritualità e Messaggio”, esposta presso l’Università Cattolica di Milano, nel primo chiostro di largo Gemelli, in collaborazione con l’Associazione Centro Studi “Tutti Più Educati”.
Beatificata da Giovanni Paolo II nel 2003, Madre Teresa è ancor oggi sinonimo perfino nel linguaggio comune di dedizione totale ai poveri e all’Amore. La mostra – una sessantina di pannelli in italiano e inglese di 11 sezioni con foto, documenti, gigantografie e filmati forniti da TV 2000, realizzata dalle Suore Missionarie della Carità per la prima volta in occasione della beatificazione, traendone testi e immagini dal loro archivio – è aperta fino al 21 settembre, da lunedì a venerdì (ore 9-19) sotto il portico accanto al Rettorato. Il percorso è completato da una sezione sulla prima laurea honoris causa in Medicina e Chirurgia all’Università Cattolica, conferita nel 1981 dal rettore Giuseppe Lazzati alla Beata, «sublime esempio di cristiana dedizione all’uomo, tradotto in una creativa intraprendenza per l’attuazione di grandiosi piani rivolti al servizio dei più sofferenti e abbandonati».
Per l’inaugurazione, un incontro in Aula Magna ha illustrato aspetti e significati della mostra. Dopo il saluto del prorettore vicario dell’Università Franco Anelli (che ha ricordato i tre incontri con Madre Teresa nel 1981 e a Roma nel 1985 e 1996), è stata Laura Caradonna, presidente dell’Associazione Centro Studi “Tutti più Educati”, a moderare l’incontro, ricordando che l’esempio della Beata mostra come una società migliore è possibile, con una ricetta non complicata: basta credere anche quando si fa buio e amare il prossimo fino all’ultimo respiro. Serena Massa, docente di laboratorio di Archeologia in Cattolica, ha poi aggiunto i ricordi personali del «sentimento di gioia potente che nasceva dal cuore e non dall’intelletto», suscitato dalla presenza di Madre Teresa. È stata quindi suor Cyrene, superiora provinciale delle Missionarie della Carità, a richiamare il confronto continuo con Mt 25, per cui la mostra è il percorso di una vita che risveglia in ciascuno la voglia di riscoprire il senso della propria esistenza, l’Amore super partes.
Poi padre Sebastian Vazhakala, superiore generale dei Missionari della Carità – Contemplativi, ha parlato appassionatamente di come i simboli di miseria – grazie all’operato degli Ordini costituiti da Madre Teresa – siano divenuti simboli di misericordia, rinnovando la speranza che la nostra vita non è inutile e ricordando (in curiosa coincidenza con l’11 settembre) come la violenza non si vince con le armi, ma con l’amore. Adriano Pessina, direttore del Centro di Ateneo di Bioetica della Cattolica, ha ragionato sull’universalità del messaggio della Beata, rivolto a credenti e non credenti, notando come ormai la morte sembra fare meno paura della vita (è più difficile prendersi cura dell’altro che curarlo…), e Pietro Petraroia, docente di Legislazione dei Beni Culturali in Cattolica, ha apprezzato la mostra come mass media non invasivo, ma che interpella lo spettatore, accennando a un parallelo tra Madre Teresa e San Francesco.
Prima del saluto dell’Arcivescovo, il direttore d’orchestra e musicologo Adriano Bassi ha eseguito al pianoforte il brano inedito In virtù del cielo, appositamente composto per Madre Teresa. Poi Scola ha dato la sua testimonianza sulla Beata, di cui ha ricordato come fondante la celebre frase rivolta a una giornalista che le chiedeva da dove traessero l’energia le sue consorelle: «Esse amano Gesù e trasformano in azione vivente questo loro amore». Quindi l’inaugurazione, davanti a un centinaio di presenti.
Infine, alle 18.30, nella basilica di Sant’Ambrogio, si è tenuta una celebrazione eucaristica presieduta da monsignor Erminio De Scalzi, vicario episcopale per gli Eventi e gli Incarichi speciali e abate di Sant’Ambrogio, concelebrata insieme a monsignor Sergio Lanza, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, e padre Vazhakala. Un ricordo che continua, e che si fa presenza in mezzo a noi come «un indice puntato verso Cristo» (definizione che il cardinale Martini diede della Chiesa nel 1992).