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Intervista

«A Firenze per “abitare”
la società in modo più umano»

Valentina Soncini, tra i delegati ambrosiani al Convegno ecclesiale nazionale, lavorerà nell’ambito specifico di una delle cinque “vie”: «Sottolineeremo l’attenzione alle relazioni e a una quotidianità più ospitale e solidale»

di Marta VALAGUSSA

8 Novembre 2015

La delegazione ambrosiana che parteciperà al Convegno ecclesiale di Firenze (9-13 novembre) è stata formata nella primavera di quest’anno dal cardinale Angelo Scola. Dei cinquantuno componenti, trenta sono laici. I delegati sono stati scelti secondo i criteri indicati dalla Cei: non gli “specialisti” dei convegno, ma persone particolarmente addentro al tema trattato, a partire dalle dimensioni di cultura, carità ed evangelizzazione; e poi migranti, cioè persone che raccontano l’Italia e la Chiesa in cambiamento.

La delegazione si è riunita a fine aprile e a fine settembre, in questa seconda occasione alla presenza dell’Arcivescovo, che nel suo intervento ha sottolineato l’importanza di contribuire al Convegno giocandosi in prima persona e portando racconti vivi di un nuovo umanesimo. Il Vicario episcopale monsignor Luca Bressan ha invitato a sentirsi espressione della Chiesa ambrosiana e ha invitato i delegati a confrontarsi ulteriormente tra loro. Sulla base di questo invito i delegati si sono divisi in cinque gruppi articolati secondo le cinque “vie” proposte dal Convegno: Uscire, Annunciare, Abitare, Educare, Trasfigurare. Valentina Soncini, già presidente dell’Azione Cattolica ambrosiana e delegata al Convegno, fa parte del gruppo (una decina di persone) che affronta il tema dell’abitare: «Il 27 ottobre ci siamo ritrovati per analizzare insieme la questione dell’abitare nella nostra grande area metropolitana. Sono emersi molti spunti, come l’elevato costo delle case, la presenza di grandi patrimoni immobiliari, la difficoltà di gestione del problema della casa, soprattutto nella città di Milano».

Insomma, molte questioni di grande importanza…
Decisamente. Il tema dell’abitare apre anche a molte altre tematiche più sociali: i profughi, i migranti, i senzatetto… La necessità di ospitare ormai si è fatta urgentissima.

Il tema dell’abitare, però, è anche inscindibilmente legato a un vissuto quotidiano molto laicale…
L’attenzione alle relazioni e alla quotidianità è certamente di grande importanza. Ci siamo detti che è molto importante far emergere un lavoro di rete, per un abitare solidale, ospitale, che renda vivibile ogni luogo della nostra quotidianità. Infatti l’abitare è uno sfondo che accomuna tutti, a differenza per esempio del tema dell’educazione, che coinvolge genitori, insegnanti, educatori, ma non necessariamente tutti.

Quale sarà l’impegno dei delegati al Convegno?
I tempi del nostro lavoro saranno il mercoledì pomeriggio e il giovedì mattina. Saremo raccolti in gruppi di dieci, accompagnati da un “facilitatore” per compiere un coinvolgente percorso di confronto e discernimento, i cui risultati saranno raccolti nelle sintesi finali.

E qual è il contributo specifico che intendete portare voi?
Quando lavoreremo con tutti gli altri delegati porteremo sicuramente le caratteristiche del nostro abitare a Milano, in una società in accelerazione continua. Il grande rischio che viviamo è quello di non avere tempi e luoghi comuni. La nostra condizione abitativa è così variabile che viviamo la contraddizione all’interno delle nostre stesse case. I lavoratori escono al mattino e tornano la sera tardi, mentre anziani e bambini hanno bisogno di case abitate. Sarebbe interessante avviare un ambito di ricerca, in una logica di rete, per trovare una giusta composizione e un sano equilibrio tra questo andare e rimanere che possa rilanciare a livello civile ed ecclesiale un nuovo modo di abitare, ospitale e solidale, cioè più umano.