Tra sabato 9 e domenica 10 maggio, i nostri adolescenti sono stati i protagonisti della Notte bianca della fede, dal titolo "Ora corri e vivi". Centinaia i ragazzi collegati, in una serata che ha visto prima l'ascolto delle testimonianze, poi il lavoro in gruppo, fino al momento centrare dell'ascolto dell'Arcivescovo che ha avviato la staffetta di preghiera che si è svolta secondo la disponibilità degli adolescenti a lasciarsi trovare dal Signore Gesù. Al mattino la conclusione con la S. Messa in diretta streaming da Seveso con don Stefano Guidi che ha celebrato per tutti gli adolescenti della Diocesi.


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Una Notte luminosa, anzi… lucente!
Il video della serata vissuta su Zoom è disponibile cliccando qui.

«Sono contento perché siamo collegati in tanti a vivere questa Notte bianca della fede, segno che non ci fermiamo – sottolinea don Stefano Guidi – ascolteremo parole grandi che ci aiuteranno a capire un po’ di più cos’è la libertà, e il nostro desiderio di libertà, anche in questo tempo in cui di tante libertà dobbiamo un po’ privarci, ma vedo che c’è gioia, entusiasmo… Qualcosa ci unisce».

Sono accolti con l’animazione e un divertente gioco a quiz con Kahoot, che intervalla i momenti più profondi, i tantissimi – centinaia – di adolescenti che con i loro educatori, partecipano alla Notte bianca della fede virtuale. Purtroppo, siamo stati costretti ad annullare anche l’esperienza della Notte bianca della fede adolescenti, in programma per quest’anno a Genova. Ma, come per le altre iniziative, abbiamo raccolto il senso più profondo di ogni proposta, coinvolgendo i ragazzi nella modalità più opportuna. Non abbiamo voluto lasciare, e i nostri oratori lo stanno dimostrando in tanti modi, sul “divano” i nostri ragazzi, ma aiutarli a reagire, accompagnarli. “Libertà è prendere l’iniziativa”: così, tra sabato e domenica 9 e 10 maggio abbiamo voluto vivere con gli adolescenti, in maniera interattiva, qualcosa che potesse lasciare loro un segno: la Notte bianca della fede «Ora corri e vivi» porta così a compimento l’esperienza degli AdoLucenti (sfide settimanali dedicate agli ado sul tema della libertà).

Qual è lo stile giusto per essere liberi?

Tre testimonianze, nella prima parte della serata di sabato 9 maggio, ci parlano, attraverso le loro storie di libertà conquistata, di percorsi di liberazione possibili, per ciascuno di noi. A volte, infatti, può capitare di sentirsi come “in prigione” o schiavi di qualcosa che ci opprime…

 

Liberi di essere controcorrente

Maria Alessandra, 26 anni, modellista, educatrice in oratorio ad Azzate e collaboratrice della FOM, racconta con emozione, proprio nei giorni della notizia della liberazione della volontaria Silvia Romano: «La scorsa estate, grazie a un cammino intrapreso con il PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere), sono stata destinata a un’esperienza di missione a Mumbai, una delle più grandi città dell’India, in un centro dove vengono ospitate donne lebbrose in fase di guarigione e un gran numero di bambine orfane o per cui le famiglie non riescono ad occuparsi della loro istruzione». Un ragazzo o una ragazza si potrebbe domandare: cosa c’entra questa scelta, molto particolare e coraggiosa, di andare in missione, con la libertà? «Mi son sentita chiamata a scoprire un mondo che non conosciamo, a incontrare la bellezza dell’altro. Desidero condividere con voi tre parole. Incontro: la missione per me è stata un continuo mettersi in gioco, con le mie compagne di missione, nell’incontro di nuove realtà e di persone con storie completamente diverse dalla mia, ma non per questo meno importanti; comunità: ho sperimentato la comunità in un modo molto forte, come una famiglia dove ognuno poteva dare il proprio contributo, così com’era… nonostante la difficoltà di capirsi per la lingua diversa, eravamo sempre legati da uno sguardo, un sorriso, una parola; amore incondizionato: nella “Casa della carità” due suore vivono in comunità con dei ragazzi disabili, l’amore incondizionato era nei gesti più quotidiani, che “non sono niente, ma sono tutto”. Non c’è bisogno di fare grandi cose per poter amare, ma accogliere e amare per quello che uno è».

Un mese via, ma senza sentirsi mai sola, nonostante le fatiche e la lontananza: «mi sono sentita accompagnata da chi mi voleva bene», una vicinanza “del cuore” che abbiamo sperimentato un po’ tutti in questa quarantena.

«Vi lancio, ado, il titolo di un libro, “Non stancarti di andare”: ricordatevi che siamo sempre in cammino e gli altri lo sono con noi e anche quando è faticoso, come in questo periodo di limitazioni. “Vivi il momento presente colmandolo di amore”».

 

Liberi di diventare se stessi

Con un video Adil racconta la sua storia, quella di un giovane che ha lasciato la sua terra perché viveva in difficoltà, estrema povertà e sfruttamento. All’età di 13 anni ha deciso di partire e mettersi in viaggio per una nuova vita, diventando poi educatore per aiutare i ragazzi stranieri minorenni che raggiungono l’Italia, senza essere accompagnati dai loro genitori.

«Ho 31 anni e vivo in Italia da quasi 20 anni: sono nato e cresciuto in un paesino di campagna in Marocco dove l’unica possibilità era fare il pastore a vita, la scuola un lusso per pochi, la disperazione tanta. Guardavo i ragazzini che giocavano a pallone, mentre io dovevo badare al gregge. All’età di 13 anni mi trovo ad affrontare un viaggio complesso, con il sogno di arrivare in Italia – non poter andare, viaggiare in altri Paesi perché hai un passaporto meno “forte” rispetto ad altri, è un altro limite di libertà che ho dovuto affrontare. Giunto in Italia, ebbi paura di tutto, iniziava a mancarmi la mamma e i miei fratelli… furono anni difficili: un posto nuovo da riconoscere “casa” e una nuova lingua da imparare. Lo studio – una scuola superiore professionale, serale, che mi ha poi permesso di iscrivermi all’Università – fu fondamentale, e mi ha salvato da un terribile destino. Oggi, da educatore, vi trasmetto il messaggio della responsabilità come libertà. Mi viene in mente quello che diceva mio nonno, con la sua saggezza, dicendo di “stare attento al vento nelle orecchie” perché gli agnellini che correvano verso il tramonto, sentendo il vento piacevole nelle orecchie, correvano finché non gli si fermava il cuore. Quindi, “attento al vento nelle orecchie”. È bello assaporare, ripensando a tutti i limiti di libertà, la libertà in cui vivo oggi».
La faticosa ricerca di libertà di Adil ci insegna a calibrare la nostra corsa: la libertà è associata alla parola responsabilità, ancora di più nel periodo che stiamo vivendo.

 

Libertà nelle restrizioni

Due mesi in casa, la nostra stanzetta diventata un po’ “stretta”, vivendo a contatto, tutti i giorni, sempre con la propria famiglia.
Ci son persone che, per altri motivi, sono costretti, a volte per lunghi periodi, in spazi davvero ridotti, nella cella di un carcere.

Don David Maria Riboldi, cappellano al carcere di Busto Arsizio – «un carcere solo maschile, con detenuti anche giovani» -, conosce molto bene questa situazione e può dare voce a chi non ce l’ha, portando la sua testimonianza.
«Vivere la libertà in carcere è una grande sfida e, oltre alle tante possibilità di cui si è privati, si è provati molto dall’essere isolati dalle proprie famiglie, dal poterle sentire poco – come il “cuore a metà” che si incastra nella croce dei crocifissi in legno chiaro che i carcerati realizzano, nel laboratorio di falegnameria: un cuore a metà, perché l’altra metà è con le loro famiglie, con chi hanno ferito arrivando qui, e a cui fanno mancare la loro presenza e il loro amore».
Proprio perché conoscono bene il dolore della lontananza dai propri cari, i detenuti hanno donato 2177 euro, dai loro fondi personali, per finanziare l’acquisto di 56 tablet, con cover antisettiche, per regalare un contatto con le proprie famiglie ai “reclusi da Covid”, come li hanno chiamati loro, ricoverati nei reparti dell’Ospedale di Varese.
«Sapendo bene cosa significa essere isolati e non poter sentire la propria famiglia, hanno dimostrato di essere liberi di donare e rendersi anche loro partecipi della grande sofferenza della piaga del Coronavirus. Vi voglio raccontare un episodio – racconta ancora don David – che dice molto della sofferenza di un papà in carcere. Sabato scorso un detenuto mi ha confessato: “La mia piccola compie 4 anni, non la vedo da tre mesi…” (la madre si trova in un altro carcere, e i bambini in una comunità per minori). “Tieni un foglio di carta e una matita: disegna qualcosa per la tua bambina”. “Don, alla mia bambina piacciono le farfalle, le disegnerò una farfalla”. Non ho potuto che osservare, in silenzio, con quanta attenzione e dovizia, con la matita e poi il pastello rosso per le ali e un cuore, disegnava una farfalla per la sua bambina: uno spettacolo di amore… libero, in una qualche misura, di amare la sua bambina, anche se con tante costrizioni.
Noi siamo sempre bravi a vedere la pagliuzza negli occhi degli altri, a vedere la zizzania da estirpare. Invito, questa sera, a vivere, ognuno, con una maggiore libertà: anche nel giudizio. Siate liberi anche nel giudicare gli altri. Impariamo ad essere un pochino un passo “indietro”».

 

Si sale ancora di livello, in questa Notte bianca della fede: con i lavori di gruppo, per cui, ogni oratorio, con i propri educatori, per 40 minuti, è invitato a continuare la riflessione con i propri adolescenti e a condividere le risonanze di quanto ascoltato finora, definendo insieme cos’è la libertà e quale libertà, da scoprire dentro di noi, vogliamo portare fuori.

Simone, educatore all’oratorio di Schianno, e Annarosa Galimberti, ausiliaria diocesana a Seregno, tra gli altri, hanno chiesto ai loro ragazzi, quale testimonianza li ha colpiti di più: ciascun adolescente ha dato sottolineature differenti, richiamando altre testimonianze o esperienze – occasione per condividere e approfondire la tematica.

Alle 23.00 siamo di nuovo insieme per accogliere l’Arcivescovo Mario Delpini (salutato in chat dagli ado con “Kaire, kaire, kaire” come lui stesso aveva chiesto) che darà mandato agli adolescenti e ci donerà un suo messaggio. «Con un pizzico di nostalgia – commenta don Stefano Guidi – quest’anno non lo potremo salutare, come prima nell‘Incontro animatori in Piazza Duomo, quando, nel momento che lo precede, è solito arrivare tra i gruppi in piazza, fermarsi per delle foto, ascoltare… ma lo sentiamo vicino nel nostro cammino».
Leggi qui il suo intervento così come ce lo ha consegnato.

Con la sua “preghiera della buonanotte” non si conclude la Notte bianca della fede: sarà anzi il momento culminante, per dare avvio ad una Notte straordinaria, una Staffetta di preghiera che chiede l’impegno e la scelta personale di ogni ragazzo e ragazza. Sul padlet indicato, gli adolescenti sono invitati a segnare il proprio nome, nell’orario scelto: si tratta di prendere un impegno, davanti a tutti e, guidati dallo schema di preghiera a disposizione, dedicare del tempo per rimanere da soli, con il Signore, nel cuore della notte, per illuminarla con la preghiera.
Ecco i veri AdoLucenti! La libertà, come «risposta alla luce».

«La preghiera di questa notte e ogni preghiera – dice l’Arcivescovo Mario Delpini (l’intervento integrale è disponibile in allegato), durante il collegamento via Zoom – non è altro che questo esercizio della libertà: ascoltare la voce di Dio, Gesù che chiama e decidere. Il nome cristiano di libertà è vocazione.
Ringrazio gli educatori, i catechisti e gli adolescenti. La benedizione del Signore sia conforto e incoraggiamento, per ascoltare la voce che ci libera e accogliere l’invito di Gesù che chiede di dare alla nostra libertà il volto di un dono. Sia decisivo per noi avere la certezza che Gesù è vivo e presente, gli posso parlare, lo posso ascoltare, posso seguirlo, posso trovare in lui la salvezza».

 

Dopo la speciale Staffetta di preghiera, protrattasi fino al mattino, alle 10.30 di domenica 10 maggio, siamo tutti collegati in streaming, gli adolescenti con le loro famiglie, con la Messa per gli adolescenti, trasmessa dal Centro pastorale ambrosiano di Seveso, che «vuole raccogliere l’esperienza vissuta insieme, ma da tanti posti diversi, della Notte bianca della fede – introduce don Stefano Guidi – Una domenica particolare poiché sappiamo che tra pochi giorni potremo tornare a celebrare con il popolo, nelle nostre chiese: vogliamo dedicare una preghiera speciale alle nostre mamme, nel giorno della loro festa».

 

«In questa pagina particolarmente ricca del Vangelo di Giovanni, la parola che torna più volte è “amore”: la parola “amore” racchiude il senso di tutta la vita di Gesù e può essere la parola che dice il mistero della nostra vita. Siamo amati da Dio, custoditi da lui, perdonati dal Padre. É una parola che può essere anche fraintesa, ricondotta, in un certo senso, a mille significati diversi… Come si fa a capire qual è l’amore vero, cos’è l’amore di cui parla il Vangelo?
La forma più vera e grande di amore è quella di chi dona se stesso per amore degli altri
– commenta don Stefano Guidi nell’omelia – Guardiamo a Gesù sulla croce, per provare a capire e a vivere nella nostra vita questo amore che supera la morte e può aiutare anche noi a superare le nostre difficoltà e i nostri limiti. Anche noi così diventiamo capaci di amare: Gesù e il Padre vengono ad abitare in noi e diventiamo “la casa di Dio”.
Recupero la bella riflessione dell’Arcivescovo Mario, precedente l’inizio della Staffetta di preghiera, quando ci ha detto che preferisce parlare della libertà come sostantivo, non come aggettivo e parola astratta. Come si fa a diventare persone libere? Seguendo l’esempio di Gesù noi possiamo diventare capaci di amare e amando così diventare persone libere, persone che vivono la libertà nella loro vita perché sono capaci di amare».

La via è tracciata… Ora corri e vivi!

Libertà, un desiderio che si fa dono per gli altri, imparando a mettere al servizio la loro capacità di amare: non c’è esperienza più intensa, per gli adolescenti, dell’Oratorio estivo.

Quest’anno, ancora di più, sarà loro chiesto di essere vicino ai ragazzi, al meglio che possono, come animatori per l’esperienza della prossima estate.
Da lunedì 11 maggio sono iniziati gli incontri Stai in Zona (via Zoom) per gli animatori: webinar suddivisi per fasce d’età, fino al 18 maggio, con lo stile proprio dell’oratorio, l’animazione.

Iscrizioni ancora aperte, per le diverse Zone pastorali.

 

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