Lungo il cammino verso la Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona proponiamo ai gruppi giovanili diocesani alcuni spunti per una Lectio divina sul capitolo 9 della Prima lettera ai Corinzi: la corsa di Paolo.


Giovane in cammino con zaino

STATIO (mi fermo e mi preparo ad ascoltare il Signore, nel silenzio e nella Sua Parola)
Mi fermo un momento. Provo a stare in silenzio, provo a stare con me stesso, ad aprirmi alla contemplazione, a mettere tutto me stesso davanti al Signore.
Sto cercando di entrare in un dialogo, e non solo di “fare” una meditazione…
Un profondo respiro, un luogo adatto, un tempo scelto e custodito mi aiutano a leggere questa pagina, a sentire il desiderio di Gesù di essere nella mia vita e farsi conoscere da me.

Un pensiero motivazionale di un atleta mi aiuta ad iniziare la lectio:
“Uomo in un istante fatale ti puoi rendere conto di quanto è perfetta la vita; la vita è piena di energia e di bellezza, la vita è il meglio. Quando il nemico si fa invisibile, tu diventi vulnerabile, ma se conosci te stesso e il nemico, non temerai cento battaglie; se conosci te stesso e non il tuo nemico per ogni vittoria subirai una sconfitta; se non conosci né te stesso né il tuo nemico, soccomberai ad ogni battaglia.
Uomo, cerca di vivere bene e pensa che ogni giorno vale una vita. Vivi intensamente ogni attimo della tua esistenza: la vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a danzare nella pioggia”. (Aldo Rock)

Prima di leggere, invochiamo lo Spirito Santo, che ha ispirato Paolo a scrivere questa pagina, e che ispira noi a comprendere la Parola di Dio.

Invocazione allo Spirito Santo
Potenza di Gesù Risorto,
respiro del Figlio Unigenito
che ci rende tutti figli
dell’unico Padre,
vieni, Spirito Santo!
Aiutaci ad ascoltare come Paolo
la Parola di Cristo,
aiutaci a leggere la nostra vita
alla tua luce: vieni, Spirito Santo!
Fa’ che possiamo guardare
la nostra vita come la vede il Padre
e possiamo sentire i sentimenti
di amore e di misericordia:
vieni Spirito Santo!

LECTIO (cosa dice il testo?)
1 Cor 9,24-27
24Non sapete che, nelle corse allo stadio, tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! 25Però ogni atleta è disciplinato in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce, noi invece una che dura per sempre. 26Io dunque corro, ma non come chi è senza mèta; faccio pugilato, ma non come chi batte l’aria; 27anzi tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non succeda che, dopo avere predicato agli altri, io stesso venga squalificato.

Paolo nel capitolo 9 sta parlando della libertà, e di come lui si è messo in gioco con tutta la sua libertà pur di annunciare il Vangelo. Ha fatto rinunce, sacrifici, ha dovuto anche litigare con chi non era della sua stessa linea, ma ha accettato tutto, difficoltà e incomprensioni, per poter annunciare il Vangelo. Ha accettato liberamente dei condizionamenti (pericoli, incomprensioni, difficoltà), pur di essere veramente libero nell’essere servo di tutti in Gesù.

In questo brano che conclude il capitolo 9, Paolo paragona la vita cristiana a una corsa, e il cristiano a un atleta.
Sono due i punti fondamentali che sono richiamati: anzitutto, che chi corre lo fa per vincere il premio; e in secondo luogo che chi vuole vincere si allena, fa sacrifici, tratta duramente il suo corpo. L’atleta veramente libero è quello che si rende sottomesso al suo grande obiettivo sportivo.
Dal verbo greco agonizomai in italiano abbiamo due parole. La prima è “agonistica”, per riferirsi a tutto quello che ha a che fare con lo sport professionale, fatto così seriamente che diventa una professione. L’altra parola è “agonia”, parola che indica la lotta per eccellenza di tutta l’esistenza umana: la lotta tra la vita e la morte.

Paolo non fa un bel discorso edificante, ma racconta quello che sta vivendo. Ci confida la sua fatica e anche quello che gli dà coraggio per andare avanti: è il desiderio di raggiungere la meta, è la possibilità di fare il bene, di far conoscere Gesù, di assomigliare sempre di più a Lui. In tutte le sue fatiche si sente confortato da questa meta da raggiungere.

Paolo dice anche un’altra cosa: spesso noi facciamo fatica senza dare alcun senso al nostro tempo e al nostro impegno. Sono i momenti in cui ci trasciniamo pigramente, i momenti in cui ci viene da domandarci “ma chi me lo fa fare”.
Davvero, domandiamoci CHI ce lo fa fare, o meglio… sentiamo che c’è un perché (anzi un per CHI) alle nostre fatiche, alla fedeltà ai nostri impegni, alle rinunce che accompagnano le nostre scelte.

Queste poche righe di san Paolo ci hanno mostrato come ha vissuto lui: ha fatto ogni fatica perché amava Gesù. Non ha mai detto “devo portare a termine l’annuncio del Vangelo perché… ormai ho cominciato …ormai tutti se lo aspettano …ormai cosa diranno gli altri…”.
Ma ha portato a termine la sua corsa perché aveva una Persona da amare, e, amando Gesù, è stato capace di amare gli altri, di mettersi al loro servizio con fatica e lotta interiore.
Quando facciamo qualcosa per i più piccoli, sperimentiamo tutto la fatica, ma anche la soddisfazione di aver fatto il bene: quando facciamo il bene (= facciamo le opere di misericordia), sentiamo che l’opera della misericordia non ci stanca ma ci riposa!
Magari saremo stanchi fisicamente, ma siamo riposati interiormente.

MEDITATIO (cosa mi dice il testo?)
Nella lectio abbiamo visto il significato di questa pagina del Nuovo Testamento, ma ora devo chiedermi: cosa sta dicendo a me?
Provo a guardarmi in questa pagina, come in uno specchio: qual è il primo elemento che emerge? Cosa sto vivendo anch’io di ciò che avviene ai personaggi?
Quale parola ho sentito rivolta proprio a me? Quale mi ha scavato nel cuore?
Posso provare anche a immedesimarmi con Paolo e la sua vita come una corsa: cosa ha pensato? Quali sensazioni ha provato? Come avrei reagito io? Quando mi è capitata la stessa cosa che è capitata a lui?

Nello specifico, per questo brano:
1) Quando ho sentito la fatica della vita come una corsa senza meta? Quando, invece, ho sopportato ogni fatica perché vedevo il senso dei miei sacrifici?

2) In che senso la mia vita da cristiano è una lotta, una “agonia”? Quali sono gli elementi difficili? Quali limiti sento di dover superare?

3) Paolo si è offerto come esempio… chi sono i miei esempi? E io, a chi mi offro come esempio, e in che cosa?

4) Qual è la mia meta? Quali sono i miei obiettivi?

5) Riesco a immaginare la mia vita come una lunga corsa verso l’incontro con Gesù? Sento che anche Lui mi viene incontro?

6) Quando, invece, sono stato pigro, non avevo motivazione per essere buono al 100%… questo come mi ha fatto sentire? Cosa mi è mancato?

ORATIO (cosa rispondo a chi mi ha parlato in questo testo?)
Pregare la Parola non significa fare un’analisi del testo, ma entrare in un rapporto con Dio nella preghiera: cosa rispondo a Colui che mi ha parlato nel Vangelo?
Dietro questa pagina c’è un volto, il volto di Dio che vuole parlare con me, vuole incontrarmi, vuole farsi conoscere. Già questa consapevolezza è un dono mozzafiato.
Mi fermo a pensare al desiderio di Dio di essere nella mia vita, di rivelarmi il suo progetto di Bene, di farmi entrare in amicizia con Lui.
Questo brano mi ha comunicato la sua Parola… Cosa gli rispondo? Quale messaggio sento che arriva al mio cuore? Come rispondo con la mia preghiera?

In questo testo sentiamo che siamo esortati a fare fatica. Non per il gusto masochista del sacrificio, ma perché vediamo già il traguardo, perché ci fidiamo della meta.
Un modo di descrivere la fede è questo: guarda un bruco e vedi una farfalla!
Un modo di vedere la fedeltà al mio impegno, è vedere già il frutto del mio impegno.
Un modo di vedere l’amore è accogliere il Bene che mi viene dal fare il Bene agli altri.

Questo brano di san Paolo ci invita a immaginare Gesù come il traguardo della mia corsa, quello che mi aspetta come premio di ogni fatica. I monaci chiamano Gesù con un titolo particolare: il Veniente, cioè quello che mi viene incontro. È un modo di venerare Gesù non solo come un personaggio del passato, ma come una persona che potrò incontrare faccia a faccia… Anzi, tutta la vita monastica è un’anticipazione dell’incontro definitivo con il Signore, una vita dove si rinuncia a molte cose per dare spazio – quasi con invadenza – alla presenza di Gesù.
Provo a rivolgere a Lui la mia preghiera immaginandolo così: uno che mi aspetta, uno che mi viene incontro, che mi vuole premiare per il mio impegno e la mia fatica.

ACTIO (come incide nella mia vita questo momento vissuto in ascolto e preghiera?)
Per pregare si deve curare l’ingresso in preghiera, ma anche l’uscita dalla preghiera.
Prima di concludere con il segno della Croce, faccio un gesto di venerazione (per es. un bacio al libro della Bibbia, come fa il celebrante dopo che ha letto il Vangelo nella Messa).
Un gesto per riconoscere la presenza del Signore nella mia vita.
Posso prendere una decisione concreta: quale gesto di bene nasce dalla pagina che ho ascoltato e dalla preghiera che ho espresso?

Quale incoraggiamento ho ricevuto? In che modo mi sento più forte nella mia fatica?
Come posso vivere il mio impegno, la mia giornata sentendo davvero che Gesù mi viene incontro?
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La preghiera della compieta si conclude con una invocazione: “dormiamo in pace, vigiliamo in Cristo!”
Vigilare vuol dire avere in mente la meta, aspettare qualcuno che mi viene incontro, dare senso al tempo che passa… non come una perdita di tempo, ma come un’attesa gioiosa.
Vigiliamo insieme pregando, in questo tempo di Avvento, la preghiera di compieta, la preghiera che conclude la giornata e apre il tempo del riposo e della notte, affidandoci a questo momento in cui ci riposiamo… ma anche perdiamo conoscenza. La notte è un momento di speranza e di attesa, di consegna fiduciosa nella nostra vita.

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