Il 2 dicembre 2025 si è svolto il secondo incontro degli esercizi spirituali di Avvento rivolti ai giovani della diocesi di Milano: ecco le riflessioni della meditazione tenuta da don Pierluigi Banna nella chiesa di San Giovanni Battista a Desio (Zona V)

Daniela Ceccon

EESS Avvento Desio - Sito - cut

Durante la prima serata di esercizi, don Pierluigi Banna, con l’accompagnamento di mons. Elli, aveva consegnato ai numerosi giovani riuniti nella Chiesa di San Giovanni Battista a Desio (Zona Pastorale V) la parola attesa, domandando che cosa si aspettassero da questi momenti di meditazione in preparazione del Natale. Aveva poi ricordato come tutta la vita si imperni sull’attesa, a cui il Signore risponde sempre in maniera positiva e creativa, quando rimane sincera e aperta e non si trasforma in pretesa.

La riflessione di ieri, di cui proponiamo alcuni passaggi, ha permesso di aggiungere un nuovo tassello alla meditazione precedente: quello sull’amicizia vera.

Dopo il canto di invocazione allo Spirito, i giovani sono entrati pienamente nel tema proposto per la serata recitando insieme il Salmo 133 (132), che celebra la gioia e la dolcezza di una vita condivisa con i fratelli, tanto da diventare oggetto di benedizione speciale da parte del Signore. È stata poi proposta la lettura degli Atti degli Apostoli (2,42-47) che racconta della vita delle prime comunità cristiane, la cui esperienza quotidiana era imperniata sullo spezzare del pane e sulla preghiera, secondo uno stile semplice ma perseverante.

La meditazione di don Banna si è sviluppata proprio a partire dalla riflessione sulla condivisione totale sussistente tra i primi credenti. Tale comunione sarebbe richiesta anche nelle nostre amicizie più vere, mentre spesso riusciamo a condividere con gli altri solo alcuni aspetti di noi. Ricordava don Banna: «Sappiamo quanto è doloroso quando incontriamo una persona a cui vogliamo bene che non riesce a mostrarci tutto di sé […]; non riusciamo a toccare il suo cuore, a farlo aprire. Tante volte tra di noi, amici storici, dello stesso gruppo, abbiamo condiviso tempo e cose, ma ancora non abbiamo condiviso la profondità di noi stessi». Questa difficoltà a «perforare la crosta di nascondimenti» deriva, in sostanza, dalla paura del giudizio altrui e dal timore di sentirsi nei gruppi «come delle ombre», soggetti invisibili e di nessun conto. A questa discriminazione ed esclusione, si oppone il comportamento dei discepoli di Gesù, che ogni giorno accoglievano nuove persone nella propria comunità, come riportato negli Atti.

Si domandava allora don Banna: «Che cosa può farci attendere un’amicizia vera tra noi, senza paura di essere rifiutati e allontanati da un gruppo e senza ripiegarsi al suo interno, di fatto nascondendoci?» Insomma, che cosa ci può portare a una relazione in cui vogliamo e possiamo mostrare tutto di noi, in base alla certezza che saremo accolti per quello che siamo, senza maschere o inganni? Riallacciandosi sempre al brano degli Atti, don Banna ha ricordato come sia un gesto a permettere alle prime comunità cristiane di vivere in questo modo, un’azione che unisce gli opposti, riesce ad abbattere le pareti che ci potrebbero dividere e inspiegabilmente rende tutti uniti: lo spezzare del pane. È dunque solo la presenza di Gesù a unire l’inconciliabile: così era accaduto anche in apertura del Vangelo di Luca, dove, in una stalla, era la sua presenza a raccogliere angeli e uomini, ad avvicinare «i ricchi magi ai miseri pastori e un vecchio uomo a una giovanissima donna, che stranamente era diventata madre».

Don Banna ha continuato così la sua meditazione: «E come è venuto a trovarci Gesù? Non come un giudice che ti dice: dove sei finito, perché non ti fai più vedere in chiesa? Dio non entra nella nostra vita schiacciandoci sotto il peso del giudizio, ma come uno che si lascia schiacciare da noi. Così abbiamo distrutto le Tavole della Legge, abbiamo ucciso i profeti da lui mandati, abbiamo infranto i comandamenti. Noi rompiamo sempre; e lui cosa fa? Viene e ricostruisce. Fino all’estremo: si lascia spezzare Lui stesso, come accade a quel pane che adoriamo.» Ha poi sottolineato come Gesù si lasci spezzare da noi per farsi mangiare ed entrare in tal modo nel nostro intimo, di cui ci vergogniamo e che non vorremmo mostrare a nessuno. Gesù entra in noi non per distruggere, ma per alimentare e far crescere; insomma, per amare. Appena uno intuisce questo, le barriere si abbattono e non desidera più dimostrare qualcosa agli altri. Innamorato di tale presenza, può far trapelare la propria miseria e non celarsi dietro a una maschera.

Don Banna ha concluso la riflessione evidenziando il segnale che ci indica se ci siamo messi veramente di fronte al Signore, trovando in Lui un amico vero, ovvero l’esperienza della letizia e della semplicità di cuore delle prime comunità cristiane, emblemi che accompagnano sempre la presenza di Gesù, e già ricordate anche alla sua nascita: «Pace in Terra agli uomini amati dal Signore».
«Se anche noi abbiamo trovato nel nostro cuore questa letizia, almeno per un istante, possiamo essere certi di essere entrati nella grande storia iniziata in una grotta con gli angeli e i pastori, continuata a Gerusalemme, e che ancora oggi accade tra noi, stasera. Siamo in pace perché siamo amati dal Signore».

Dopo il momento di Adorazione eucaristica e dopo la possibilità di accostarsi al sacramento della riconciliazione, don Banna ha proposto un piccolo gesto ai giovani: far memoria ed essere grati per quelle persone che sono state per loro testimoni del pane vivo che adoriamo, e che, come la stella cometa, si sono fatti testimoni di Gesù nella loro vita.

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