Condividiamo i passaggi più importanti della meditazione che don Gianluca Chemini, sacerdote diocesano presso il Pontificio Seminario Lombardo di Roma, ha tenuto ai giovani in occasione della prima serata (lunedì 1° dicembre 2025) degli Esercizi spirituali di Avvento svoltasi nel Santuario Madonna Addolorata di Rho (Zona IV), alla presenza del Vescovo ausiliare mons. Luca Raimondi
Letizia
Gualdoni
Servizio per i Giovani e l'Università
Non è affatto scontato vedere così tanti giovani riuniti, in una sera di dicembre, nelle sette Zone pastorali della nostra Diocesi. Ciascuno avrebbe potuto avere tantissimi motivi per non essere lì, ieri sera: anche solo stare a casa, un po’ al caldo, a guardarsi una serie, riposare un po’… e invece le nostre chiese si sono riempite di volti dai 18 anni in su, per vivere insieme gli Esercizi spirituali d’Avvento.
Quest’anno le tre serate sono legate dal filo rosso della Parola degli Atti degli Apostoli, un percorso che invita ad approfondire cosa significa essere Chiesa, sinodalità missionaria, e ad attraversare l’Avvento lasciandosi provocare dalla Scrittura, per prepararsi insieme al Natale: una sfida da cogliere partecipare a tutte e tre, invitando sempre più anche altri amici e coetanei.
A guidare la meditazione, al Santuario Madonna Addolorata di Rho e alla presenza di mons. Raimondi, è stato don Gianluca Chemini, sacerdote diocesano presso il Pontificio Seminario Lombardo di Roma. La sua riflessione, di cui condividiamo alcuni passaggi, è partita da una constatazione semplice e disarmante: «Hai scelto tu di essere qui questa sera, e avresti potuto non farlo. Perché lo hai fatto? Cosa cerchi? Se sei qui è perché qualcosa ti ha attirato…».
Un invito a vivere gli Esercizi con semplicità e leggerezza, quella leggerezza – ricordata citando Italo Calvino – che non è superficialità, ma “planare sulle cose dall’alto”, liberarsi dei macigni che spesso appesantiscono il cuore. E se è vero che gli Esercizi non risolvono magicamente di colpo i problemi, la vita non cambierà di colpo e non daranno risposta a tutte le domande, offrono lo spazio per prendere sul serio alcune domande che ci abitano da tempo, lasciando che la Parola entri in dialogo con la nostra vita.
Il brano ascoltato in questa prima serata è l’inizio degli Atti degli Apostoli, che riprende la scena con cui si chiude il Vangelo di Luca: l’Ascensione di Gesù. Un evento che è insieme fine e inizio, come accade spesso nelle nostre esistenze: pensiamo ai passaggi della nostra vita che abbiamo affrontato. «Anche quando tutto magari sembrava finito, qualche situazione, qualcosa che ci è successo, la vita sa sempre sorprenderti, con un inizio magari inaspettato, magari anche piccolo, umile, però un nuovo inizio è sempre possibile. E a volte è necessario una fine, chiudere con qualcosa, perché qualcosa di nuovo possa iniziare». E già qui potremmo soffermarci sulla prima provocazione. «Dopo l’Ascensione, Signore, Tu sei ancora più vicino, addirittura dentro di me, in ogni uomo, ogni donna che incontro». Don Gianluca ha proposto un’immagine suggestiva: «Dopo l’Ascensione un pezzo di cielo è rimasto impigliato sulla terra, ma anche un pezzo della nostra terra (un pezzo della nostra umanità, con tutti i suoi limiti, le sue fragilità) è rimasto in cielo, in Dio». Come se non ci fosse più un cielo senza un po’ di terra e una terra senza un po’ di cielo.
La distanza, dopo l’Ascensione, non è abbandono: la separazione lascia sempre una traccia, come cerca di spiegare anche la parola giapponese Omi-Ukuri, “accompagnare con lo sguardo”. Un’assenza che attraverso lo Spirito si fa presenza discreta ma reale.
L’Ascensione inaugura il tempo dell’attesa: «Questo Gesù verrà», dicono i due uomini nel brano che ha guidato la prima sera “Sarete battezzati in Spirito Santo… verrà allo stesso modo” (At 1,21-14). Ma in che senso attendiamo la sua venuta? E cosa vuol dire alla nostra vita di oggi?
La Scrittura offre tre grandi quadri, metafore, per comprenderla:
1. Sarà un evento di vita e risurrezione, di giudizio e di compimento, di pienezza. Un po’ come è stato per la sua prima venuta, come accadeva cioè a chi incontrava Gesù, perché l’incontro con Gesù porta sempre un di più di vita.
2. Sarà un evento di verità e giudizio, non moralistico, ma capace di far emergere la realtà profonda del cuore, come accadde a Zaccheo, che fece la verità di sé.
3. Sarà un evento di compimento, di pienezza, come per Simeone che – stringendo Gesù tra le braccia – trova il senso pieno della sua vita.
«Ecco perché ogni nostra speranza si fonda sulla venuta di Gesù. Perché la venuta di Cristo, la fine dei tempi, rappresenta in fondo un po’ tutte le nostre grandi speranze. La vittoria della vita sulla morte, del bene sul male, della giustizia sulle ingiustizie: sperare è credere che siamo anche noi destinati all’eternità e che in Cristo anche noi risorgeremo un giorno. E forse non ci pensiamo abbastanza, ma alla fine della vita non c’è il nulla, il non-senso, ma c’è Dio. E fa la differenza!, fa la differenza pensare che alla fine della vita non ci sarà nulla, la fine di ogni cosa, o pensare e credere che ci sarà la comunione con Dio e con tutte le persone anche che abbiamo amato in questa vita: nulla di ciò che è amore andrà perduto».
Questa prospettiva, ha osservato don Gianluca, non è una fuga dalla realtà. Anzi: permette di dare ai problemi e alle gioie del presente il loro giusto peso. Molte delle cose che oggi ci sembrano enormi sono, nella prospettiva dell’eternità, piccoli punti su una pagina bianca molto più ampia. E allora possiamo riconoscere che nella vita ci sono tante cose che non restano, che passano, altre invece che restano, e che saranno custodite per sempre.
L’amore – quello dato e quello ricevuto – è ciò che rimane. Lo ricordava anche la poesia “Last fragment” di Raymond Carver, scritta poco prima di morire. Alla domanda “Cosa hai desiderato alla fine dalla vita?”, lo scrittore risponde: “Potermi chiamare amato, sentirmi amato sulla terra”.
Ecco ciò che resta.
Nella serata anche tre spunti di riflessione per la preghiera personale:
1. C’è qualcosa nella vita che mi sta pesando, che mi sta facendo soffrire, ma che in realtà, così guardato dal punto di vista dell’eternità, lo posso riscoprire come leggero e come passeggero?
2. Sento di aver trovato la mia strada, la mia vocazione, cioè quella strada che nella vita mi permette di sentirmi amato e di amare il più possibile, oppure sono ancora in ricerca di questo?
3. C’è qualcosa nella vita che ho paura di chiudere, anche se sento che è la cosa giusta da fare, di quale fine ho bisogno perché qualcosa di nuovo possa iniziare?
Dopo la meditazione, il silenzio, l’Adorazione e la possibilità di accostarsi al sacramento della Riconciliazione hanno permesso ai giovani di custodire interiormente quanto ascoltato.
Come actio, uno spunto che possiamo vivere tutti, anche nei prossimi giorni e che don Gianluca ha chiamato così “l’esercizio dei 5 anni”: elencare su un foglio quelle cose che in questo momento ti pesano sul cuore, che sono fonte di un po’ di preoccupazione e ansia e passarle alla prova dei cinque anni, chiederti cioè, questa cosa qui tra 5 anni avrà ancora conseguenze sulla mia vita oppure probabilmente no e se tra 5 anni pensiamo non sarà più così cancellatela dal foglio e se almeno una cosa sarà cancellata può alleggerirci un pochino!
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ESERCIZI SPIRITUALI DI AVVENTO (I SERATA) – ARCIVESCOVO MARIO DELPINI
Riascolta qui la meditazione del nostro Arcivescovo Mario Delpini, dalla Basilica di S. Maria Assunta di Gallarate.




