Messico 1986. Stavolta nell’organizzazione il Messico rileva la Colombia. L’Italia non lascia alcuna impronta: Bearzot saluta la panchina azzurra senza acuti, rispedito a casa dalla Francia di Platini. Vince l’Argentina, letteralmente presa per mano da Maradona: Superdiego trascina una squadra modesta sul tetto del mondo, mostrando meraviglie (il secondo gol agli inglesi, dopo uno slalom cominciato a metà campo) e marachelle (il primo gol agli stessi albionici, segnato con la mano). La Germania elimina ancora la Francia campione d’Europa e in finale recupera due gol ai gauchos, ma viene crudelmente trafitta in contropiede a un passo dai supplementari. Il calcio migliore è della Danimarca, bella e sciagurata. In Scozia-Uruguay il sudamericano Batista viene espulso dopo appena 50 secondi di gioco. Il Marocco è la prima squadra africana a superare il turno iniziale.
Italia 1990. Grandi promesse accompagnano il Mondiale italiano: lo spettacolo, invece, è deludente. Dominano il difensivismo e gli errori arbitrali. Finalmente vince la Germania, appena unificata, che con l’aiuto del disastroso “fischietto” messicano Codesal batte su rigore l’Argentina nella soporifera rivincita dell’Azteca. L’Italia trova nel picciotto palermitano Schillaci un cecchino implacabile: in stato di grazia, il parvenu juventino tramuta in oro ogni pallone che tocca, issando la nazionale di Vicini a un passo dal sogno. Ci sveglia bruscamente, a Napoli, un’Argentina più fortunata che brava: l’unico gol subito fin lì costa agli azzurri la finale. Arriviamo terzi e Totò si consola col titolo dei cannonieri. Restano nell’immaginario collettivo gli occhi spiritati del nostro bomber, il bel calcio del Camerun e le mattane del portiere colombiano Higuita.
Usa 1994. Gli americani organizzano alla perfezione il massimo torneo di una disciplina che nemmeno conoscono. Il torneo riesce divertente, con l’unico neo di una finale anonima. I flash più significativi: lo stop al Maradona dopato, l’assurdo assassinio del colombiano Escobar (un suo autogol ha sbancato le scommesse dei narcos), gli stadi strapieni, l’afa opprimente, la straordinaria cinquina del russo Salenko al Camerun. L’Italia sacchiana soffre indicibilmente: gioca malissimo ed è tenuta a galla dai polmoni di Baggione (Dino) e dai piedi d’oro di Baggino (Roberto). Incredibilmente arriva in finale, ma il Brasile le è superiore sotto ogni profilo. Si va ai rigori: ne sbaglia uno anche Franco Baresi che, dopo l’infortunio d’inizio torneo, ha lottato da leone per essere in campo a Pasadena. Sul suo pianto e sul trionfo dei tetracampeaos, che dedicano la vittoria all’appena scomparso Ayrton Senna, cala il sipario.
Francia 1998. Un successo annunciato per i padroni di casa, che però scampano vari pericoli lungo un cammino alquanto stentato. L’Italia, molto attesa, è impostata con somma prudenza da Cesare Maldini, che gestisce male il dualismo tra i fantasisti: i tifosi sono divisi tra “baggisti” e “delpieristi”, il Ct tampona l’equivoco con un’infelice staffetta. Al rendez-vous dei quarti coi galletti rischiamo il colpaccio, ma l’epilogo è amaro, con la traversa di Di Biagio dal dischetto. Il gioco migliore, che novità, è dell’Olanda, che però in semifinale cozza contro un Brasile insolitamente cinico, vincitore ai rigori. Fa innamorare la pittoresca Nigeria, che stronca la quotata Spagna, ma alla lunga inciampa nei propri limiti tattici. La debuttante Croazia ottiene uno storico quarto posto. La notte prima dell’ultimo atto Ronaldo accusa un grave malessere rimasto oscuro: l’indomani in campo è uno zombie e la Francia ne approfitta. Un’imperiosa doppietta di Zidane consegna la coppa ai bleus nella finale arbitrata (bene) per la prima volta da un africano, il postino marocchino Belqola.
Giappone-Corea 2002. Il Mondiale debutta in Asia e assume contorni strampalati: si gioca agli antipodi, in un ambiente ovattato, ben lontano dal calore delle culle del calcio. Si ribaltano le gerarchie costituite: giunge terza la Turchia e sono quarti i carneadi della Corea del Sud, guidati dal “santone” Hiddink e aiutati da qualche “spinta” casalinga. Gli Usa dimostrano definitivamente l’acquisita competitività, piace il Senegal che fa fuori subito la bollita Francia, deludono le reclamizzatissime Argentina e Inghilterra. Proprio i coreani mandano a casa un’Italia spenta, fragile, isterica con l’arbitro Moreno: non basta l’acqua benedetta di Trapattoni. Tante novità, dunque, ma in finale arrivano le solite note: la Germania è scarsa, a tratti inguardabile, eppure avanza a colpi di 1-0; il Brasile è solido e non sbaglia un colpo. A Yokohama dirige il nostro Collina: decide una doppietta del ritrovato Ronaldo, che chiude così l’amaro cerchio aperto a Parigi.
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