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Convegno

Giuseppe Lazzati, «maestro del Novecento»

Nel centenario della�sua nascita� la Provincia di Milano ha promosso un dibattito sul rapporto tra la figura del Professore e la fondazione della democrazia in Italia

Silvio MENGOTTO Redazione

20 Maggio 2009

Lunedì 18 maggio un convegno alla Provincia di Milano ha ricordato il centenario della nascita di Giuseppe Lazzati, padre costituente e parlamentare nella prima legislatura repubblicana (dopo la deportazione nei lager tedeschi per non aver aderito alla Repubblica Sociale Italiana), educatore tra i giovani, rettore dell’Università Cattolica.
«Un vero e proprio gigante del laicato cattolico, milanese e italiano, uno straordinario maestro del Novecento», di cui va sottolineato «il particolare profilo di impegno nelle istituzioni e la diretta partecipazione alla costruzione della democrazia in Italia, dopo l’esperienza terribile della guerra»: così Alberto Mattioli, vicepresidente della Provincia di Milano, ha introdotto il convegno di Palazzo Isimbardi su “Giuseppe Lazzati e la fondazione della Democrazia italiana”, promosso in collaborazione con il Comitato promotore per il centenario (rappresentato dal presidente Luciano Caimi).
Guido Formigoni, docente di Storia contemporanea allo Iulm di Milano, ha tracciato un vivace inquadramento storico di Lazzati. Ne è seguita una tavola rotonda moderata dal giornalista Gianni Borsa. Tra i relatori personalità di spicco come l’onorevole Virginio Rognoni, la senatrice Daniela Mazzuconi e il senatore Antonio Pizzinato.
Lunedì 18 maggio un convegno alla Provincia di Milano ha ricordato il centenario della nascita di Giuseppe Lazzati, padre costituente e parlamentare nella prima legislatura repubblicana (dopo la deportazione nei lager tedeschi per non aver aderito alla Repubblica Sociale Italiana), educatore tra i giovani, rettore dell’Università Cattolica.«Un vero e proprio gigante del laicato cattolico, milanese e italiano, uno straordinario maestro del Novecento», di cui va sottolineato «il particolare profilo di impegno nelle istituzioni e la diretta partecipazione alla costruzione della democrazia in Italia, dopo l’esperienza terribile della guerra»: così Alberto Mattioli, vicepresidente della Provincia di Milano, ha introdotto il convegno di Palazzo Isimbardi su “Giuseppe Lazzati e la fondazione della Democrazia italiana”, promosso in collaborazione con il Comitato promotore per il centenario (rappresentato dal presidente Luciano Caimi).Guido Formigoni, docente di Storia contemporanea allo Iulm di Milano, ha tracciato un vivace inquadramento storico di Lazzati. Ne è seguita una tavola rotonda moderata dal giornalista Gianni Borsa. Tra i relatori personalità di spicco come l’onorevole Virginio Rognoni, la senatrice Daniela Mazzuconi e il senatore Antonio Pizzinato. Pensiero e azione Per Formigoni Lazzati «visse acutamente il senso del superamento definitivo del vecchio Stato liberale, che non aveva impedito il fascismo». Lo «spaventoso individualismo» della tradizione liberale e una struttura economica in cui «l’egoismo dei più forti ha fatto dell’organizzazione sociale il mezzo di sfruttamento dei più deboli» andavano decisamente superati. L’alternativa era quella di costruire uno Stato democratico forte, quale «strumento e alveo dell’ascesa delle masse popolari e della regolazione di una economia fordista in espansione e di una società di massa ormai dispiegata».Attorno al nocciolo della trasformazione democratica prendono quota «tre elementi di originalità spiccata nel pensiero e nell’azione lazzatiana»: la netta distinzione tra azione cattolica e azione politica (affermata da Lazzati già nel 1943, prima ancora della nascita della Dc), che «non poteva essere intesa come “separazione”, per non ricadere nell’errore borghese e nel materialismo pratico»; l’attenzione alla formazione delle idee e del pensiero politico nelle coscienze di tutti i cittadini; la fiducia nella collaborazione e nella «dialettica democratica con altre forze politiche e ideali» (pur nella nettezza della battaglia anticomunista, da lui sostenuta senza incertezze nelle campagne elettorali del 1946 e soprattutto del 1948).Rognoni ha ricordato la profonda amicizia tra Lazzati e suo fratello nei lager tedeschi, dove il Professore conobbe anche il comunista Natta. Per Rognoni il dato distintivo di Lazzati era l’attenzione alla formazione dei giovani: per questo il miglior Lazzati è nella città di Milano, quale educatore propenso all’educazione civile. Per Daniela Mazzuconi l’attuale e acceso dibattito sulla laicità è la prova della bontà della “visione” di Lazzati, «un maestro di vita che, pur allontanandosi dall’impegno politico diretto, ha insegnato ad amare la politica. Lo si cita spesso, ma poca è la disponibilità ad affrontare il cuore del suo pensiero».Nell’ultimo editoriale di Aggiornamenti sociali, padre Bartolomeo Sorge rileva che Lazzati si impegnò a fondo «per riaffermare il primato della dimensione morale nella costruzione della “città dell’uomo”. Se la scienza, la politica, l’economia, la tecnica vengono separate dall’etica – insisteva – esse si trasformano da forze di promozione umana in forze di autodistruzione. È incredibile quanto l’insegnamento di Lazzati si riveli drammaticamente vero, oggi più di ieri».