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Legge 194, la “scelta” lombarda

Potenziati i consultori con maggiori finanziamenti, nuovi limiti temporali per l'aborto terapeutico

5 Giugno 2008
OSPEDALE SAN PAOLO , REPARTO NEONATOLOGIA , BIMBI NELLE CULLE MATERNITA'  NURSERY 
INTERNI

25/01/2008

a cura di Paolo FERRARIO

Più sostegno alle donne e nuovi limiti temporali per l’aborto terapeutico. Questi i due capisaldi delle nuove disposizioni emanate dalla Giunta regionale per l’applicazione della legge 194 in Lombardia, dove ogni tre nati viene praticato un aborto e dove a farvi ricorso sono soprattutto le donne straniere (39%). Per molte è quasi una pratica anticoncenzionale: circa un terzo (27%) è già al secondo aborto, mentre il 7,5% addirittura al terzo.

Sul primo versante, come ha spiegato il presidente Roberto Formigoni, il Pirellone ha deciso «il potenziamento delle attività preventive e di accoglienza delle donne in stato di gravidanza complessivamente effettuate dalle Aziende sanitarie locali, dai consultori e dai servizi di ostetricia e ginecologia, con attenzione alle sinergie rispetto ad altri soggetti rappresentativi del volontariato sociale».

Importanti le risorse aggiuntive messe a disposizione, che passano da 56 a 64 milioni di euro annui, con un incremento del 14%. La maggior parte di questi nuovi finanziamenti (il 75%) sarà destinata ad aumentare il numero degli specialisti che operano nei consultori pubblici, il 5% alla formazione degli operatori dei consultori sia pubblici che privati e il 20% per sostenere l’incremento delle tariffe erogate dalla Regione.

In Lombardia sono attualmente attivi 284 consultori accreditati, di cui 225 pubblici e 59 privati, in grado di assistere 566 mila donne all’anno. L’obiettivo è una crescita del 20%, che porti la rete dei consultori a essere in grado di assistere 686 mila persone.

Per quanto riguarda il limite temporale, è stato abbassato a 22 settimane più tre giorni: oltre questo termine non sarà più possibile effettuare l’aborto terapeutico, a eccezione dei casi in cui non sussista la possibilità di vita autonoma del feto.

La decisione di spostare a 22 settimane più 3 giorni il limite massimo per l’aborto terapeutico, è strettamente connessa alle attuali “evidenze scientifiche”, che dicono che a 23 settimane è possibile la vita autonoma del neonato.

Considerando però che è dimostrato un margine di errore nella datazione della gravidanza, anche se effettuata in epoca gestazionale precoce, e che la possibilità di vita autonoma del neonato migliora, tra la 22 e la 24 settimana, del 2-3% per ogni giorno di gravidanza, la Regione ha ritenuto che l’interruzione di gravidanza per l’aborto terapeutico non debba essere effettuata oltre la 22esima settimana più 3 giorni, «a eccezione dei casi in cui non sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, per i quali devono essere fornite cure confortevoli e il nato deve essere trattato con rispetto e delicatezza».

D’accordo con l’iniziativa regionale sono i medici cattolici di Milano, che con il presidente Giorgio Lambertenghi parlano di «significativo passo in avanti verso il contenimento della piaga dell’aborto». Dopo aver sostenuto la moratoria, lanciata proprio dal capoluogo lombardo, qualche giorno fa, da Giuliano Ferrara, i medici cattolici accolgono con favore il potenziamento dei consultori.

«L’attività di prevenzione e di assistenza delle donne è fondamentale – sottolinea il professor Lambertenghi – e dovrà essere sempre più potenziata. L’auspicio è che, a questo primo passo, ne seguano altri in grado di aiutare le donne che si trovano di fronte a questa terribile scelta. Noi ci batteremo per un ulteriore potenziamento dei consultori, affinché questa pratica omicida sia ancor più limitata».

Le nuove linee-guida emanate dalla Regione Lombardia, come spiega il giurista Giuseppe Anzani, «non rappresentano un mutamento normativo» rispetto alle disposizioni della 194, ma sono comunque una «precisazione importante in uno scenario mutato dai progressi scientifici».

«Trent’anni fa, quando è stata pensata questa legge – aggiunge il giudice comasco – era impensabile che un neonato potesse sopravvivere a una così giovane età gestazionale. Oggi, invece, la scienza ci dice che la vita è possibile anche a 22 settimane a qualche giorno (tre dicono gli esperti lombardi, sei quelli del gruppo di lavoro ministeriale) e, quindi, bene ha fatto la Regione a inserire questo nuovo limite nelle proprie direttive».

Una novità che potrebbe fare scuola. «Sarebbe importante – riprende Anzani – che queste linee-guida fossero introdotte anche dalle altre Regioni, così da avere un’uniformità di azione sull’intero territorio nazionale ed evitare che ci siano ancora ospedali dove, invece, si pratichino aborti alla 24-25esima settimana e oltre. Quella lombarda dovrebbe quindi essere una prassi riconosciuta in tutti gli ospedali italiani».