Share

Invecchiare a Milano, tra “inutilità” e aggregazione

Dopo l'intervento del professor Vergani, pubblicato nei giorni scorsi, continua il viaggio alla scoperta di chi è più avanti negli anni. Questa settimana presentiamo l'esperienza dell'Associazione anziani del decanato Barona e l'Università Cardinal Colombo a San Marco

5 Giugno 2008

29/04/2008

di Cristina CONTI

Invecchiare a Milano. Troppo spesso emarginati tra l’indifferenza di molti. Gli anziani nel capoluogo lombardo sono in continuo aumento. Secondo i dati Istat, se nel 1991 c’erano 105 anziani ogni 100 giovani, nel 2011 il numero di anziani per 100 giovani salirà a 215, di cui il 5,4% avrà più di 80 anni. Difficoltà nel finanziamento del sistema previdenziale, crescente pressione sulle strutture sanitarie, aumento della domanda di assistenza, ma anche solitudine e pericolo di truffe sono i problemi che questa fascia debole della popolazione deve affrontare ogni giorno.

L’età si allunga e così anche gli anni da trascorrere in pensione. «Il primo scalino da affrontare è la fine della vita lavorativa. Quando si raggiungono i 65 anni, molti hanno difficoltà a occupare il tanto tempo libero e inizialmente si sentono inutili», spiega Aurelia Riva, responsabile dell’Associazione anziani del decanato Barona.

Poi, con il passare del tempo, il disagio aumenta. Difficoltà a muoversi, a fare la spesa, ad andare dal medico: «I più vecchi si trovano innanzitutto in una situazione economica più pesante. Si lamentano meno, sono abituati ad accontentarsi di poco, a rimanere lunghe ore al giorno chiusi in casa da soli», aggiunge.

Per questo motivo, alla Barona, l’Associazione di volontari organizza un laboratorio, dove gli anziani possono dedicarsi alla produzione di oggettistica finalizzata alla vendita, un centro d’ascolto, dedicato a chi non ha nessuno, un centro operativo per il disbrigo delle pratiche e dei servizi, che si occupa anche del trasporto dei malati, e case di accoglienza temporanea per anziani soli.

«Nelle nostre parrocchie, infatti, c’è un’attenzione specifica nei confronti della terza età – precisa la Riva -. Vengono organizzati incontri settimanali, attività che favoriscono la socializzazione e ci sono addirittura case in cui queste persone sono ospitate e curate, come per esempio la Casa Famagosta. In questi quartieri, infatti, il volontariato è molto presente».

Tanto tempo libero a disposizione può diventare un problema: un’affermazione quasi difficile da credere per chi è ancora in età lavorativa. Ma dopo una vita tanto impegnata la mancanza di un’occupazione fa davvero sentire inutili, soprattutto in una città frenetica, in cui nessuno sembra avere mai tempo per gli altri. Attività culturali e di assistenza diventano allora fondamentali per dare un senso alla propria esistenza.

«In questi ultimi anni sono aumentate molto le persone che partecipano alle nostre attività – racconta monsignor Enzo Marzorati, direttore dell’università della Terza Età -. Sono circa 10 mila i tesserati e 5 mila gli aderenti in diocesi. Le difficoltà più grandi le ha chi arriva da noi presto, a 65 anni, e chi è rimasto chiuso da solo in casa da troppo tempo».

Volontariato verso i poveri e i malati, formazione spirituale, ma anche tanta cultura: interessi che possono aiutare a rimanere lucidi e a sopportare con un sorriso gli acciacchi di ogni giorno. «L’iniziativa più seguita è l’Università Card. Colombo a San Marco – precisa monsignor Marzorati -. Abbiamo 50/60 materie di insegnamento e 900 iscritti che seguono assiduamente le lezioni».