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Indagine

In Lombardia una vita più cara, ceto medio sotto pressione

Focus sui redditi familiari nell’edizione 2024 dell’Osservatorio Vulnerabilità e Resilienza delle Acli lombarde. Il presidente Martino Troncatti: «La politica dia risposta ai bisogni delle persone». Nonostante le incertezze economiche, i genitori scommettono comunque sul bene dei figli, rileva monsignor Gervasoni, delegato Cel per la Pastorale sociale

di Claudio URBANO

24 Aprile 2024
Foto Shutterstock

Diminuiscono i redditi reali; crescono però le erogazioni liberali. Negli ultimi tre anni ha donato qualcosa quasi un contribuente su dieci in più rispetto a quanto avveniva prima; e a crescere, tra chi cede per una buona causa qualcosa del proprio reddito, sono paradossalmente i cittadini che guadagnano di meno: tra il 2020 e il 2022 la quota dei donatori è cresciuta di un quarto proprio tra i cittadini con reddito più basso.

La “forbice” tra ricchi e meno abbienti

È uno dei dati che emerge dal Rapporto 2024 dell’Osservatorio Vulnerabilità e Resilienza che le Acli lombarde hanno presentato il 23 aprile, scattando una fotografia dei redditi familiari sulla base delle dichiarazioni presentate attraverso i propri Caf (l’anno scorso oltre 400 mila, ben il 10% di tutti i “730” presentati in regione). Quasi 28 mila euro il reddito medio pro-capite dichiarato nel 2022 da lavoratori dipendenti e pensionati, dunque dal ceto medio. Un dato in crescita del 7% rispetto a tre anni prima; ma, se si tiene conto dell’aumento dei prezzi, il reddito realmente disponibile è calato del 3,7% nel 2022, rispetto all’anno precedente. Una situazione che mette dunque sotto pressione la classe media, pur con alcune significative differenze. Innanzitutto tra i più e i meno abbienti. Quella milanese è la provincia dove la forbice è più ampia, con il 20% dei più ricchi che dichiara un reddito quasi sette volte più alto rispetto al 20% più povero dei contribuenti (7.126 € rispetto a 47.009 €). Dati che, come accennato, non tengono conto del lavoro autonomo. Il divario si riduce leggermente nelle altre province, con un rapporto che rimane comunque di circa 1 a 6 tra redditi superiori e inferiori (mentre in Europa i redditi più bassi valgono circa un quinto rispetto a quelli più elevati – qui le slides con i dati in dettaglio per le diverse province).

Le spese da affrontare

A pesare ancor più del guadagno, però, è la fase della vita in cui ci si trova, e soprattutto la condizione familiare. Rispetto all’andamento dell’inflazione, nel triennio 2020-22 gli anziani hanno visto ridurre le proprie entrate, che invece sono leggermente aumentate per i lavoratori senza figli a carico e sono rimaste sostanzialmente stabili per chi ha figli. Soprattutto ogni categoria sostiene spese differenti. Tra gli over 80 le spese sanitarie pesano per il 14% del reddito, con un conto complessivo che arriva a oltre 2700 euro. Di contro, 8 pensionati su 10 hanno una casa di proprietà e solo 3 su 100 stanno pagando un mutuo. E chi ha tra i 65 e i 79 anni ha un reddito del 30% superiore rispetto ai 30-45enni. Tra i genitori con figli fino a 14 anni, invece, sono 7 su 10 a possedere una casa, ma la metà delle famiglie sta pagando un mutuo. Una spesa che, come sappiamo, è diventata più gravosa: gli interessi passivi pagati sui nuovi mutui sono passati dai 1315 euro del 2020 ai 1999 del 2022: 684 euro da pagare in più ogni anno. Netta anche la crescita nella spesa per la salute: nel 2022 il 49% dei contribuenti ha pagato per visite specialistiche, con la spesa sanitaria arrivata a 1528 euro, quasi 300 in più rispetto al 2020.

Paradossi della vulnerabilità

«Alcune dimensioni centrali della vita, come avere figli o prendersi cura dei genitori anziani, ma anche acquistare una casa o riuscire a pagare gli studi dei figli, che fino a vent’anni fa rappresentavano desideri e obiettivi legittimi di realizzazione, sono diventati ora, paradossalmente, elementi che aumentano il rischio di vulnerabilità», ha osservato il presidente regionale delle Acli Martino Troncatti. Una dinamica da rovesciare, dunque, e un quadro su cui, fa appello Troncatti, «la politica deve mostrare di poter dare risposta ai bisogni delle persone».

La dimensione “analogica”

Monsignor Maurizio Gervasoni, vescovo di Vigevano e delegato della Conferenza episcopale lombarda per la Pastorale sociale e del lavoro, ha invitato provocatoriamente a guardare – di fronte alla dimensione «digitale» dell’economia, quella in cui ciascuno si regola in base ai margini d’azione disponibili – alla dimensione «analogica» e irriducibile dell’umano. Quella, per esempio, dei genitori che scommettono comunque sul bene dei figli, nonostante le incertezze economiche. La Chiesa, ha sottolineato Gervasoni, «cerca di guardare a quello spazio non catalogabile di fiducia», alle possibilità che comunque si aprono, puntando sull’educazione e su alcune opere-segno. «Non ha dunque, la Chiesa, un modello precostituito di società da proporre», chiarisce il Vescovo. Questo deve essere piuttosto «costruito, responsabilmente, all’interno della dimensione storica e sociale».