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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Intervista

Colmegna: «Contro la paura con serietà, capacità e lungimiranza»

Dialogo con il presidente della Casa della carità sugli atteggiamenti con cui affrontare questo tempo di crisi

3 Marzo 2020
Don Virginio Colmegna

Anche la Casa della carità, in questi giorni di “emergenza” legati al diffondersi del cosiddetto Coronavirus, si è trovata a dover modificare la sua operatività quotidiana, per adeguarsi alle normative emesse dal Ministero della Salute e da Regione Lombardia. È, questo, un momento delicato, che impone un cambiamento delle consuetudini, ma che offre anche lo spazio per una riflessione sul senso di quello che stiamo vivendo. Condividiamo quindi un dialogo con il presidente della Casa della carità, don Virginio Colmegna.

Come sta vivendo la Casa della carità questo momento di criticità?
Per tutti noi è un momento delicato, ma c’è voglia di reagire e di reinventarsi, perché non vogliamo far sentire abbandonate le persone fragili, che nella Casa della carità hanno un punto di riferimento. Sentiamo questa come una nostra responsabilità, così come è responsabilità anche di un luogo di accoglienza come il nostro fare la propria parte per limitare la diffusione del contagio.

Che cosa si sta facendo, dal punto di vista pratico?
Noi siamo abituati a lavorare nelle emergenze, ma questo è un caso particolare, perché è un’emergenza che riguarda la salute delle persone. Guidati dalla nostra infettivologa Gaia Jacchetti stiamo cercando di operare nel rispetto delle norme, ma cercando di salvaguardare i servizi e di adattarli a questa situazione. Per esempio, abbiamo purtroppo dovuto interrompere le Docce, ma per non perdere la relazione andremo a cercare, con delle uscite straordinarie sul territorio dei nostri operatori Ciro Di Guida e Mussa Abdallah, accompagnati da alcuni volontari, le persone nei luoghi dove vivono, per consegnare loro un cambio, un kit per l’igiene, una merenda, ma, soprattutto, per parlare con loro. Lo stesso stiamo già facendo con i nostri anziani: gli operatori Doudou Khouma e Vanessa Caputo sono in costante contatto con loro, pronti ad andarli a trovare a casa se ci fosse bisogno. Abbiamo anche attivato un ascolto telefonico per gli anziani del quartiere Adriano / Crescenzago, che possono chiamare i nostri operatori per avere indicazioni, fare domande o semplicemente chiacchierare. Il Centro d’Ascolto, invece, ripartirà con una nuova modalità, su appuntamento.

Questa esperienza collettiva farà capire un po’ di più che, per star meglio tutti, la comunità deve preoccuparsi di far star meglio quanti stanno peggio?
Me lo auguro. Sicuramente questa esperienza ci dice una volta in più che la salute è un bene primario, per tutti, senza distinzioni. Come organizzazioni milanesi che ogni giorno si occupano di accoglienza, ascolto e aiuto, ci stiamo impegnando tanto per affrontare questo momento. Cito Opera San Francesco che, per esempio, ha riconvertito il suo servizio mensa, distribuendo sacchetti contenenti il pasto. C’è una grande fantasia, che però deve sollecitare le istituzioni. Se la crisi è affrontata con serietà, lungimiranza e competenza, capiremo finalmente che le politiche sociali non sono politiche di paura, ma sono politiche che hanno grandi risorse da mettere in comune per il bene di tutti.

Questa “crisi” può insegnarci qualcosa per il futuro?
Tutti i momenti di crisi insegnano qualcosa. L’importante è non abbandonarsi a chiusure e paure. Tutte le esperienze che viviamo come Casa della carità, si portano dentro una domanda spirituale di senso, una domanda culturale e una domanda politica. In questa situazione, aggiungo una domanda ecologica. Questa crisi deve insegnarci che la stessa intensità di impegno che stiamo impiegando per contrastare questo virus, dobbiamo impiegarla per contrastare la crisi ambientale ed ecologica, perché essa riguarda il futuro delle persone.

Lei, personalmente, come stai vivendo questo momento?
Personalmente, sono colpito dalla grande maturità con cui stanno reagendo gli ospiti e i miei operatori. È forse la prima volta che uso questo aggettivo, “miei”. Stanno mettendo in gioco tutta la loro capacità professionale, la loro generosità e, a livello personale, mi stanno regalando riflessioni importanti. Mi stanno insegnando tanto.