Share

Nel nome dello straniero: un nuovo codice deontologico per i giornalisti

Il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti ha approvato la nuova Carta di Roma, un protocollo di autoregolamentazione che chiede ai professionisti dell'informazione l'uso di un linguaggio più corretto e rispettoso della verità nel raccontare le vicende di migranti, rifugiati, richiedenti asilo.

19 Giugno 2008

20/06/2008

di Marco DERIU

Spesso il linguaggio dell’informazione conta più del contenuto, in termini di connotazione delle notizie e di impatto sui destinatari. Oltre a far conoscere gli eventi in corso, i media hanno sulla realtà un’influenza diretta, proprio per il modo in cui la raccontano o la rappresentano. Negli ultimi anni, a causa dell’aumento quantitativo del fenomeno (ma anche delle prese di posizione spregiudicate ed estremiste di alcune forze politiche non esenti da qualche conato di razzismo), sono cresciuti gli spazi dedicati alle storie di vario colore che hanno per protagonisti gli stranieri. E di solito nel racconto di queste vicende prevalgono le generalizzazioni sulle etnie, sulle appartenenze culturali e sulle effettive condizioni di chi non è italiano.

Finalmente i professionisti dell’informazione si sono accorti che la misura è stata passata troppe volte ed è arrivato il momento di darsi una regolata nella quotidiana attività di racconto del mondo. Per questo, probabilmente, hanno deciso di adottare un Codice deontologico per promuovere un’informazione più attenta e corretta in tema di immigrazione: il 12 giugno il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti (Odg) ha approvato la nuova Carta di Roma, un protocollo di autoregolamentazione che chiede ai professionisti dell’informazione l’uso di un linguaggio più corretto e rispettoso della verità nel raccontare le vicende di migranti, rifugiati, richiedenti asilo.

Riprendendo e sviluppando ad hoc norme e principi già espressi in altre occasioni, il documento – frutto di un lavoro congiunto tra l’Odg, la Federazione nazionale della stampa (Fnsi) e l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) – esorta i giornalisti al pieno rispetto degli stranieri, che non devono essere mai sottoposti a discriminazione da parte dei media. Il principio fondamentale è il dovere di «rispettare la persona e la sua dignità, e di non discriminare nessuno per la razza, la religione o le opinioni politiche », corroborato dal criterio deontologico fondamentale che impone di non tradire la verità sostanziale dei fatti.

Chiedendo di osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i migranti, i richiedenti asilo, i ripudiati, le vittime della tratta, le norme impegnano i giornalisti italiani ad «adottare termini giuridicamente appropriati» al fine di restituire al lettore e all’utente la massima aderenza alla realtà, evitando l’uso di un linguaggio improprio. Sotto il profilo dei contenuti, viene sancito l’impegno a non diffondere «informazioni imprecise, sommarie o distorte riguardo a richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti». Le associazioni che rappresentano la categoria richiamano specificamente l’attenzione di tutti i colleghi giornalisti e dei responsabili delle redazioni sul danno che deriva da comportamenti mediatici superficiali e non corretti, che «possono suscitare allarmi ingiustificati, alle persone oggetto di notizia e, di riflesso, alla credibilità dell’intera categoria dei giornalisti».

Se sono i protagonisti stessi a scegliere di parlare con i giornalisti per segnalare i propri problemi o a rendere di pubblico dominio la situazione in cui si trovano, i professionisti dell’informazione sono tenuti a tutelarli adottando le necessarie accortezze in merito all’identità e all’immagine. Alla Carta di Roma è allegato un glossario che distingue e specifica le definizioni di “richiedente asilo”, “rifugiato”, “beneficiario di protezione umanitaria”, “vittima della tratta”, “migrante/immigrato”, “migrante irregolare”, “clandestino”.

Oltre ai professionisti dell’informazione, farebbero bene a tenere presenti queste precisazioni anche i leader politici che della battaglia contro l’immigrazione irregolare hanno fatto la loro bandiera elettorale.