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Fisc

Comunicare l’8xmille in Terra Santa

Viaggio della Federazione italiana settimanali cattolici. Raccolte le testimonianze
di padre Pizzaballa, suor Hattar e del patriarca Twal

di Vincenzo CORRADO inviato dell’agenzia Sir a Gerusalemme

11 Novembre 2013
GERUSALEMME - ISRAELE LA MOSCHEA DELLA ROCCIA

Alle radici della cristianità. Da Nazaret a Gerusalemme, passando per Màalot-Tarshiha. È un vero e proprio pellegrinaggio alla scoperta della fede quello che la Fisc (Federazione italiana che raggruppa 186 settimanali cattolici) sta compiendo in questi giorni in Terra Santa. Un viaggio riservato – ma non solo – ai vincitori del concorso giornalistico “8xmille senza frontiere”, organizzato in collaborazione con il Servizio Cei per la promozione del sostegno economico alla Chiesa. Undici i partecipanti, complessivamente.

«Questa esperienza – spiega Francesco Zanotti, presidente della Federazione – intende far conoscere quanto si realizza lontano dai nostri confini con i fondi 8xmille. Siamo qui anche per scrivere e testimoniare come la comunità cristiana locale vive oggi fra mille difficoltà e una consistenza numerica sempre più ridotta». Una comunità che, anche se debole numericamente e in sofferenza per varie vicende, non si arrende e rilancia il proprio impegno, in modo particolare, sul fronte dell’educazione. Un filo, questo, che si lega con l’impegno pastorale di questo decennio della Chiesa italiana.Tre le testimonianze raccolte finora, che danno anche il quadro delle problematiche qui vissute.

La questione dell’identità

«Il problema principale per la minoranza cristiana in Israele – spiega padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, incontrato a Nazaret – è l’identità. I cristiani, infatti, sono cittadini israeliani ma non sono ebrei e non sono musulmani. Sono, quindi, una minoranza nella minoranza». Da qui l’importanza del “concetto d’identità”, dal momento che «appartenere a una fede significa appartenere a una comunità». E poi c’è il dramma dei giovani che «vanno a vivere dove trovano casa e lavoro», lasciando il proprio territorio. «Non è una situazione facile – racconta padre Pizzaballa – perché qui il territorio è molto importante: se un cristiano esce dalla propria zona e va a vivere in una zona musulmana non è la stessa cosa».

Nonostante ciò, c’è un «dialogo della quotidianità» che va avanti, senza intoppi. Un dialogo che passa anche attraverso le tante scuole cristiane presenti in Terra Santa e frequentate da tutti. Un ultimo pensiero il Custode di Terra Santa lo riserva al fenomeno dell’emigrazione. «I cristiani – dice – non spariranno qui. La loro presenza è una missione, una testimonianza».

La scuola di Màalot-Tarshiha

Con questa certezza di padre Pizzaballa, prosegue il viaggio verso Gerusalemme con una breve deviazione a Màalot-Tarshiha, una cittadina nel distretto Nord d’Israele. Qui si toccano con mano le parole del Custode di Terra Santa, grazie all’impegno delle Suore Dorotee, che gestiscono una scuola materna e stanno costruendo quella elementare per la quale hanno ricevuto fondi dalla Cei e dalla Fondazione Giovanni Paolo II (www.fondazionegiovannipaolo.org).

La scuola sarà intestata agli “Angeli di San Giuliano” in ricordo dei 27 bambini morti nel 2002 durante il terremoto a San Giuliano di Puglia (Molise). Ad accogliere la Fisc, oltre alle suore, c’è il Consiglio pastorale della parrocchia greco-melchita di San Giorgio. La scuola, infatti, opera per i fedeli di questo antico rito bizantino. Un esempio di convivenza tra espressioni della stessa fede.

«Fate silenzio!», esordisce la superiora delle Dorotee, suor Teresa Hattar, giordana, mentre ci attende sulla porta della scuola materna. «I bimbi – riprende – stanno dormendo». Sono 75, ad oggi, quelli che la frequentano. «Per noi – afferma la religiosa – è molto importante educare i bambini cristianamente. Le nostre scuole forniscono una formazione impossibile da trovare altrove. E noi non vogliamo tirarci indietro».

Da qui il progetto della scuola elementare, legata a doppio filo all’Italia: per la presenza di tre suore vicentine e per l’intestazione agli “Angeli di San Giuliano”. In loro memoria sono già stati piantati 27 alberi di ulivo intorno all’edificio. Purtroppo, servono ancora aiuti per completare il progetto: circa 350-400mila euro. «Ce la faremo», assicura suor Hattar.

Il prezioso contributo della Cei

Le certezze e la speranza non vengono mai meno in questa Terra. Ed è la prima grande scoperta per i pellegrini Fisc. A confermare questa convinzione, le parole del patriarca Fouad Twal, incontrato a Gerusalemme nella sede del Patriarcato latino. «Grazie di cuore – afferma – per quello che fate per noi! E benvenuti a casa vostra!». Proprio ieri pomeriggio (7 novembre), racconta il patriarca, «ho ricevuto la lettera del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, con cui mi vengono donati 400 mila euro dai fondi 8xmille per laboratori di una nuova Università che, con il sostegno e l’appoggio di Benedetto XVI, abbiamo fondato in Giordania».

Questo progetto, spiega, «nasce con un obiettivo: educare per fermare la violenza. Si tratta di un’iniziativa talmente grande che ho bisogno di voi per portarla a compimento». Fondata da tre anni, «oggi abbiamo 1.200 studenti giunti da 36 nazionalità diverse. È presente tutto il Medio Oriente».

Come Chiesa, prosegue, «abbiamo bisogno di voi, del vostro coraggio nel dire la verità sulla situazione dei cristiani qui. La nostra è una Chiesa della speranza, della gioia, ma non vanno dimenticati i feriti di una Chiesa che è anche del Calvario». Comunque sia, «il nostro entusiasmo non si ferma». Anzi… L’appello è rivolto a «tutti gli italiani, pellegrini e amici, che vengono in Terra Santa per visitare la Chiesa locale, vedere le pietre vive, passare dal patriarcato: qui saranno sempre benvenuti, sempre con gioia». Un appello che sa anche d’invito a recarsi in Terra Santa per «scoprire le radici della cristianità».