Un gesto bello e grande, di fede, di Chiesa, del quale nessuno è stato «spettatore, ma tutti attori», perché «chiama in causa ciascuno in prima persona».
È l’Ordinazione Episcopale dei tre nuovi Vescovi ausiliari di Milano conferita dal cardinale Scola, in un Duomo che già dalla primissima mattina si è andato riempiendo di fedeli, di moltissimi sacerdoti concelebranti, di diecine di diaconi permanenti, di amici e parenti di monsignor Franco Agnesi, monsignor Paolo Martinelli e Monsignor Pierantonio Tremolada. L’arcivescovo emerito di Milano, il cardinal Tettamanzi e il vicario generale, monsignor Mario Delpini, sono con consacranti, venti gli altri Vescovi presenti, tra ausiliari, emeriti della Diocesi, residenziali di altre Chiese locali, ma anche venuti da molto lontano come monsignor Cuter, arrivato dal Brasile. Accanto al cardinale Scola siedono , il ministro generale dei Cappuccini, Fra Mauro Johri e l’Arciprete del Duomo, monsignor Gianantonio Borgonovo.
Non mancano le autorità civili: in prima fila, il governatore della Regione Maroni e i sindaci di alcuni paesi e città – di Legnano, Alberto Centinaio, di Cesano Boscone, Alfredo Negri, di Macherio, Maria Rosa Redaelli, di Lissone, Concettina Monguzzi, per Varese c’è il vicesindaco, Carlo Baroni e il prefetto Giorgio Zanzi – cui sono legati per nascita o Ministero gli eletti che vengono presentati al Cardinale e per ciascuno dei quali viene letta la Lettera apostolica per la nomina episcopale firmata da papa Francesco.
Accanto a ognuno dei tre, sono i due presbiteri che “assistono”: per Agnesi don Romeo Maggioni e don Vittorio Comi; per Martinelli i confratelli, Giovanni Amisano e Luca Bianchi; per Tremolada monsignor Peppino Maffi, e don Franco Oliverio.
A tutti, in un silenzio pieno di raccoglimento, si rivolge l’Arcivescovo: «Con questa scelta il Santo Padre Francesco intende sostenere la vita delle nostre comunità nel compito di percorrere tutte le vie dell’umano abitando, senza indugio, il campo del mondo», dice subito.
L’invito è a riflettere sulla figura stessa del Vescovo, “colui che regge e guida”, come recita la preghiera di Ordinazione. «Annunciare il Vangelo non è un vanto, ma una necessità che si impone specie – riflette Scola – in un tempo di movimentata transizione come il nostro in cui non è assente un sentimento religioso, tanto diffuso quanto generico, che finisce spesso per svigorire la forza vitale della fede, impedendole di proclamare, confessare, proporre l’imponenza di Dio nel quotidiano della vita degli uomini».
Insomma, in una realtà che fa fatica riconoscere la necessità di Cristo, è assolutamente fondamentale trasmettere la fede, continuare a credere in quel “Seguimi” che chiede il Signore, con un testimonianza libera di amore, a Pietro e, attraverso i secoli, a coloro che si inseriscono nella Successione Apostolica come a tutti i battezzati.
«La storia della Chiesa e del Ministero ordinato è il riproporsi da millenni di questo dialogo tra due libertà, in cui misericordia e obbedienza, chiamata e sequela, si intrecciano efficacemente in continuazione. Il Signore ha voluto i Vescovi perché questo legane non si spezzi mai lungo la storia, in fedele obbedienza. Non c’è, infatti, soluzione di continuità tra quei Dodici e la nostra assemblea eucaristica che fa ora corona ai nuovi Vescovi».
La Successione apostolica stessa può essere, infatti, considerata un mezzo privilegiato per comprendere cosa sia la Chiesa, « in forza del perpetuarsi, lungo la storia, della catena dei Vescovi come successori degli apostoli, tutto il popolo di Dio continua ad essere convocato, alimentato e guidato dallo stesso Buon Pastore».
Da qui, il compito che il Cardinale ricorda ai tre nuovi Vescovi: «Siete inviati per infondere speranza in un tempo pieno di fatica a tutti gli uomini e le donne. Pascete le pecore, amate incondizionatamente la Chiesa di Dio e la Chiesa ambrosiana, amate le donne e gli uomini delle terre milanesi e ne sarete riamati. E questo per annunciare Gesù come Vangelo dell’umano. Si dischiude così l’orizzonte che abbiamo voluto indicare per il cammino della nostra Chiesa. Il vostro ministero sarà tutto in funzione di questa ansia santa della Chiesa ambrosiana che vuole proporre a tutti Gesù, luce delle genti».
Poi, gli impegni degli eletti: il “Sì lo voglio”, le Litanie, l’imposizione delle mani da parte di tutti i Vescovi, il porre il libro dei Vangeli aperto sul capo dei neo eletti, l’unzione crismale, la consegna dl Vangelo, dell’Anello, della Mitra e del Pastorale. Un lungo applauso accompagna la conclusione della Liturgia dell’Ordinazione e lo scambio della pace.
Infine – dopo aver attraversano benedicenti la Navata maggiore della Cattedrale con i con consacranti – i tre Ausiliari prendono brevemente la parola per ingraziare e dare voce alla loro emozione, ma anche al senso di una responsabilità che inizia da oggi.
«In questi giorni più volte ho considerato la mia vocazione a essere sempre un “vice”», spiega monsignor Agnesi, «lo sono stato come Assistente dell’A.C. come ultimo Pro vicario generale della Diocesi nel secolo e nel millennio scorsi, anche come parroco, perché a Cesano Boscone e a Busto Arsizio le parrocchie sono dedicate a San Giovanni Battista e più vice di lui non si può. È bello essere vice, assistente, vicario e ausiliare. È bello collaborare e condividere, stringere legami e alleanze. Vivendo così e collaborando con Gesù, cresce in noi il desiderio di strare in comunità e di ritrovarci tutti in paradiso. Rispondendo la mia vocazione a essere “vice”, voglio ripeterle, Eminenza, che sono contento di essere vicario e ausiliare».
Martinelli, che apre il suo discorso con il tradizionale saluto francescano “Pace e bene a tutti”, sottolinea il suo grazie per tante e diverse esperienze maturate nella vita di sacerdote, da ragazzo cresciuto a Milano nelle popolose parrocchie di Santa Maria di Lourdes e della Trinità, per l’incontro con don Giussani e per la passione per il carisma di san Francesco «in cui ho visto risplendere l’umiltà amorosa di Dio», per gli studi e gli impegni romani.
Il pensiero è anche per monsignor Padovese, ucciso in Anatolia quattro anni fa – «amico, Vescovo e confratello», di cui infatti Martinelli porta tra le mani il Pastorale – e per la Fondazione “Sacra Famiglia”, «un’esperienza indimenticabile con i disabili che mi hanno fatto vedere il volto della perfetta letizia di cui parla Francesco».
«Che il Signore non scelga in base ai meriti, lo so guardando a me stesso», osserva mons. Tremolada. «Oggi la mia vita prende una forma nuova: entrare nella Successione apostolica è un dono che lascia senza parole e ciò che chiedo è di corrisponderlo con tutte le mie forze. Vorrei essere per sempre e solo un umile testimone della Parola di Dio. Abbiamo tutti bisogno oggi di maggiore speranza, di gioia e di bellezza: mi piacerebbe che il mio Ministero fosse a totale servizio di questa speranza nella Chiesa e con la Chiesa, specie per i più giovani».
E prima di un nuovo prolungatissimo applauso che accompagna la processione conclusiva, è il cardinal Scola che ricorda: «Diciamo il nostrio grazie pieno di commozione per questo gesto che genera gioia e senza gioia non si può vivere. Il dono che il Santo Padre ci ha fatto è certamente un riconoscimento prestigioso della qualità del nostro Clero. Molti, tra i sacerdoti ambrosiani, sarebbero degni dell’Episcopato e quindi tutto il presbiterio gioisce oggi di questi tre Vescovi nostri collaboratori della fede. Sono grato alle autorità civili che hanno voluto essere qui, non come segno di tradizioni del passato, ma con un gesto che leggo come una grande speranza del futuro, segno che indica la valorizzazione di ogni soggetto presente nella società di oggi, tra cui centrale è la realtà ecclesiale».