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Verso gli altari

Sarà beata suor Leonella, cresciuta a Sesto San Giovanni

Piacentina d’origine, missionaria della Consolata, fu uccisa nel 2006 a Mogadiscio. Fino alla partenza per l’Africa visse nel centro dell’hinterland, frequentando la parrocchia di San Giuseppe, dove scoprì la sua vocazione

di Massimo PAVANELLO

10 Novembre 2017
Suor Leonella Sgorbati

«Il Sommo Pontefice ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto riguardante il martirio della Serva di Dio Leonella Sgorbati (al secolo: Rosa), Suora professa dell’Istituto delle Missionarie della Consolata; nata il 9 dicembre 1940 a Rezzanello di Gazzola (Italia) e uccisa in odio alla Fede il 17 settembre 2006 a Mogadiscio (Somalia)». Il breve comunicato della Santa Sede ha fatto gioire tanta gente anche nella diocesi di Milano.

Suor Leonella Sgorbati è stata uccisa domenica 17 settembre 2006 a Mogadiscio. L’anagrafe la registrava come nativa del Piacentino. Ma la religiosa ha trascorso la sua adolescenza e la sua giovinezza – sino a quando è partita per l’Africa – a Sesto San Giovanni.

Era solo una bambina, infatti, quando giunse in città con la propria famiglia. Ha frequentato assiduamente la parrocchia di San Giuseppe e lì ha scoperto la propria vocazione. Nel quartiere era assai nota sia per la sua giovialità, sia perché il padre aveva un’attività commerciale nella centrale zona del Rondò. I coetanei la chiamavano, infatti, «la figlia del fruttivendolo», per identificarla senza errore.

Durante i decenni della missione africana non perse mai i contatti con gli amici di un tempo. Li mantenne costantemente a livello epistolare e, non appena possibile, con visite personali ogni volta che rientrava in Italia. L’ultima occasione d’incontro tra la parrocchia e la religiosa si verificò proprio qualche mese prima dell’uccisione. Durante la Quaresima di quell’anno, infatti, era stata raccolta una somma di denaro per l’ospedale somalo presso cui lei lavorava. La religiosa era quindi andata personalmente a spiegare quale sarebbe stata la destinazione di quel contributo, parlando direttamente ai ragazzi dell’oratorio estivo e al gruppo della Terza età.

Tornata in Africa, e ricordando quell’incontro, scrisse una lettera ai sacerdoti della chiesa di San Giuseppe (in data 5 luglio 2006), nella quale esprimeva la sua gioia e quella dei suoi collaboratori, poiché il dono promesso era finalmente giunto. Così si legge nella missiva: «Ho ricevuto il vostro generosissimo contributo per il condensatore dell’ossigeno che ci è arrivato fino a Mogadiscio ed è stato ricevuto con tanta gioia. Ha fatto un lungo viaggio, ma ora farà tanto bene portando vita ai nostri bambini più ammalati e bisognosi d’ossigeno».

Molti organi di stampa – in occasione della sua morte – la descrissero come una coraggiosa operatrice umanitaria. Ciò è vero in piccolissima parte. Suor Leonella, infatti, non nascose mai i motivi di fede che stavano alla base del suo impegno e venne uccisa proprio per questo. Uccisa insieme alla sua guardia del corpo, un musulmano – padre di quattro figli – che le fece da scudo.

Solo l’amore per Dio riflesso nei fratelli, del resto, la tratteneva in Africa. Nella lettera sopra citata, lo ricordava lei stessa vergando a mano l’ultimo paragrafo come fosse la raccomandazione più importante. «Ricordo con tanta gioia – si legge – il gruppo dei bambini e dei giovani e spero proprio che un giorno qualcuno venga a sostituirmi dopo che avrà incontrato l’amore del Signore Gesù che dona vita e gioia».

Il 27 novembre 2006 a Suor Leonella venne attribuito (alla memoria) il “Premio Torretta”, un significativo riconoscimento della città di Sesto San Giovanni.