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Milano

«Impariamo da chi ci ha preceduto a essere santi»

Memoria, preghiera e gratitudine hanno caratterizzato la Messa presieduta dall’Arcivescovo nella Cappella feriale del Duomo in suffragio di presbiteri, diaconi permanenti, consacrate e consacrati morti quest’anno: «Con la loro esistenza ci raccontano che valeva la pena vivere per il Signore»

di Annamaria BRACCINI

28 Giugno 2025
L'Arcivescovo raccolto in preghiera (Agenzia Fotogramma)

«Desidero ringraziare tutti voi che vi siete riuniti in questa preghiera, sentendo la responsabilità e il dovere, ma anche la bellezza, del suffragio. Mi sembra un segno di appartenenza alla comunità. Oggi, la Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, Giornata Mondiale per la Santificazione dei sacerdoti, ci offre anche una ragione in più perché noi impariamo da chi ci ha preceduto a essere santi secondo la nostra vocazione».        

I fedeli presenti alla celebrazione (Agenzia Fotogramma)

Nella cappella feriale del Duomo, l’Arcivescovo presiede la celebrazione di suffragio per i presbiteri, i diaconi permanenti, religiose, consacrate e consacrati morti quest’anno, esprimendo tutta la gratitudine della Diocesi per quanti hanno donato la loro intera vita al Signore e sono tornati alla casa del Padre. Alla presenza dei fedeli delle comunità che hanno perduto amici e parroci e di suore di diverse Congregazioni, la Messa, concelebrata dai Canonici del Capitolo metropolitano e altri sacerdoti, si apre con la lettura dei nomi dei defunti da parte del Moderator Curiae, monsignor Carlo Azzimonti, che cita anche qualche espressione del Messaggio del Papa per la Giornata. Sono 42 preti ambrosiani, un diacono, 5 appartenenti a Istituti secolari e 25 religiose, il cui ricordo ispira l’omelia dell’Arcivescovo, in riferimento al capitolo quinto della Lettera ai Romani, appena proclamata.      

L’omelia dell’Arcivescovo (Agenzia Fotogramma)

La speranza delusa e la fiducia in Dio

«C’è per noi una parola che viene da Dio, una testimonianza che possiamo raccogliere: quella di coloro per cui siamo qui a pregare, preti e suore, consacrati e consacrate, che nell’anno hanno lasciato questa terra e che, con la loro esistenza, ci raccontano che valeva la pena vivere per il Signore. Loro ci dicono che la sequela di Gesù non è anzitutto il compimento delle aspettative e che la speranza non è quella di realizzare i propri desideri, ma piuttosto è la fiducia in ciò che Dio promette, la fiducia nella sua sollecitudine per noi, quella del Pastore che cerca la pecora perduta e fa festa perché l’ha trovata». 

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E questo anche – e, forse, soprattutto – in un mondo dove tanti soffrono per la stupidità delle guerre e l’ingiustizia degli uomini. «Si fanno avanti gli oppressi, le vittime dell’ingiustizia dei prepotenti, coloro che si aspettavano una qualche forma di liberazione o almeno di sollievo, la povera gente che non conta niente e sperava di contare qualche cosa almeno nel Signore che abita nei cieli. E dal cielo hanno visto piovere bombe e morte. Si fanno avanti e dicono: speravamo, ma siamo stati delusi. Si fanno avanti gli infelici; si fanno avanti i miti, i devoti, la gente animata da buoni sentimenti, da buoni desideri».

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Ma è proprio di fronte alla speranza delusa che, suggerisce l’Arcivescovo, c’è «la speranza che non delude», come scrive san Paolo nella sua epistola: «La speranza è una chiamata a convertirci: questi nostri fratelli e sorelle che hanno raggiunto il premio presso Dio, mi pare che ci indichino almeno tre strade da percorrere per la conversione: la via della gratitudine, quella della docilità allo Spirito. E la terza, che si può chiamare la trasfigurazione del quotidiano, cioè quel modo di vivere le cose di tutti i giorni, con l’originalità cristiana che è discreta e non si esibisce, ma che dà sapore, come il sale, alla storia umana. Coloro che seguono Gesù sono originali, ricambiando l’indifferenza con una dedizione esagerata, il male con il bene».

Appunto perché «riconoscono i segni del Regno che viene anche in questa storia così drammatica e complicata che sembra escludere che vi sia il Regno di Dio: in questa terra in cui i regni degli uomini sono così aggressivi, così privi di criterio e spietati. I fratelli e le sorelle che ricordiamo, raggiungendoci in modo misterioso, ci dicono valeva la pena seguire Gesù».