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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Nella Giornata della pace

Papa Francesco: «Basta violenza, la Chiesa è donna»

Intenso e appassionato omaggio alle madri: «Ferire una donna è oltraggiare Dio. C'è bisogno di gente in grado di tessere fili di comunione. E questo le madri sanno farlo»

di Maria Michela NICOLAIS

3 Gennaio 2022
Papa Francesco durante la Messa delle Pace (foto Siciliani-Gennari/Sir)

«Lo sguardo materno è la via per rinascere e crescere”. Parola di papa Francesco, che l’1 gennaio ha concluso l’omelia della solennità di Maria Santissima Madre di Dio, dalla basilica di San Pietro, con un intenso e appassionato omaggio alle donne, a partire da Maria, «madre della cattolicità perché unisce, non separa. Le madri, le donne guardano il mondo non per sfruttarlo, ma perché abbia vita – ha spiegato Francesco -. Guardando con il cuore, riescono a tenere insieme i sogni e la concretezza, evitando le derive del pragmatismo asettico e dell’astrattezza». «E la Chiesa è madre, è madre così – ha proseguito a braccio -. La Chiesa è donna, e la donna è così. Non possiamo trovare il volto della Chiesa senza rispecchiarlo nel volto della donna madre. Questo è il posto della donna nella Chiesa. La Chiesa è madre, la Chiesa è donna. E mentre le madri donano la vita e le donne custodiscono il mondo, diamoci da fare tutti per promuovere le madri e proteggere le donne».

L’appello

«Quanta violenza c’è nei confronti delle donne! Basta! Ferire una donna è oltraggiare Dio, che da una donna ha preso l’umanità. C’è bisogno di gente in grado di tessere fili di comunione, che contrastino i troppi fili spinati delle divisioni. E questo le madri sanno farlo», la tesi di Bergoglio, a partire dallo «sguardo inclusivo» di Maria, «che supera le tensioni custodendo e meditando nel cuore, è lo sguardo delle madri. È lo sguardo con il quale tante madri abbracciano le situazioni dei figli. È uno sguardo concreto, che non si fa prendere dallo sconforto, che non si paralizza davanti ai problemi, ma li colloca in un orizzonte più ampio», ha proseguito Francesco, evocando «i volti delle madri che assistono un figlio malato o in difficoltà. Quanto amore c’è nei loro occhi, che mentre piangono sanno infondere motivi per sperare! Il loro è uno sguardo consapevole, senza illusioni, eppure al di là del dolore e dei problemi offre una prospettiva più ampia, quella della cura, dell’amore che rigenera speranza».

Da avversità a rinascita

«Questo fanno le madri – ha sintetizzato il Papa -: sanno superare ostacoli e conflitti, sanno infondere pace. Così riescono a trasformare le avversità in opportunità di rinascita e di crescita. Lo fanno perché sanno custodire, sanno tenere insieme i fili della vita». Come fa Maria, che «custodisce meditando», cioè «mette a confronto esperienze diverse, trovando i fili nascosti che le legano». «Nel suo cuore, nella sua preghiera – ha osservato Francesco – compie questa operazione straordinaria: lega le cose belle e quelle brutte; non le tiene separate, ma le unisce. Per questo Maria è la madre della cattolicità: è “cattolica”, perché unisce, non separa. E così afferra il senso pieno, la prospettiva di Dio».

Lo scandalo della mangiatoia

«Gesù ci tocca il cuore nascendo piccolo e povero – ha esordito il Papa -. E la sua povertà è una bella notizia per tutti, specialmente per chi è ai margini, per i rifiutati, per chi al mondo non conta». «Dio viene lì: nessuna corsia preferenziale, nemmeno una culla! – ha esclamato Francesco -. Ecco la bellezza di vederlo adagiato in una mangiatoia». Ma per Maria, la Madre di Dio, non è stato così: «Lei ha dovuto sostenere lo scandalo della mangiatoia. Che cosa c’è di più duro per una madre che vedere il proprio figlio soffrire la miseria? C’è da sentirsi sconfortati. Non si potrebbe rimproverare Maria se si fosse lamentata di tutta quella inattesa desolazione – ha commentato Francesco -. Ma lei non si perde d’animo. Non si sfoga, ma sta in silenzio. Sceglie una parte diversa rispetto alla lamentela: “Maria, da parte sua, – dice il Vangelo – custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”. È un modo di fare diverso da quello dei pastori e della gente. Loro raccontano a tutti ciò che hanno visto: l’angelo apparso nel cuore della notte, le sue parole intorno al Bambino. E la gente, all’udire queste cose, è presa da stupore: parole e meraviglia. Maria, invece, appare pensosa. Custodisce e medita nel cuore».

«Sono due atteggiamenti diversi che possiamo riscontrare anche in noi – ha osservato Francesco -. Il racconto e lo stupore dei pastori ricorda la condizione degli inizi nella fede. Lì è tutto facile e lineare, si è rallegrati dalla novità di Dio che entra nella vita, portando in ogni aspetto un clima di meraviglia. Mentre l’atteggiamento meditante di Maria è l’espressione di una fede matura, adulta. Di una fede che non è appena nata, ma è diventata generativa. Perché la fecondità spirituale passa attraverso la prova. Dalla quiete di Nazaret e dalle trionfanti promesse ricevute dall’angelo Maria si trova ora nella buia stalla di Betlemme. Ma è lì che dona Dio al mondo. E mentre altri, di fronte allo scandalo della mangiatoia, sarebbero stati presi dallo sconforto, lei no: custodisce meditando». Maria, in altre parole, «non seleziona, ma custodisce. Accoglie, non tenta di camuffare, di truccare la vita».

Le attese e la realtà

«Anche a noi capita di dover sostenere certi scandali della mangiatoia – ha spiegato il Papa -. Ci auguriamo che tutto vada bene e poi arriva, come un fulmine a ciel sereno, un problema inaspettato. E si crea un urto doloroso tra le attese e la realtà. Capita anche nella fede, quando la gioia del Vangelo viene messa alla prova da una situazione dura in cui ci si trova a camminare. Ma oggi la Madre di Dio ci insegna a trarre beneficio da questo urto – l’invito -. Ci mostra che è necessario, che è la via stretta per arrivare alla meta, la croce senza la quale non si risorge. È come un parto doloroso, che dà vita a una fede più matura».

Ma come compiere questo passaggio, come superare l’urto tra l’ideale e il reale? «Facendo come Maria: custodendo e meditando», la risposta. Maria, infatti, «non respinge ciò che accade. Conserva nel cuore ogni cosa, le cose belle, ma anche le cose difficili da accettare».