Anche quest’anno la giornata di Pasqua si è trasformata in un momento intenso di condivisione e calore umano per le persone accolte da Opera Cardinal Ferrari. In occasione del Grande Pranzo di Pasqua, l’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, ha portato il suo saluto e la sua vicinanza a circa 240 persone che vivono in condizioni di fragilità e solitudine, confermando con la sua consueta presenza quanto sia importante una comunità che si fa prossimità e accoglienza.

Nel centro diurno di via Boeri, i volontari dell’Opera hanno accolto gli ospiti con il consueto spirito di servizio, offrendo un pranzo curato nei minimi dettagli, reso possibile grazie al prezioso sostegno di Lidl Italia, partner storico della realtà milanese. Il menù ha celebrato la tradizione con sapori genuini: antipasto con affettati, uova sode, formaggi e insalata russa, ravioli di magro con crema di ricotta e peperoni, fettine di vitello con funghi e patate al forno, per concludere con colomba al cioccolato e caffè.
I numeri parlano chiaro: nel corso dell’ultimo anno Opera Cardinal Ferrari ha registrato un significativo aumento degli accessi, segno di un bisogno crescente. Sono stati 67.487 gli ingressi al centro diurno (+9.997 rispetto al 2023), 65.275 quelli in mensa, 38.250 a colazione e 11.557 le docce erogate. Dal solo inizio anno, si contano 443 nuovi accessi, di cui 331 uomini e 112 donne, soprattutto nella fascia d’età tra i 51 e i 66 anni.
E come ogni anno, l’Opera ha scelto di celebrare la Pasqua con chi ha meno, ma vale di più. Chi frequenta il centro non lo considera un semplice luogo di assistenza, ma una vera casa, dove è accolto, ascoltato, accompagnato ogni giorno da educatori, assistenti sociali e operatori.

Come racconta Carmelo Petralia, educatore professionale dal 1990 e parte dell’Opera dal 2003: «Conosco i volti e le storie dei nostri 300 Carissimi, ma ogni giorno è come se fosse la prima volta. Serve sempre un tocco di umanità in più, oltre alla professionalità, per entrare in contatto autentico con chi vive in una condizione di esclusione».
Tra gli ospiti anche Marco, classe 1969, abruzzese, che oggi dorme in un sacco a pelo a San Babila. Da poco ha iniziato a frequentare l’Opera, dove si sente accolto e rispettato. La sua è una storia di tentativi e ripartenze, come quello nell’ambito della pasticceria, ma anche di fragilità e desiderio di riscatto. Ama il mare, i laghi e le barche. Ha scelto di partecipare al progetto LIBERORTO, l’orto urbano solidale dell’Opera: un luogo di coltivazione, ma anche di rinascita e comunità, dove chi è ai margini può riscoprire sé stesso e la dignità del lavoro condiviso.





