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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Milano

«Martini, maestro di sinodalità»

Il pensiero del Cardinale quale contributo al cammino in atto per costruire un nuovo volto di Chiesa al centro dell'incontro svoltosi presso la Biblioteca Ambrosiana

di Annamaria Braccini

16 Febbraio 2023

Si può sciogliere il cuore, volare alto e insieme, ascoltandosi in un Chiesa leggera, non appesantita da tante sovrastrutture? Sì, come indica oggi il Cammino sinodale della Chiesa universale e come compresero, già decenni fa, uomini profetici quali il cardinale Martini. La presentazione del libro Sciogliere il cuore. Per essere Chiesa secondo il Vangelo – che raccoglie, in oltre 200 pagine, scritti anche inediti del grande Arcivescovo di Milano (Centro Ambrosiano) – è stato questo: un’analisi che ha intrecciato passato e presente nel nome della sinodalità e della lezione martiniana.

Diverse le voci alternatesi nella serata presso la Biblioteca Ambrosiana, nel giorno del compleanno di Martini, nato il 15 febbraio 1927, con la moderazione di Elisabetta Soglio, giornalista e direttrice del supplemento «Buone Notizie» del Corriere della Sera.

Convegno Martini
Il tavolo dei relatori

La missione della Fondazione Martini

«La pubblicazione di questo libro si iscrive nella missione della Fondazione Carlo Maria Martini, che è raccogliere gli scritti editi e inediti che padre Martini – come voleva essere chiamato dopo aver lasciato Milano – ci ha lasciato in eredità, assumendone consapevolmente la grande riserva di sapienza in essi contenuta», ha spiegato padre Carlo Casalone, gesuita, presidente della Fondazione, in apertura dell’incontro.

Dunque, non «un materiale inerte di testi, ma un lasciarsi animare dallo spirito che li attraversa, facendosi coinvolgere nel metodo e nel desiderio martiniani di essere a servizio della Chiesa e della Diocesi ambrosiana. Il passaggio di eredità, in questa logica, è un gesto simbolico, non di consegna materiale», ha concluso Casalone, ricordando la quantità di appunti vergati da Martini su quaderni «che datano fin dal 1946 e che stiamo cercando di riordinare in modo organico per metterli a disposizione di tutti».

Convegno Martini
L’intervento di Paolo Foglizzo

Il metodo del Cardinale  

Un riferimento al metodo subito raccolto da Paolo Foglizzo – coautore della prefazione al saggio insieme a padre Giacomo Costa, vicepresidente della Fondazione e consultore della Segreteria generale del Sinodo -, grande conoscitore dell’opera di Martini e del Sinodo stesso: «Proprio la riflessione sul metodo del Cardinale ci può aiutare, perché ovviamente gli eventi specifici cui lui fa riferimento si allontanano nel tempo e viviamo, per molti versi, in un altro mondo rispetto a quello nel quale sono stati scritti molti di tali testi. Il metodo Martini, indicato nella prefazione, è un approccio alla realtà modellato sulla lectio che finisce per essere l’applicazione principale di quello che è un atteggiamento di fondo: non una tecnica, ma un modo di stare al mondo. Martini non ha paura di rimanere nella domanda, non ha fretta di dare una risposta, ma alla fine arriva sempre la decisione e si muove un’azione che non è occasionale, ma frutto di un percorso profondo ispirato dal suo rapporto con la Scrittura. Qui non è difficile pensare ai tre passaggi, “riconoscere, interpretare, scegliere” di Evangelii gaudium».

Convegno Martini
L’intervento di monsignor Agnesi

Lo stile di Barnaba

Parole cui ha fatto eco il Vicario generale, monsignor Franco Agnesi: «Esiste oggi una stupenda realtà di Chiesa in cammino: questo è il modo con cui io vedo ancora parlante Martini. Penso a quell’“attirerò tutti a me” che ci guida nel nostro sinodo Chiesa dalle Genti: una Chiesa dove non basta “fare per”, ma diventa essenziale “fare con”, essendo insieme. Abbiamo compreso che c’è un nuovo volto di Chiesa e per questo dobbiamo lavorare». Con alcuni punto fermi ed essenziali, secondo monsignor Agnesi, così come sono delineati nel contributo pubblicato nel volume, “Cento parole di comunione per una buona pastorale”, la Lettera alla Diocesi che Martini scrisse a conclusione del settimo anno del suo Episcopato ambrosiano. «Si trattava anche allora di passare da un cristianesimo di convenzione a uno di convinzione. Questa è antropologia di Martini e l’intento pastorale che tutti dovevano accogliere liberamente. Ciascuno cammini secondo il suo carisma, ma senza spostarsi dalle realtà veramente essenziali. Curare questo domandandoci che cosa lo Spirito sta dicendo alla nostra Chiesa e farlo secondo la libertà dell’altro, è lo stile anche del metodo di Barnaba». Ovvio il riferimento alla costituzione dei Gruppi Barnaba nel contesto del percorso sinodale decanale diocesano.

Convegno Martini
L’intervento di monsignor Castellucci

Camminare con Gesù

Ma quale è il modello di questa comunità ecclesiale? Chiarissima la risposta di monsignor Erio Castellucci, vescovo di Modena e vicepresidente della Cei per l’Italia Settentrionale: «Il cardinale Martini dice che il modello è quello dei discepoli intorno a Gesù, come oggi papa Francesco ci spinge a riscoprire. Si tratta di incarnare una Chiesa discepolare – mentre ora siamo più orientati su un modello apostolico – più preoccupata di ascoltare che di parlare. L’ascolto, l’interpretazione e la decisione devono ispirare il nostro cammino di Chiesa, come testimonia il Sinodo universale con i suoi 2 anni di ascolto, il periodo di approfondimento sapienziale e il momento in forma assembleare che prenderà delle decisioni. Il cardinale Martini, 30-40 anni fa, aveva intuito, con espressioni che sembrano scritte oggi per il nostro cammino sinodale, questo andamento che porta frutto».

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«La Chiesa pare perdere terreno, come dimostrano tutti gli indicatori in calo nella Chiesa italiana, ma forse ci deve preoccupare un altro tipo di rilevanza: la profondità e non i numeri o l’estensione della Chiesa». Solo così, suggerisce monsignor Castellucci, è ancora «possibile ed entusiasmante evangelizzare, se riusciamo a smantellare un’immagine di Chiesa pesante e giudicante.  È necessario rimettere al centro il rapporto personale perché il pulpito ormai funziona poco. I giovani dobbiamo riprenderceli uno a uno, come mi ha detto un educatore della mia Diocesi, togliendo gli ostacoli che impediscono loro di parlare liberamente.  Gesù fa una scuola che non ha mura e non dice ai discepoli “vieni e siediti”, ma “vieni e seguimi”. Ho sempre avuto l’impressione che il cardinale Martini si mettesse non al posto di Gesù, ma tra i discepoli per imparare e camminare con lui».

Convegno Martini
L’intervento di Giuseppina De Simone

Il cammino sinodale di oggi

Sul significato, appunto, di un cammino alla sequela, si sofferma Giuseppina De Simone, componente del Gruppo di Coordinamento nazionale del Cammino sinodale, reduce dall’incontro con tutte le rappresentanze europee, svoltosi a Praga: «Leggere le pagine di Martini è stata un’occasione di crescita spirituale per il patrimonio di fede che vi traspare. Ciò che ci viene chiesto oggi è di capire che la Chiesa è di tutti e per tutti, perché è tra la gente. Il Sinodo vuole risvegliare la speranza, l’entusiasmo, il senso di appartenenza, per l’opera di Dio che continua nella storia», sottolinea De Simone, che evidenzia il ruolo dei referenti dl Sinodo presenti in tutte le Diocesi italiane, attorno ai quali si è formata, poi, «un’équipe non secondo la logica di una rappresentanza formale, ma a immagine del popolo di Dio. Così si è ritrovato il gusto di camminare insieme a livello nazionale, in alcuni casi anche con coordinamenti regionali».

Convegno Martini
Il pubblico presente

Senza dimenticare, naturalmente, il cammino in atto nella Chiesa universale «attraverso un procedere di circolarità aperta, per cui l’ascolto del popolo di Dio iniziale non è un procedimento “a imbuto”, con una decisione comunque presa da pochi, ma il coinvolgimento continuo e capillare di molti, come si sta vivendo con l’attuale fase delle assemblee continentali. Siamo una Chiesa che riscopre la bellezza dell’ascolto e questo significa lasciarsi condurre dalla Parola. Le sfide del cammino sinodale sono, allora, vincere la rassegnazione – il “tanto nulla cambia” che si sente tanto spesso – e superare il funzionalismo, che si muove unicamente per la ricerca di soluzioni possibili ai problemi. Occorre la pazienza che è essenziale per ogni forma di cambiamento recuperando uno sguardo di insieme, globale e non settoriale, che vada all’essenziale, incrociando sguardi e storie diverse. Non dobbiamo avere paura del cambiamento in una Chiesa che si riconosce semper reformanda e alla sequela».

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