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Intervista

Malvestiti: «Consulta regionale, un contributo alla integrazione tra le religioni in Lombardia»

Il Vescovo di Lodi, delegato in materia dalla Conferenza episcopale lombarda, commenta l’istituzione del nuovo organismo: «Il vero traguardo da raggiungere è la reciproca frequentazione ordinaria»

di Annamaria BRACCINI

28 Marzo 2024
Monsignor Maurizio Malvestiti

«Tutti i Vescovi lombardi, come delegati della Conferenza episcopale della Regione ecclesiastica, sono incaricati di uno specifico settore pastorale. Per parte mia, fin dall’arrivo a Lodi nel 2014 quale Vescovo, sono stato assegnato al settore dell’Ecumenismo e al Dialogo interreligioso e ne guido la commissione a motivo della mia precedente collaborazione ultraventennale con il Dicastero per le Chiese orientali della Santa Sede. Devo aggiungere che, in questo decennio, sono stato e sono attualmente membro della commissione Cei per gli stessi settori: al presente sono segretario nazionale, il presidente è il Vescovo di Pinerolo Derio Olivero. A livello regionale seguo una ulteriore commissione per le nuove formazioni religiose». Monsignor Maurizio Malvestiti, vescovo di Lodi, spiega così il suo ruolo all’interno della Cel, relativo appunto al dialogo ecumenico e interreligioso, e nella Conferenza Episcopale Italiana.

Come si articola il rapporto tra la Commissione Ecumenismo e Dialogo e il nuovo Tavolo (o Consulta) varato da Regione Lombardia? 
D’intesa con i referenti diocesani, segnaliamo un coordinatore regionale che viene poi nominato dai Vescovi lombardi. Attualmente è il sacerdote bresciano don Claudio Zanardini. Ma a lungo è stato coordinatore per questa commissione il diacono permanente ambrosiano Roberto Pagani, che è ancora il referente diocesano. In seno a questa commissione, monsignor Luca Bressan è stato chiamato dai Vescovi lombardi, insieme a don Federico Celini della diocesi di Cremona, quale componente del Tavolo di collaborazione regionale a livello interreligioso. È un’iniziativa che noi auspichiamo possa portare frutti e, avviandosi un’effettiva collaborazione vòlta soprattutto a operare la possibile integrazione sul territorio, delle diverse presenze religiose considerandole una risorsa, quale effettivamente sono, e non un problema come alcuni si ostinano a sostenere. Mi piace ricordare un’espressione molto bella del Concilio: «La diversità non nuoce mai all’unità. La coltiva e la esalta per il bene di tutti».

Il Dicastero per le Chiese orientali si occupa di quelle cattoliche?
Sì, questa è l’attenzione specifica, ma è chiaro che il contesto nel quale operano diverse confessioni cristiane e diverse religioni porta ad ampliare lo sguardo e ne fa un laboratorio molto significativo di ciò che stiamo sempre di più diventando anche noi: una società pluralista. Negli innumerevoli viaggi che ho avuto l’opportunità di compiere durante questo ventennio di collaborazione con il Dicastero, le visite alle comunità cattoliche delle varie Chiese orientali sono sempre state integrate con incontri sia ecumenici, sia interreligiosi. È possibile un dialogo costruttivo, così come ho potuto constatare durante alcuni Sinodi dei Valdesi e dei Metodisti, quale rappresentante dei Vescovi italiani. Penso sia questo il vero traguardo da raggiungere: la reciproca frequentazione ordinaria. Vi sono basi teologiche diverse che non consentono sempre un incontro, ma, guardando alla vita che tutti conduciamo e al bene comune al quale tendiamo, possiamo effettivamente lavorare insieme, migliorando la condizione di tutti.

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