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Anniversario

L’eredità di Migliavacca per rilanciare oggi la musica sacra

La figura e l'opera del sacerdote e musicista, già maestro di Cappella del Duomo di Milano, ricordate in una giornata di studio a dieci anni dalla sua scomparsa

di Annamaria BRACCINI

23 Ottobre 2023
Monsignor Luciano Migliavacca

«Luciano Migliavacca, una continua ricerca della forma». È stato questo il titolo del convegno che, presso la Biblioteca Umanistica della chiesa di Santa Maria Incoronata, dove ha sede il Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra, ha ricordato e onorato questo illustre maestro di Cappella del Duomo di Milano a dieci anni esatti dalla sua scomparsa.

Migliavacca, classe 1919, presbitero ambrosiano poliedrico e di profonda cultura, ha segnato indelebilmente il panorama musicale diocesano e italiano. Laureato in Lettere antiche all’Università Cattolica di Milano, si perfezionò in composizione a Roma e dal 1957 per i successivi 41 anni diresse la Cappella musicale del Duomo di Milano e, parallelamente, la Scuola dei fanciulli cantori “Franchino Gaffurio”, insegnando inoltre al Piams e ricoprendo diversi incarichi legati alla realtà liturgico-musicale della Chiesa italiana.

L’assise patrocinata dalla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, dall’Università Cattolica e dall’Associazione Italiana di Santa Cecilia, ha così ripercorso, con un taglio scientifico, gli aspetti storici e musicali del maestro, «confrontando la sua prolifica produzione con l’estetica musicale del Novecento e considerando l’eredità lasciataci come rilancio per la trasmissione della musica sacra contemporanea».

Molte le voci, di assoluto rilievo, chiamate a ricordare monsignor Migliavacca nella giornata dell’anniversario, conclusasi con un concerto delle composizioni del maestro presso la chiesa di Sant’Antonio da Padova a cura del Coro da Camera di Varese diretto da Gabriele Conti.

Il messaggio dell’Arcivescovo

In apertura il preside del Piams, don Riccardo Dell’Acqua – presenti i membri del Comitato scientifico e molti docenti e allievi dell’Istituto -, ha dato lettura del messaggio con cui l’Arcivescovo, rammaricato per non poter intervenire (essendo a Roma come Padre sinodale), ha comunque sottolineato «l’espressione della mia riconoscenza per la dedizione di don Luciano al servizio della Cappella Musicale del Duomo, dedizione prolungata nel tempo, incisiva nel panorama della Musica Sacra del suo tempo, attenta alla logica celebrativa, inquieta nella ricerca di forme espressive e nell’attenzione a offrire un contributo alla preghiera dell’assemblea. Don Luciano è stato attento, paziente e affettuoso educatore di tutta la cappella e in particolare dei più giovani. Esprimo l’auspicio che il confronto tra gli studiosi e l’impegno del Piams, insieme con l’impegno dell’Ufficio di Pastorale liturgica della Diocesi, consenta di raccogliere l’eredità di monsignor Migliavacca, di procedere oltre, di trovare le vie per incidere nella prassi musicale e liturgica delle comunità della Diocesi, che soffre vistosamente di scelte arbitrarie e di percorsi paralleli».

Don Luigi Garbini e don Norberto Valli

I contributi scientifici

Con la moderazione di don Norberto Valli, membro del Comitato scientifico, liturgista e docente in Seminario, la mattinata è stata avviata da don Luigi Garbini, storico della musica, dal 1999 direttore del Laboratorio di musica contemporanea al servizio della Liturgia (LmcsL): «Il lascito di monsignor Luciano Migliavacca resta condizionato da alcuni fattori connessi con il consumo dei prodotti religiosi, da cui la musica per il culto non è esente». Analizzando le dinamiche di questa particolare domanda e offerta, «cioè dei beni necessari e di quelli disponibili nel contesto liturgico-musicale», Garbini ha mostrato come «la singolarità della produzione di Migliavacca risieda nella critica della forma, operazione che, di fronte agli esiti della secolarizzazione, si vota a un’ineluttabile scomparsa. L’esempio della sua persona, umano e artistico, permette comunque di affrontare, in dialogo e con quella sintesi e rigore formale che lui era capace di fare, anche la musica contemporanea».

Parole cui ha fatto eco monsignor Massimo Palombella, attuale Maestro della Cappella musicale del Duomo e già direttore della Cappella Sistina, che ha evidenziato il rapporto del maestro scomparso con l’estetica del Novecento.   

Monsignor Massimo Palombella

Il rapporto con il ’900 e il Concilio

Partendo da una sintetica disamina delle linee che caratterizzano l’estetica musicale del XX secolo e la situazione ecclesiale – con riferimento specifico all’Italia -, monsignor Palombella ha approfondito la figura di Migliavacca (da lui incontrato una sola volta a Roma) «circa la sua cifra estetica, il suo essere in dialogo con la cultura e il suo contributo ecclesiale».

«Nel maestro Migliavacca vedo una linea tardo wagneriana con una marcata vena descrittiva – ha proseguito Palombella -. Pare di poter dire che, guardando la sua musica, si nota un’assoluta armonia e una ricerca del linguaggio, come questione vitale. In lui troviamo un’assoluta attenzione alle fonti, pensiamo alla sua edizione interessantissima della Messa di Palestrina, uscendo dai canoni tardo romantici. La sua fu una Cappella musicale capace di studiare e non solo di cantare, sapendo esprimersi ad alti livelli, tanto che incise un cd di Canto gregoriano, e allora, la Cappella Sistina non avrebbe potuto farlo. Cosa farebbe oggi Migliavacca? Dialogherebbe con la cultura internazionale e cercherebbe di uscire da una visione romantica, da uomo intelligente come era, andando oltre ogni dilettantismo ed emulazione».

A monsignor Gianluigi Rusconi, già Maestro di Cappella del Duomo anch’egli, il compito di analizzare il tema «Don Luciano Migliavacca e gli anni del Concilio». Dopo aver raccontato, sul filo dei ricordi personali, gli anni immediatamente preconciliari e poi conciliari caratterizzati da desideri di cambiamento, Rusconi ha delineato tale desiderio attraverso l’azione di tanti musicisti: «Alla ricerca di una nuova “forma” di celebrazione liturgica si è affiancata la ricerca di una nuova “forma” di musica sacra, ambito nel quale un risultato veramente innovativo, chiaro e autorevole è quello proposto dalla genialità di don Luciano Migliavacca». Tre i filoni di tale novità: «Il testo, alto e insieme comprensibile; la melodia inusuale e innovativa, improntata al Canto gegoriano e ambrosiano; l’armonizzazione leggera, tersa, atta a mettere in rilievo il testo, e libera da vincoli scolastici».  

A sinistra monsignor Claudio Magnoli, a destra don Riccardo Dell’Acqua

Migliavacca, un magister

Nel pomeriggio, moderato dal liturgista monsignor Claudio Magnoli, ancora relazioni, tra cui quella di don Claudio Burgio, dal 2007 al 2021 maestro di Cappella ed ex-alunno e allievo di monsignor Migliavacca: «Migliavacca incarna la figura del magister: ispirato dalla figura del sacerdote lodigiano Franchino Gaffurio (1451-1522) – il primo maestro della Cappella musicale del Duomo a organizzare una Schola puerorum – don Luciano fu educatore che mirava allo sviluppo integrale del piccolo cantore. Nel solco della tradizione gaffuriana, don Luciano ha educato generazioni di pueri alla fede cristiana attraverso l’insegnamento della musica e della cultura umanistica. Contro il rischio, già individuato da Romano Guardini e dal Movimento Liturgico, di un cristianesimo ridotto a dottrina e a morale, don Luciano individuò il connubio tra musica e fede, tra arte e teologia come decisivo in ordine all’educazione dei ragazzi a lui affidati. La via della bellezza ha ispirato il “metodo pedagogico” di Migliavacca, non per un puro gusto estetico fine a se stesso, ma per condurre i suoi pueri alla ricerca della verità nella bellezza. Alieno da metodi educativi infantilizzanti, mirò allo sviluppo integrale dei suoi allievi, interpellati con genialità educativa alla scoperta della propria irripetibile e originale vocazione. Se dovessi riassumere sinteticamente qual è il lascito educativo di don Luciano – ha concluso Burgio – indicherei due peculiari contributi ancora validi: la musica e l’arte come educazione alla fede e la cura dell’educazione alla dimensione corale della vita».  

Infine, dopo monsignor Tarcisio Cola – presbitero della diocesi di Vicenza, dal 2004 presidente dell’Associazione Italiana Santa Cecilia che ha delineato il rapporto tra il maestro e l’Associazione -, Maddalena Peschiera, dal 2015 responsabile dell’Archivio della Veneranda Fabbrica, ha ricordato come «il suo lascito musicale, conservato presso l’Archivio,  attraverso le sue musiche, ancora attenda un completo riordinamento e una dettagliata inventariazione, raccontando al contempo la continuità con una tradizione secolare, che egli stesso si impegnò a far conoscere con numerose pubblicazioni, e l’irrompere della novità conciliare tra le volte del Duomo».