«Senza dubbio ripensare il modello capitalistico, con la sua espansione di grandi profitti per alcuni e di disequità enormi per molti altri, fa parte dell’insegnamento della Chiesa. Finché tutto andava bene, dire che il profitto non è il solo obiettivo sembrava una favola, ma ora il problema tragico dell’inequità indica che questo modello capitalistico è insostenibile, immorale, e finirà per danneggiare anche il sistema economico». A dirlo è l’Arcivescovo, a conclusione dell’incontro tra diversi esponenti del mondo del lavoro di Monza-Brianza, svoltosi sulla piattaforma Zoom e inserito tra gli eventi della Visita pastorale nel Decanato. Promosso dall’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti della zona, ma con la partecipazione anche di altre sezioni Ucid, l’evento si articola in tre momenti: dalle testimonianze allo sguardo rivolto al futuro, fino alla riflessione affidata all’Arcivescovo che, in quarantena, ringrazia per i tanti messaggi giuntigli e scherzosamente osserva: «Sto bene, non ho avuto sintomi, ma come forma di cautela, per me e per gli altri, sono in isolamento. Mi ammalerò di public relations più che per il virus».
Le testimonianze degli imprenditori
Inizia Aldo Fumagalli, presidente di Ucid Monza Brianza e imprenditore nel comparto degli elettrodomestici, partner di un leader mondiale del settore, che delinea il quadro della situazione tra ombre (inevitabili), ma anche molte, inattese, luci: «Abbiamo molte startup soprattutto lombarde – a chilometri zero -, e come investitore vedo un entusiasmo incredibile in questa contingenza. La certezza è che si genera valore solo con più prodotti e sempre più forti. Pensiamo all’evoluzione dell’impatto del mondo tecnologico, stiamo investendo sui computer quantici e tra qualche mese gli utenti faranno girare i loro dati su piattaforme finora inimmaginabili. Il Covid su questo non ha inciso più di tanto».
Andrea dell’Orto, presidente di Assolombarda-Monza, aggiunge: «Non si può negare che stiamo vivendo una crisi senza precedenti, anche peggiore di quella del 2008, basti pensare che, nei primi 6 mesi dell’anno, su 634 mln di euro di export, quasi tutti i settori hanno perso il 20%. Tuttavia, la farmaceutica ha registrato un +15% e anche l’informatica è andata bene. In agosto eravamo tornati ai livelli pro-pandemia. Eravamo preparati a vedere la luce, come dicono i dati della mobilità che, finora, erano stati addirittura superiori a prima del lockdown di febbraio. Le aziende di Monza e Brianza hanno un ruolo importante anche dal punto di vista sociale, mettendo in sicurezza i luoghi di lavoro, e hanno anticipato in molti casi la Cassa integrazione», sottolinea Dell’Orto (con il padre e i fratelli alla guida di una impresa di 600 dipendenti, dalla forte esposizione internazionale), raccontando che il padre, come regalo per i suoi 80 anni, ha chiesto di donare 400 euro a ogni dipendente. «Per noi l’azienda è una famiglia e testimonia la resilienza delle imprese brianzole: penso che sia un unicum in tutto il sistema nazionale».
Mentre in Zoom sono collegate oltre un centinaio di persone, tra cui esponenti politici locali, prende poi la parola Francesco Mattavelli, piccolo imprenditore: «Siamo capaci di essere persone vere con le tante realtà vere che abbiamo alle spalle, perché i nostri avi ci hanno insegnato una familiarità che, portata nel mondo dell’imprenditoria, è un valore aggiunto. Crescere l’impresa, ancora oggi, per noi significa allargare la famiglia. Una delle nostre qualità è non accettare compromessi, come facciamo noi aziende di Confartigianato. Il Covid ora è una guerra, però abbiamo visto tante nostre piccole aziende che si sono trasformate per restare aperte, facendo rete laddove da soli non saremmo riusciti a sopravvivere. Stiamo combattendo: noi artigiani usiamo le mani, ma ci stiamo reinventando. Il nostro compito maggiore è stimolare chi si sta lasciando andare».
Infine Aldo Fumagalli Romario, presidente e Ad di SOL, erede di una grande tradizione imprenditoriale cattolica brianzola: «Diamo ossigeno, azoto, vendiamo aria, portiamo a casa di 500.000 persone supporti per la respirazione assistita. Dal giorno dopo il lockdown abbiamo dovuto mettere in condizione di lavorare da casa 250 dipendenti. Non abbiamo fatto nemmeno un giorno di Cassa integrazione».
Solidarietà (anche un ospedale donato a Civitanova Marche), capacità di rispondere all’emergenza, per esempio nelle raddoppiate terapie intensive, velocizzazione dei tempi nei rapporti con l’Amministrazione pubblica: questi i fattori vincenti. La sostenibilità delle imprese rende un tessuto di società più forte. Questa è una nuova consapevolezza».
Sabino Illuzzi, membro del Consiglio Pastorale Diocesano e incaricato per la Pastorale del Sociale e del Lavoro di Zona V, spiega: «Vogliamo mettere a fattore comune le esperienze maturate, individuando insieme delle iniziative, in un’ottica di alleanza concreta e virtuosa con i soggetti del territorio, anche per creare nuovo lavoro».
L’intervento dell’Arcivescovo
Di gratitudine e ammirazione per il bene che il mondo dell’imprenditoria fa alla comunità – sostenendo le famiglie, creando risorse, rendendo più bello il territorio, con la consapevolezza della responsabilità sociale -, parla l’Arcivescovo. «Noi abbiamo il dovere di mettere a frutto i talenti. L’umanesimo cristiano si fonda su due capitoli fondamentali: la vocazione – non si vive per fare carriera, ma per portare a termine una missione – e il trafficare i talenti.
Ma quali sono i talenti specifici dell’attività produttiva brianzola? «Il primo è l’onesta, facendo le cose giuste ed evitando quelle sbagliate. Il profitto non è il criterio che può giustificare ogni cosa: in certi casi, bisogna crescere e, in altri, ridimensionarsi perché c’è sempre il rischio che l’avidità induca all’ingiustizia e riduca l’onestà. Quell’onestà, un talento che abbiamo ricevuto, che non è un patrimonio facilmente riconoscibile in altre parti del mondo, pensiamo alla corruzione in Africa.
Un secondo talento è la capacità lavorare che non è solo questione di tempi, ma è «la laboriosità da vivere con competenza. L’unica merce che non ha mercato è la mediocrità. Mettete a tema l’eccellenza come frutto della capacità di lavoro, di sacrificio, di studio, di valorizzazione delle nuove acquisizioni della scienza e della tecnica».
Infine, «l’associarsi, il fare rete, creando un tessuto di alleanze, forme di condivisione e luoghi di scambio di esperienze. Nella complessità del mondo in cui viviamo rende illusorio che uno possa farcela da solo».
Da ultimo la consegna: «Il patrimonio che abbiamo ricevuto, le responsabilità che abbiamo, la vocazione che dobbiamo realizzare, non sono una favola e bisogna impegnarsi, lottare contro il male. Papa Francesco lo sottolinea con molta chiarezza, perché questa nostra situazione ha molti nemici. Dobbiamo reagire con forza e lucidità alle pressioni che, magari, si ricevono da grandi capitali stranieri che sono interessati a una loro logica di profitto che noi non possiamo condividere».