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21 gennaio

«La prima libertà», al Museo diocesano detenuti in scena

Reading sull'esperienza spirituale in carcere e presentazione dei risultati di un percorso triennale dedicato al pluralismo religioso in 9 istituti penitenziari lombardi. Mercoledì 22 un servizio e le immagini

21 Gennaio 2020

Martedì 21 gennaio, alle 18, al Museo diocesano “Carlo Maria Martini”, 20 detenuti provenienti da 9 carceri della Lombardia porteranno in scena il reading La prima libertà. Vivere la religione in carcere. Il testo, presentato in una precedente versione due anni fa, è ricavato dagli appunti e le note che gli stessi reclusi, appartenenti a differenti confessioni, hanno elaborato dopo la lettura di un antico poema persiano Simurgh, la conferenza degli uccelli.

Diversamente dal precedente allestimento, in questa nuova edizione i protagonisti assoluti saranno proprio i carcerati. Lo spettacolo darà voce alla loro personale reinterpretazione del racconto poetico compiuta al termine di un lungo percorso incentrato su un’apparente contradizione: vivere la libertà religiosa in un luogo che si fonda sulla limitazione della libertà.

«In realtà – osserva Ileana Montagnini, responsabile dell’area Carcere di Caritas Ambrosiana – proprio in carcere c’è chi si avvicina alla fede, chi la riscopre e anche chi la rivendica come limite invalicabile. Questi differenti atteggiamenti possono avere esiti molti diversi. Per lo più il percorso spirituale che si compie dietro le sbarre è espressione di una più generale presa di coscienza individuale dei propri limiti ed errori e quindi favorisce il processo riabilitativo. Altre volte, se questo cammino non è accompagnato, può diventare problematico in un contesto multi-religioso come è la realtà carceraria di oggi».

Il reading è la conclusione di un progetto triennale dedicato proprio alla gestione del pluralismo religioso nella carceri lombarde. Il corso ha coinvolto detenuti, agenti di polizia penitenziaria, insegnanti, cappellani e volontari dei 9 penitenziari inseriti nella sperimentazione unica in Italia, durante la quale il tema è stato affrontato sotto il profilo antropologico, sociologico-giuridico, etico-formativo, grazie agli interventi di esperti come il professore Paolo Branca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, i professori Silvio Ferrari e Daniela Milani dell’Università degli Studi di Milano ed esponenti di diverse tradizioni religiose: Hamid Roberto Distefano della Comunità Religiosa Islamica Italiana, monsignor Luca Bressan, vicario episcopale della Diocesi di Milano, e monsignor Pier Francesco Fumagalli, vice prefetto della Veneranda Biblioteca Ambrosiana, il rabbino Davide Sciunnach della Comunità Ebraica di Milano.

«Attraverso questi incontri si è favorita una migliore conoscenza delle tradizioni religiose e culturali presenti negli istituti di pena del distretto lombardo, fornendo al personale carcerario strumenti per comprendere meglio la diversità delle culture e delle religioni, evitare il crearsi di resistenze o forme di pregiudizio e contrastare i fenomeni di radicalizzazione e di proselitismo aggressivo. In questo contesto sono state anche affrontate tematiche concrete e specifiche che incidono in maniera rilevante sulla vita dei detenuti quali l’alimentazione, la preghiera, i rapporti con la famiglia», spiega la professoressa Daniela Milani, coordinatrice del progetto, che illustrerà i risultati insieme a Giovanna Longo, responsabile dell’ufficio detenuti del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria della Lombardia.

Gualzetti: «Riconoscere la libertà di culto ai detenuti previene fenomeni di radicalizzazione»

«Oggi quasi la metà dei detenuti nei penitenziari italiani professa altre fedi. Riconoscere effettivamente la libertà di culto ai carcerati, prevista per altro dal nostro ordinamento per legge già dal 1975, significa prendere atto della realtà e quindi evitare degenerazioni, come i fenomeni di radicalizzazione, pericolosi all’interno e fuori, nella società civile, al termine delle misure restrittive. Ci auguriamo che progetti come questo spingano le istituzioni pubbliche a fare i passi necessari per la piena attuazione delle norme», osserva Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana.

Dopo il reading, introdotto da monsignor Luca Bressan, i detenuti della Casa Circondariale di Monza si esibiranno in una performance di percussioni dal titolo “I ritmi dal mondo”.

Il progetto Simurgh, cofinanziato dalla Fondazione Cariplo, è stato promosso dall’Università degli Studi di Milano, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Provveditorato regionale della Lombardia, dalla Comunità Ebraica di Milano, dalla Comunità Religiosa Islamica Italiana (Coreis) dalla Diocesi di Milano, dalla Caritas Ambrosiana e dalla Veneranda Biblioteca Ambrosiana, dall’Istituto di Studi di Buddismo Tibetano di Milano Ghe Pel Ling.

I laboratori formativi si sono svolti negli istituti penitenziari di Milano (il carcere di San Vittore), Pavia e Brescia (nel 2017), Como, Cremona, Vigevano (nel 2018), Opera, Monza, Bergamo (nel 2019).