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Africa

La gratitudine del Camerun alla Chiesa ambrosiana

Dal 27 dicembre al 5 gennaio la visita dell’Arcivescovo ai «fidei donum» ambrosiani e ad alcune realtà missionarie presenti da tempo

di Luisa Bove

27 Dicembre 2022

Nella giornata di oggi l’arcivescovo Mario Delpini insieme a don Maurizio Zago arriverà in Camerun per una visita ai fidei donum ambrosiani e ad alcune realtà missionarie presenti da anni (leggi qui la presentazione del viaggio). Per la Diocesi di Garoua, in particolare, la visita sarà l’occasione per esprimere stima reciproca, ma anche gratitudine per la Chiesa ambrosiana.

La storia

Il primo missionario è partito nel 1987, quando l’arcivescovo Martini, sapendo che il Coe (Centro orientamento educativo) di Barzio era già presente da anni, ha risposto con favore alla richiesta di monsignor Christian Tumi. Da allora si sono susseguiti una ventina di preti (esclusi gli attuali), quattro laici e famiglie fidei donum, senza contare i 18 volontari del Coe e le missionarie laiche della Ong Camtome. «Tutti hanno contribuito a realizzare la storia della collaborazione tra le due Diocesi – dice don Paolo Mandelli, parroco a Djalingo dal 2016 – e siamo commossi di ritrovare nella memoria dei fedeli il loro vivo ricordo».

Il territorio

L’Arcivescovo di Milano visiterà due parrocchie molto diverse, seppure distanti tra loro solo 25 chilometri: St. Benoit a Djalingo che sorge in una zona rurale e comprende 45 villaggi in 10 settori, con un’estensione di 50 chilometri per 35; St. Jean-Marie a Ngalbidje, alla periferia della città. «La domenica andiamo nei settori dove le diverse comunità si radunano per partecipare alla Messa – racconta don Claudio Mainini, vicario di don Paolo -, quando non ci siamo noi la preghiera è gestita da un catechista o da un responsabile; durante la settimana cerchiamo di recarci nei villaggi».

Il territorio della parrocchia di Djalingo conta 80 mila persone di cui 6 mila battezzate, ma la popolazione comprende musulmani, cattolici e protestanti. La gente vive di agricoltura familiare, mentre un’etnia si dedica all’allevamento dei buoi. Almeno il 60-70% dei ragazzi frequenta la scuola, compresa quella cattolica (primaria) di proprietà della parrocchia, ma gestita dall’ufficio diocesano di Garoua che gestisce anche il personale.

La comunità

È una parrocchia molto vivace: oltre alla catechesi ci sono molti gruppi parrocchiali di Azione cattolica, il movimento dei ragazzi (tra l’Acr e piccoli missionari), le donne della San Vincenzo, studenti cattolici, chierichetti, la Misericordia divina, i lettori, ognuno svolge il proprio servizio e segue la propria spiritualità.

La comunità è in crescita, con battesimi soprattutto di giovani e adulti, ma al termine del cammino ricevono anche la Comunione; per la Cresima, invece, bisogna aspettare la presenza di un vescovo.

«In parrocchia – aggiunge don Paolo – risiedono anche tre suore del Pime (una indiana, una brasiliana e una bengalese), le Missionarie dell’Immacolata, che svolgono la loro attività di apostolato in un centro di riabilitazione aperto circa 30 anni fa e nel centro di formazione professionale dei giovani e delle donne, occupandosi inoltre di pastorale, catechesi e partecipando a diversi gruppi parrocchiali». Inoltre ci sono le “Comunità, Vangelo e vita”, simili alle comunità di base dell’America Latina: animano la vita cristiana del quartiere e hanno un’attenzione sociale, visitano i malati e assistono famiglie in difficoltà.

Altra particolarità è la presenza di diverse etnie che si gestiscono in proprio: per esempio dopo la Messa si ritrovano a spiegare la Parola di Dio nella loro lingua – perché la liturgia è in francese con la traduzione in fulfulde – condividono momenti di preghiera, ma anche di festa o di dolore delle famiglie.

La vita cristiana

Spostandosi in periferia l’arcivescovo Delpini incontrerà la parrocchia di St. Jean-Marie Vianney di Ngalbidje alla periferia di Garoua, guidata da don Luca Damiani, in Camerun dal 2016, e da don Alessandro Maggioni, giunto nel maggio 2021. «Arrivando qui – dice il giovane missionario – ho apprezzato molto la presenza di comunità, prime cellule di Chiesa. Il territorio della parrocchia è meno esteso di quello di Djalingo, la gente raggiunge facilmente la chiesa. La nostra attività è quella della preparazione e celebrazione dei sacramenti, l’animazione della pastorale quotidiana».

La parrocchia conta 70 mila abitanti, i cattolici sono 3500-4 mila, pochi ma molto attivi, e i giovani sono tantissimi. «I fedeli che partecipano alla Messa domenicale sono 1800, anche coloro che partecipano alla catechesi sono un buon numero. In 180 hanno frequentato il primo anno di catecumenato, l’età era molto varia per questo il percorso viene adattato per renderlo accessibile a tutti, bambini, giovani e adulti. Gli incontri si tengono in francese o nelle lingue etniche per facilitare la comprensione».

Il livello sociale della popolazione è decisamente più elevato: ci sono impiegati e funzionari del Ministero, uomini delle forze armate (sono vicine alcune basi militari e diverse loro famiglie partecipano attivamente alla vita parrocchiale), insegnanti, commercianti… A Garoua esistono alcune multinazionali, quasi tutte francesi, attive in vari settori, dai tessuti alle bibite gasate e birra: se da una parte danno lavoro, dall’altra impongono i loro prezzi.

Grati alla Diocesi

Don Luca, parroco a Ngalbidje dal 2020, per quattro anni ha affiancato don Paolo a Djalingo, ricorda che «la Chiesa di Milano ha fatto tanto per la Diocesi di Garoua, non solo lasciando tante strutture, ma anche a livello vocazionale attraverso la presenza dei vari sacerdoti fidei donum, una ventina di preti erano i ragazzi delle comunità dove c’erano i nostri missionari». E aggiunge: «Il vescovo viene soprattutto a incontrare i preti ambrosiani. La Chiesa di Garoua lo attende con gioia». «Tengono molto a questa visita – gli fa eco don Claudio -, la stanno forse ingigantendo, ma questo è bello. Tengono molto all’accoglienza e alla relazione tra le due Chiese».