Già nella Bolla di indizione del Giubileo, papa Francesco segnalava lo strano paradosso che caratterizza il rapporto dei giovani con la speranza.
Da una parte, infatti, i giovani sono il nostro futuro e, quindi, rappresentano quasi naturalmente un segno di speranza. Chi è più anziano sente la promessa insita in vite che ancora devono sbocciare ed esprimere appieno le loro potenzialità. La giovinezza ha le sue insicurezze, ma per noi è innanzitutto sinonimo di energia e di creatività. È un tempo che non conosce ancora i rimpianti dell’età adulta, il dolore per ciò che è irrimediabile, la ritrosia che deriva dall’essersi già scottati, la stanchezza e il logorio dell’impegno quotidiano. La fede e la carità sono due donne mature – scriveva oltre cento anni fa Charles Péguy – ma la speranza è una bambina che corre avanti e le trascina per mano.
È un’immagine di grande fascino e che conserva una profonda verità. Eppure oggi constatiamo che i ragazzi sembrano per lo più privi di questo slancio. È difficile per loro guardare al domani con fiducia: il futuro è incerto e un po’ fosco. Si moltiplicano i segnali negativi e, alla fine, disorientamento e paura prevalgono sulla spigliata baldanza che ci aspetteremmo da chi è nel fiore degli anni. Proprio queste nostre aspettative, anzi, questo nostro pressante desiderio che siano felici e spensierati, contribuiscono ad aumentare l’ansia e, talvolta, il desiderio di ritirarsi dalla partita.
Questo paradosso dei giovani si rispecchia in un analogo paradosso della scuola. Anche la scuola si presenta spesso come un luogo demotivante, obsoleto, incapace di raccogliere le sfide del presente e d’intercettare l’interesse degli alunni. Gli insegnanti si trovano a fare i conti con una generazione apparentemente irraggiungibile, che presenta problemi sempre nuovi e sempre più complessi. L’impressione di inadeguatezza e talvolta di vera e propria impotenza può produrre un senso di frustrazione che fa vacillare la speranza.
D’altra parte, ogni insegnante sa che gli stessi alunni sono anche una sorprendente riserva di freschezza, di novità e di sorpresa. I bambini e i ragazzi costringono ogni volta a rimettersi in gioco, a scoprire il mondo da una prospettiva inedita, ad accorgersi che ci sono risorse invisibili che improvvisamente trovano il modo di emergere e di sprigionare doni imprevisti. Per fare l’insegnante, per essere «seminatori di futuro», occorre credere nella bontà del seme, ma anche nel fatto che c’è una buona terra. Come nella parabola evangelica, il miracolo di un raccolto inaudito ripaga a dismisura per tutto ciò che è andato perso.
La scuola, nei suoi momenti migliori, può essere anche questo: un circolo virtuoso in cui tutti trovano ragioni per sperare. È bello ricordarlo all’inizio di un anno scolastico, soprattutto nel contesto di questo anno giubilare dedicato alla speranza.
Per questo la Diocesi ha invitato tutti gli insegnanti a una celebrazione in Duomo a Milano con l’Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, sabato 6 settembre alle 15.30, a pochi giorni dalla ripresa delle lezioni: diretta su www.chiesadimilano.it e su Youtube.com/chiesadimilano. Sarà l’occasione di testimoniarci reciprocamente la speranza che anima la nostra presenza nella scuola. Un primo intervento spetterà a un docente d’eccezione, Marco Balzano, che è anche noto scrittore, autore di romanzi che hanno vinto i più importanti premi letterari in Italia e all’estero. Ascolteremo poi la voce di alcuni studenti per i quali la scuola è stata una risorsa importante per affrontare situazioni personali difficili e ritrovare una strada. Soprattutto, però, invocheremo la speranza come dono di Dio, che si alimenta nell’ascolto del Vangelo. La parola dell’Arcivescovo e la sua benedizione accompagneranno l’inizio del nuovo anno scolastico perché la grazia del Giubileo porti tutti i suoi frutti.




