Sirio 26-29 marzo 2024
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Milano

«Il rimedio alla disperazione dell’umanità è non considerarla come un numero per statistiche»

Nella Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, l’Arcivescovo ha presieduto in Duomo il Pontificale concelebrato dai Canonici del capitolo metropolitano

di Annamaria Braccini

8 Dicembre 2022
©agenziafotogramma

Mentre, all’esterno della Cattedrale, la tentazione è considerare la grande quantità di persone che si affollano tra bancarelle e improbabili gadget natalizi, come un insieme di innominati, dentro il Duomo a pochi metri di distanza, è l’Arcivescovo che invita a non guardare mai all’umanità, appunto, come a una massa senza nome.

Nell’omelia del Pontificale, da lui presieduto nella Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria e concelebrato dai membri del Capitolo metropolitano è questo che, infatti, suggerisce il vescovo Mario a partire dall’immaginario racconto della convocazione di un «Consiglio del cielo e della terra per cercare qualche soluzione alla disperazione dell’umanità». Da qui 3 scelte possibili che, seppure simboliche, tanto parlano della nostra vita di oggi. Come non riconoscersi, infatti, nel formarsi del Consiglio, tra «ordini del giorno, commissioni e sottocommissioni, tavoli di lavoro, documenti preparatori e sintesi provvisorie per arrivare, infine,  dopo mille e mille  anni, alla grande assemblea»?.

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I percorsi inutili: la guerra e le ricchezze incalcolabili    

Un’assemblea dove a prendere la parola per primo è «il principe degli eserciti celesti, l’arcangelo Michele» che auspica la venuta dell’angelo sterminatore perché «ci siano disastri, guerre e pestilenze così insopportabili che gli uomini si volgano infine all’unico che può salvare, al Signore nostro Dio».

Ma il Signore – seppure l’assemblea applaude con entusiasmo (come non pensare al presente?) –  non può accettare tanto dolore, sapendo che «lo spavento, i disastri, la disperazione sono le armi del grande nemico che vuole la morte e non la vita, la perdizione e non la salvezza».

Si fa avanti, allora, il «Serafino dello splendore».

«Questa umanità – sottolinea – è immersa nella depressione, è avvilita per le proprie miserie. Ha bisogno di alzare lo sguardo ed essere avvolta ed entusiasmata dalla rivelazione della gloria. Propongo che siano tutti vestiti d’oro e costruiscano nelle città bellezze mai viste, ricchezze incalcolabili, feste memorabili, musiche celestiali. Lo stupore e lo splendore solleveranno il morale dell’umanità che invece di distruggere e di pensare a farsi del male, sarà attratta dalla gloria».

Ma ancora una volta, il Signore non approva e osserva: «l’uomo diventerebbe avido. La gloria mondana, la ricchezza e la bellezza precarie sono le armi del grande seduttore che vuole l’inganno e non la verità, l’adorazione degli idoli e non la libertà».

La vera via della salvezza

Ultimo, si alza l’arcangelo Gabriele che porta saggezza. «Non considerate l’umanità come una massa anonima, come un numero per le statistiche, come un’astrazione per i discorsi retorici. In realtà sono uomini e donne, ciascuno con la sua storia, capace di ogni bene, secondo l’immagine del Figlio, ciascuno capace di ogni male, secondo l’insidia del nemico. L’umanità non si salva per una soluzione collettiva. Il rimedio al male è visitare e chiamare ciascuno per nome».

E così quella che può apparire «una proposta fragile, debole in un mare tempestoso, in una storia violenta», incontra, invece, l’approvazione del Signore che dice: «Ecco la strada giusta per salvare i miei figli, chiamandoli per nome e invitandoli alla gioia. Questa è la vocazione». Non a caso, Gabriele viene inviato «in una città della Galilea chiamata Nazaret a una vergine che si chiamava Maria».

Da qui, già con lo sguardo rivolto al Natale vicino, la conclusione. «Nella pienezza dei tempi, quando sembra che l’umanità sia in pericolo, Dio ha mandato il suo Figlio unigenito e ha reso possibile la salvezza seminando nella vita di coloro che ascoltano la sua Parola e ricevono il suo Spirito, il principio di una gioia invincibile e la forza in un amore instancabile, la certezza di una comunione eterna».

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Al termine della Messa, la benedizione dell’Arcivescovo per tutti i fedeli in Duomo, per coloro che, in video e sulla rete, sono stati collegati, per i sordi (la celebrazione è stata sottotitolata come avviene per ogni solennità in Cattedrale) e per l’Azione cattolica della quale, l’8 dicembre, si celebra la Giornata dell’adesione. «Benedizione per la sua missione di aiutare i laici ad assumere le proprie responsabilità, coerentemente con il loro battesimo».