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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Storia

«Il volontariato in Caritas? È la mia vita»

Attiva con mansioni diverse fin dal 1978, oggi Marisa Omini, 85 anni, è impegnata al Centro d'ascolto di Turro, dove tra l’altro ha aiutato un ragazzo africano a diventare sacerdote: «Ho ricevuto tante lezioni da raccontare a figli e nipoti»

di Cristina CONTI

4 Luglio 2021
Marisa Omini

Un servizio entusiasmante, ma anche un’occasione importante per ampliare i propri orizzonti culturali e per conoscere meglio il mondo che ci circonda. Così Marisa Omini, 85 anni, descrive il suo volontariato al Centro d’ascolto Caritas di Turro (presso la parrocchia di Santa Maria Rossa in Crescenzago). Una gioia che sa tramettere anche a chi l’ascolta, quando racconta la sua esperienza: «Ho cominciato questa attività nel 1978. Avevo dato la mia disponibilità in parrocchia e ho iniziato subito a occuparmi del mercatino: raccoglievamo gli abiti usati, li sistemavamo e, una volta al mese, li mettevamo a disposizione di poveri e bisognosi. Quando è arrivato il Centro d’ascolto ho continuato. E negli anni Novanta ho iniziato a partecipare all’attività di accoglienza degli stranieri. Oggi per me è la mia vita. Anche perché ho perso presto mio marito, impegnato con me nel volontariato».

Prima il guardaroba (da ormai tre anni questo servizio è portato avanti dalla Casa della Carità), poi la distribuzione dei pacchi alimentari e l’orientamento verso gli assistenti sociali, a seconda del problema. «Qui ho potuto conoscere molte persone. Aiutarle e anche imparare molto. Ho ricevuto tante lezioni di vita da raccontare a figli e nipoti. E ho scritto un libro sul Centro d’ascolto per descrivere agli altri la mia esperienza», spiega.

Buona capacità di parlare e disponibilità ad accogliere. Queste le caratteristiche più importanti per chi fa il volontario in un Centro d’ascolto. Prima c’erano altri quattro volontari impegnati nel guardaroba. Ora è da sola, ma un ragazzo al venerdì l’aiuta a compilare le schede per l’Osservatorio sulle povertà. «Ultimamente, con la pandemia, sono emerse nuove esigenze e si è rivolto a noi un numero maggiore di persone. Abbiamo cercato, perciò, di unirci tra parrocchie del Decanato di Turro, per avere più alimenti. Per venire incontro ai ragazzi che facevano didattica a distanza, inoltre, alcune aziende ci hanno offerto pc da distribuire agli alunni di medie e superiori che ne avevano bisogno», aggiunge.

Tante anche le storie da raccontare: «Nei giorni scorsi è venuta qui una persona che aveva difficoltà a ritrovare i suoi fratelli. L’ho aiutata a mettersi in contatto con una sorella a Napoli». Ma la vicenda che più l’ha colpita è stata quella di un ragazzo africano che, aiutato dal Centro d’ascolto, una volta tornato nel Paese di origine, ha dato il numero del Centro a un suo cugino che voleva diventare sacerdote. «Avevamo aiutato il ragazzo africano e sua moglie ad avere il loro bambino – precisa -. Evidentemente il nostro aiuto è stato tanto apprezzato che il ragazzo, tornato in Africa, ha detto al cugino che poteva rivolgersi a noi per realizzare il suo sogno. Oltre a spiegare il percorso che avrebbe dovuto intraprendere, lo abbiamo aiutato (prima come parrocchia, poi io con la mia famiglia e alcuni amici) a pagare gli studi in seminario. Da qui è nato un bellissimo rapporto. E adesso che fa il missionario in Francia continuiamo ancora a scriverci e a vederci», conclude.

 

 

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