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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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29 novembre

Il tempo dello stile cristiano

Si diffonde «come un buon profumo» e ai «disastri provocati dalla paura, dalla competizione, dall’avidità della quantità» contrappone gentilezza, finezza e sollecitudine: così l’Arcivescovo nell’omelia per la terza domenica d'Avvento

di monsignor Mario DELPINIArcivescovo di Milano

29 Novembre 2020

Voglio invocare l’inizio del tempo della qualità.

1.I tempi del disastro

Abbiamo vissuto e viviamo il tempo della quantità: la vita vale se è tanta, la vita è felice se hai tanto, nella vita conti se puoi fare tanto. Avere, godere, potere: sempre di più, sempre di più. È stato un disastro.

Abbiamo vissuto e viviamo il tempo della competizione: arrivare prima, contare più degli altri, essere più potenti. La vita è una corsa: è ovvio che gli altri restino indietro, quello che importa è arrivare primi, di tutti gli altri la storia si dimentica. In fretta, più in fretta. Per arrivare primi per vincere non basta essere migliori, bisogna abbattere gli avversari, eliminare la concorrenza, far guerra a chi è nemico. Abbiamo vissuto il tempo della competizione. È stato un disastro.

Abbiamo vissuto e viviamo il tempo della paura: l’incertezza induce a temere, l’imprevedibile e l’imprevisto che sconvolgono i piani e fanno crollare le certezze seminano la paura. La paura induce a sospettare degli altri come fossero minacce, come rappresentassero un pericolo: si rischia di ritenere la solitudine più rassicurante della comunione. La paura induce a essere inquieti a riguardo del futuro e quindi a rinunciare a compiere scelte durature e definitive, a rassegnarsi a vivere di quello che si può controllare. La paura induce a essere ossessionati dai controlli e a ricavare spaventi da ogni sintomo sconosciuto. Abbiamo vissuto il tempo della paura. È stato un disastro.

2.Voglio invocare l’inizio del tempo della qualità

Il tempo della qualità è quello in cui si respira un’aria nuova, quello in cui si respira a pieni polmoni perché si diffonde come un profumo, una sensazione che rende piacevole la vita, un profumo che apre il pensiero alla verità, un profumo che si offre promettente al desiderio. È il profumo della conoscenza di Cristo! Paolo rende grazie a Dio perché la comunità di Corinto vive la sua fede come il profumo di Cristo per quelli che si salvano.

L’immagine di profumo per parlare del segno della Chiesa mette in evidenza l’attrattiva che la comunità esercita per la qualità della sua vita, dei suoi rapporti, della sua testimonianza.

Iniziano i tempi della qualità: non domina la paura, ma la confidenza; i rapporti non sono rapporti di competizione, ma di fraternità che accoglie e perdona; il sogno condiviso non è l’accumulo e la quantità, la solidarietà e l’aiuto vicendevole.

Il tempo della qualità è caratterizzato dallo stile, più che dall’efficienza, più che le molte cose è importante l’uso di quello che c’è per alimentare la gioia. È il tempo dello stile cristiano.

Quali sono i tratti dello stile cristiano?

Per quanto lo stile sia come un profumo, ben riconoscibile ma inafferrabile, si può però indicare qualche aspetto che merita di essere praticato.


3.Lo stile cristiano

Lo stile cristiano si caratterizza per la gentilezza. «Recuperare la gentilezza» è una delle indicazioni che offre papa Francesco in Fratelli tutti (222-224). Papa Francesco descrive la persona gentile: «Ogni tanto si presenta il miracolo di una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto» (FF 224).

Lo stile cristiano si caratterizza per la finezza. Rifugge dalla volgarità, si trova a disagio nello squallore, lo infastidiscono le parole volgari, aggressive, le immagini violente. La finezza è l’arte di tenere in ordine la casa perché sia bello abitarci, anche se semplice, anche se povera; la finezza si arma di pazienza e di fantasia perché anche una cosa da niente può essere un messaggio, anche un fiore, anche una attenzione minima può dare conforto. Il profeta annuncia lo stile del Messia dicendo tra l’altro non contesterà, né griderà, né si udrà in piazza la sua voce (cfr Mt12,19; Is 42,2).

Lo stile cristiano si caratterizza per la sollecitudine che fa quello che può per mettere a proprio agio gli altri: li accoglie con benevolenza, li aiuta con prontezza, senza umiliare nessuno, si interessa senza invadenza, offre con generosità, senza esibizionismo, anche quando non può fare a dare niente fa capire che condivide le pene e vorrebbe consolare.

La descrizione dello stile cristiano non finisce mai. Ma noi ci proponiamo di praticare con semplicità quello stile che abbiamo imparato da Gesù, mite e umile di cuore, così come siamo capaci.

Il profeta volge lo sguardo ai disastri provocati dalla paura, dalla competizione, dall’avidità della quantità: i cieli si dissolveranno come fumo, la terra si logorerà come un vestito e i suoi abitanti moriranno come larve. In mezzo a questo disastro lo stile cristiano si diffonde come un buon profumo.

È una presenza che cambia la qualità dell’aria con la tenacia nel compiere le opere che il Padre ha dato da compiere a Gesù e che i suoi discepoli continuano a praticare in ogni luogo e in ogni tempo.

È una qualità di vita che diffonde serenità e fiducia, perché crede che la salvezza di Dio durerà per sempre e la sua giustizia non verrà distrutta (cfr Is 51,6).

«Vi dico queste cose perché siate salvati»

«E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me». Di certo quando Gian Battista Moroni ha realizzato questa sua smagliante ed emozionante Trinità aveva come modello quell’analogo capolavoro di Lorenzo Lotto che oggi è presso il Museo diocesano di Bergamo. Ma ci piace pensare che il grande pittore bergamasco, mentre la dipingeva, abbia avuto nel cuore e nella mente anche queste parole, che possiamo leggere nel Vangelo di Giovanni di questa domenica.
Moroni aveva poco più di vent’anni quanto pose mano a quest’opera, attorno al 1555, al ritorno dall’esperienza trentina del Concilio, dove aveva ricevuto il suo “battesimo” artistico con la grande committenza ecclesiastica e aristocratica, facendosi conoscere e apprezzare. Una tela dipinta con giovanile entusiasmo per l’isolato villaggio di Fiobbio, al di là del fiume Serio, e poi portata nella prepositurale di Albino, suo paese natale, dove ancora si trova.
Gesù siede su quelle nubi che ben conosciamo, per averne sentito parlare nella prima domenica d’Avvento. È il Salvatore che porta i segni della Passione per avere amato il mondo fino al sacrificio sulla Croce: quel mondo di cui è Signore, e che tuttavia stringe in grembo, quasi cullandolo, con materno trasporto. Sopra di lui discende lo Spirito Santo. E dietro di lui si rivela il Padre, come un’ombra, con quel dettaglio straordinario e geniale delle maniche rimboccate, a rievocare l’opera del divino Creatore: proprio lui ci ha mandato il Figlio, come rivela il gesto stesso dell’Eterno, che è al contempo abbraccio e offerta.
Luca Frigerio

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