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Meditazione

«Gesù vi chiama come suoi amici»

Nello splendido scenario naturale della Montagna spaccata di Gaeta, dove sorge il Santuario della Santissima Trinità, mercoledì 6 agosto si sono tenuti i gruppi di preghiera e meditazione nell'ambito del gemellaggio tra la diocesi ambrosiana e quella gaetana. La riflessione dell'arcivescovo Mario

di Annamaria BRACCINI

6 Agosto 2025
Preghiera e meditazioni a gruppi di mercoledì 6 agosto (Santuario della Madonna, località Montagna spaccata, Gaeta)

La festa della Trasfigurazione del Signore vissuta nello splendido scenario naturale della Montagna spaccata di Gaeta, dove sorge il Santuario della Santissima Trinità, uno dei punti più carichi di significato naturale e spirituale di questa parte del territorio laziale sospesa tra i monti e il mare. Fondato nel 930 dai monaci benedettini, il Santuario, infatti, si erge su un costone roccioso con due fenditure verticali discendenti fino al mare che, secondo la tradizione, si sarebbero formate al momento della morte di Cristo come segno divino. Un luogo, quindi, indimenticabile, per raccogliersi in silenzio nella preghiera e ascoltare la Parola di Dio. Con le Lodi, guidate dal vicario episcopale don Giuseppe Como, nell’Ora media, con la predicazione dell’Arcivescovo, nell’Angelus meditato da monsignor Vari. E, ancora, nel pomeriggio, con la recita del Rosario, le meditazioni del vescovo Mario e di don Como e, infine – prima della grande celebrazione serale conclusiva nello stadio «Antonio Riciniello» di Gaeta -, con i Vespri accompagnati dalla riflessione di padre Francesco Rapacioli, neosuperiore generale del Pime, il Pontificio Istituto delle Missioni Estere che festeggerà il secolo della sua presenza a Gaeta l’anno prossimo.    

La meditazione del vescovo Mario  

Dal brano di Giovanni al capitolo 15 (1, 11), a lui molto caro e già indicato ai giovani nella catechesi, prende spunto la riflessione di monsignor Delpini, di fronte ai ragazzi che lo ascoltano attenti, affollando le navate del Santuario barocco e prendendo appunti.

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«Forse qui, in questa pagina di Vangelo, troviamo le risposte ad alcune domande che inquietano», spiega subito l’Arcivescovo. «La prima domanda è questa: che cosa significa la volontà di Dio? Cosa vuole Dio?.  Dio – questa è una fonte, oggi, dell’inquietudine, fa intuire Delpini – è invadente nella mia vita? Quando noi diciamo “Sia fatta la tua volontà”, intendiamo che vorremmo essere nella gioia di Gesù. Non si tratta di fare delle cose, di accettare delle situazioni o di subire delle disgrazie come qualche volta si crede, interpretando in maniera un poco strana tale volontà». Che, al contrario, è la promessa di un dono che, se vuoi, puoi accogliere», suggerisce il vescovo Mario che si rivolge direttamente ai giovani.

Da qui la seconda domanda su come si si attui la volontà del Signore. «Il desiderio di Dio di renderci felici è quello di uno che bussa alla porta. Anche papa Leone lo ha ricordato a Tor Vergata dicendo che Dio bussa alla tua finestra, realizzando il suo progetto attraverso Gesù che ci parla. Gesù è così: ha la discrezione di un amico che bussa e aspetta, non ti rimprovera, non ti disprezza, non ti abbandona».  

«Vi ho chiamato amici»

Arriva così la terza domanda su cosa chieda Gesù se gli apriamo la porta. «Forse qualcuno si immagina che domandi dei sacrifici, un impegno per cose difficili. Non è così e questo brano di Vangelo merita di essere studiato a memoria perché dice che rimanere in Lui è accettare un’amicizia. Infatti, il Signore dicendo, “Io vi ho chiamato amici”, è come se dicesse “Se tu non sei con me, mi manca qualcuno. Tu sei un amico di cui sento la mancanza».

Il richiamo è ai 12 apostoli, ognuno con il proprio ruolo, chi più, chi meno importante, ma tutti chiamati ugualmente amici, anche quelli di cui non si sa niente, come Giuda Taddeo o Simone il Cananeo. Quello – confida il vescovo Mario – «nel quale io vedo rappresentato me stesso e, forse, anche tante persone che dicono: “Ma cosa può farsene di me Gesù?”. Niente, eppure ci chiede di rimanere con Lui, con il desiderio di un’amicizia e la condizione per una fecondità. Un’amicizia per portare frutto, mettendoci tutta la nostra intraprendenza, la nostra intelligenza e la lettura della realtà che ci circonda, i bisogni che sono intorno a noi. La condizione per cui tutto quello che voi, magari con tanta generosità, avete fatto, come l’oratorio feriale, diventano un frutto e non soltanto un risultato se rimanete con Gesù. Infatti, si può distinguere il risultato – che vuol dire un esito, una conclusione, una soddisfazione -, dal frutto, che vuole dire, invece, un motivo di gratitudine e di speranza».

Chiaro, allora il quarto e ultimo interrogativo: «Come rimanere in Gesù?». «Ascoltando la Parola di Dio, il Vangelo con attenzione, partecipando all’Eucaristia. Diventando in Lui lo stesso unico corpo, per cui la vita di Gesù passa in noi come la linfa, passa dalla vite al tralcio, sempre, anche negli impegni del lavoro, nelle scadenze scolastiche, ogni giorno».

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