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Cultura

Francesco: «L’arte è la rivoluzione della speranza, soprattutto per i più poveri»

Il rapporto privilegiato di papa Bergoglio con un mondo a cui ha sempre ricordato la missione universale di portare la Bellezza a ogni uomo, non solo ai sapienti. In questa prospettiva definiva i Musei, a partire da quelli vaticani, luoghi di dialogo e accoglienza

a cura di Luca FRIGERIO

22 Aprile 2025
Uno degli ultimi incontri di papa Francesco con gli artisti nella Cappella Sistina

«L’arte non è un lusso, ma una necessità dello spirito. Non è fuga, ma responsabilità, invito all’azione, richiamo, grido». Lo aveva scritto papa Francesco lo scorso 16 febbraio per il Giubileo degli artisti e del mondo della cultura, anche se poi non aveva potuto comunicarlo di persona per le sue condizioni di salute, affidando il messaggio al cardinal José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione.

Bergoglio, del resto, ha sempre avuto un rapporto “privilegiato” con artisti, scrittori, musicisti, che in ogni occasione ha spronato a farsi portatori di bellezza e annunciatori di speranza. In questo, in continuità con i suoi predecessori, da Paolo VI a Benedetto XVI. «Educare alla bellezza significa educare alla speranza», aveva infatti affermato Francesco in quell’ultimo intervento, precisando che «la speranza non è mai scissa dal dramma dell’esistenza: attraversa la lotta quotidiana, le fatiche del vivere, le sfide di questo nostro tempo».

E ancora: «Gesù proclama beati i poveri, gli afflitti, i miti, i perseguitati. È una logica capovolta, una rivoluzione della prospettiva. L’arte è chiamata a partecipare a questa rivoluzione».

Da qui l’appello finale, che alla luce della sua dipartita si è fatto autentico testamento spirituale: «Il mondo ha bisogno di artisti profetici, di intellettuali coraggiosi, di creatori di cultura. Lasciatevi guidare dal Vangelo delle Beatitudini e la vostra arte sia annuncio di un mondo nuovo. La vostra poesia ce lo faccia vedere! Non smettete mai di cercare, di interrogare, di rischiare. Perché la vera arte non è mai comoda, offre la pace dell’inquietudine. E ricordate: la speranza non è un’illusione, la bellezza non è un’utopia, il vostro dono non è un caso, è una chiamata. Rispondete con generosità, con passione, con amore».

L’idea di arte secondo Bergoglio

Ma fin dall’inizio del suo pontificato, Francesco ha parlato dell’arte e del ruolo degli artisti, e non “solo” in termini culturali. In un bel libro-intervista di dieci anni fa, La mia idea di arte (Mondadori e Musei Vaticani), curato dalla giornalista Tiziana Lupi, papa Bergoglio aveva esposto con la consueta forza e chiarezza la sua idea sull’arte, i musei e il loro rapporto con la nostra società. Ne riportiamo alcuni passaggi.

La bellezza è via per incontrare il Signore

«Guardiamo la Cappella Sistina: cosa ha fatto Michelangelo? Un lavoro di evangelizzazione. Così le cattedrali medievali: il catechismo era nelle sculture di pietra, la gente non sapeva leggere ma osservava le sculture e imparava. La Chiesa ha sempre usato l’arte per dimostrare la meraviglia della creazione di Dio e della dignità dell’uomo creato a sua immagine e somiglianza, così come il potere della morte, e la bellezza della risurrezione di Cristo che porta la rinascita in un mondo afflitto dal peccato. La bellezza ci unisce e, come ha detto anche san Giovanni Paolo II, citando Dostoevskij ci salverà. Seguire Cristo non è solo una cosa vera ma anche bella, capace di riempire la vita di gioia, perfino nelle difficoltà di tutti i giorni. In questo senso la bellezza rappresenta una via per incontrare il Signore».

Musei: luogo di dialogo e di accoglienza

«Se il Papa ha dei musei è proprio per questo! Perché l’arte può essere un veicolo straordinario per raccontare agli uomini e alle donne di tutto il mondo, con semplicità, la buona notizia di Dio che si fa uomo per noi, perché ci vuole bene! Ed è bello, questo! E i Musei Vaticani devono essere sempre più il luogo del bello e dell’accoglienza. Devono accogliere le nuove forme d’arte. Devono spalancare le porte alle persone di tutto il mondo. Essere uno strumento di dialogo tra le culture e le religioni, uno strumento di pace. Essere vivi! Non polverose raccolte del passato solo per gli “eletti” e i “sapienti”, ma una realtà vitale che sappia custodire quel passato per raccontarlo agli uomini di oggi, a cominciare dai più umili, e disporsi così, tutti insieme, con fiducia al presente e anche al futuro».

L’arte che parla a tutti e che è sempre nuova

«L’arte ha in sé una dimensione salvifica e deve aprirsi a tutto e a tutti, e a ciascuno offrire consolazione e speranza. Per questo motivo la Chiesa deve promuovere l’uso dell’arte nella sua opera di evangelizzazione, guardando al passato, ma anche alle tante forme espressive attuali. Non dobbiamo avere paura di trovare e utilizzare nuovi simboli, nuove forme d’arte, nuovi linguaggi, anche quelli che sembrano poco interessanti a chi evangelizza o ai curatori, ma che sono invece importanti per le persone, perché sanno parlare alle persone».

La Sistina è anche dei poveri!

«Per questo, un po’ di tempo fa, alcuni senzatetto di Roma hanno visitato i Musei Vaticani e hanno potuto ammirare la Cappella Sistina. I Musei Vaticani sono la casa di tutti, le loro porte sono sempre aperte a tutti. Essi testimoniano le aspirazioni artistiche e spirituali dell’umanità e la ricerca di quella bellezza suprema che trova il suo compimento in Dio. E i poveri sono al centro del Vangelo, che è la cosa più grande che abbiamo, sono i privilegiati della misericordia divina. Se togli i poveri dal Vangelo, non si capisce più niente. Dunque, perché non dovrebbero entrare nella Cappella Sistina? Forse perché non hanno soldi per pagare il biglietto? Mi hanno criticato per questo, lo so, sono stato criticato anche per aver fatto mettere le docce per i poveri sotto il colonnato del Bernini. Ripeto: i poveri sono al centro del Vangelo, non dobbiamo mai dimenticarlo».

I poeti e quella «fame di significato»

«Cari poeti, so che avete fame di significato, e per questo riflettete anche su come la fede interroga la vita».

È l’attacco della Lettera ai poeti, scritta lo scorso dicembre da papa Francesco, rielaborazione di un discorso pronunciato il 27 maggio 2023 nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, in occasione della pubblicazione del libro «Versi a Dio. Antologia della poesia religiosa» (Crocetti Editore). Una Lettera manifesto in cui si ritrova tutto Francesco, in quell’invito rivolto agli artisti (e non solo) ad «andare oltre i bordi chiusi e definiti», a non addomesticarsi, custodendo e coltivando il dono dell’immaginazione per esprimere le inquietudini dell’animo umano. «Le parole degli scrittori - continua il Papa - mi hanno aiutato a capire me stesso, il mondo, il mio popolo; ma anche ad approfondire il cuore umano, la mia personale vita di fede, e perfino il mio compito pastorale, anche ora in questo ministero. Dunque, la parola letteraria è come una spina nel cuore che muove alla contemplazione e ti mette in cammino. La poesia è aperta, ti butta da un’altra parte».

E concludeva: «Cari poeti, grazie per il vostro servizio. Continuate a sognare, a inquietarvi, a immaginare parole e visioni che ci aiutino a leggere il mistero della vita umana e orientino le nostre società verso la bellezza e la fraternità universale».

Donatella Ferrario