Con il Motu proprio Spiritus Domini papa Francesco ha disposto che le donne possano accedere ai ministeri istituiti del lettorato e dell’accolitato.
In una lettera al cardinale Ladaria, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, Francesco illustra motivazioni e senso di questo aggiornamento. Ogni servizio nella Chiesa è gemmazione del battesimo che concorre all’edificazione della Chiesa e al suo annunciare il Vangelo. Vale per i ministeri ordinati, vale per i ministeri istituiti: quelli in forza di un sacramento, questi con un atto liturgico del vescovo. Solo se plasmati dal sacerdozio di Gesù Cristo, solo se in esso trovano fonte e paradigma, il sacerdozio battesimale e il sacerdozio ordinato vivono in reciprocità feconda: dono di grazia. Scivolando invece fuori dal comune fonte battesimale e dall’attaccamento affettuoso a Gesù Cristo e al suo sacerdozio, ministri ordinati e ministri istituiti graverebbero sulla Chiesa come divi sgraziati, rinchiusi «in sterili logiche rivolte soprattutto a rivendicare spazi di potere».
Come risuona la lettera apostolica nelle Chiese, compresa quella ambrosiana, ancora sferzate da folate di clericalismo e incamminate in riforme promettenti?
- «È la Chiesa degli uomini e delle donne battezzati che dobbiamo consolidare promuovendo la ministerialità e, soprattutto, la consapevolezza della dignità battesimale». Oseremo un passo? Onoreremo meglio Ministeria quaedam che, 50 anni fa (!), configurava lettorato e accolitato quali ministeri istituiti non riservati ai seminaristi, ma affidati anche ai fedeli laici al di fuori dell’itinerario verso il sacramento dell’ordine?
- «La scelta di conferire anche alle donne questi uffici […] rende più effettiva nella Chiesa la partecipazione di tutti»: nel costituirsi ultimamente eucaristico della Chiesa e nella sua missione. «Questo fa anche sì che le donne abbiano un’incidenza reale ed effettiva nell’organizzazione, nelle decisioni più importanti e nella guida delle comunità, ma senza smettere di farlo con lo stile proprio della loro impronta femminile». Ascolteremo con pazienza e fermezza i sospetti timorosi e gli ammonimenti allarmistici? «La donna si fa troppo vicina all’altare, pericolosamente vicina!». Davvero a un passo dal sacramento dell’ordine? Ma se i ministeri istituiti non gravitano nell’orbita del sacerdozio ordinato, bensì disegnano, nella comunione fraterna con i ministri ordinati, forme di responsabilità battesimale, il «pericolo» temuto lo chiamiamo «provvidenza» desiderata; poiché la vita nuova, quella divina, è la prossimità fraterna in Gesù. Non già giustapposizione di ruolo sacrale maschile e genio ancillare femminile, ma relazione di comunione nell’ascoltarsi, nel promuoversi, nel donarsi: celebrando l’Eucaristia, amando piccoli e poveri e tutti, annunciando il Vangelo.
- E rendiamo grazie perché l’impegno di laici e laiche non è costretto in recinti sacri, il suo campo è il mondo, la sua tenda è la Chiesa e la sua missione; rendiamo grazie, in specie, per le donne che «forti e generose […] hanno tenuto in piedi la Chiesa con ammirevole dedizione e fede ardente» (Doc. finale del sinodo dei vescovi per la regione panamazzonica 99). Veglieremo perché, nel suo incanto battesimale, quell’impegno non si sciupi, raggrinzito e cadente, in funzioni ecclesiastiche da conventicola? Del resto, il rito stesso dell’istituzione dei lettori e, rispettivamente, degli accoliti è musica di Vangelo per un esercizio ecclesiale di quei ministeri. Francesco lo richiama con forza: non c’è aiuto alla comunità che non sia dedizione per la sua missione, non c’è servizio liturgico che non fiorisca in passione per il Vangelo a tutti, vivendo così «l’azione liturgica, il servizio ai poveri e l’annuncio del Vangelo nella fedeltà al mandato del Signore Gesù Cristo».