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Lutto

Don Gregorio Valerio, il ricordo di don Ettore Colombo

Entrambi nella Segreteria del cardinale Martini, hanno lavorato insieme per sei anni: «L’immagine che ho sempre avuto di lui è quella di una persona buona». I funerali il 6 agosto a Milano presieduti dal vicario generale

di Annamaria BRACCINI

4 Agosto 2025
Don Gregorio Valerio

«Un uomo buono e di profonda spiritualità». Sono queste le prime parole con cui don Ettore Colombo ricorda don Gregorio Valerio, scomparso lunedì 4 agosto all’età di 84 anni, dopo una lunga malattia. I funerali si celebreranno mercoledì 6 agosto alle 11 nella chiesa di Sant’Antonio Maria Zaccaria, in via San Giacomo 9 a Milano. Saranno presieduti dal vicario generale, monsignor Franco Agnesi, l’omelia sarà pronunciata da don Franco Gallivanone.

Nato il 5 maggio del 1941 a Morazzone (Va), ordinato sacerdote il 26 giugno del 1965, don Valerio aveva ricoperto numerosi e prestigiosi incarichi in Diocesi. Dapprima professore nel seminario di Seveso, poi impegnato in diverse parrocchie cittadine, era anche giornalista pubblicista e aveva diretto i programmi di «Radio A», le pubblicazioni diocesane presso l’Ufficio per le Comunicazioni Sociali e, poi, la Sezione per la Radio e la Televisione. Dopo essere stato decano del Decanato milanese di Turro, era entrato nella segreteria del cardinale Carlo Maria Martini, allora arcivescovo. Dai suoi diari dei suoi giorni con il Cardinale aveva tratto un volume di oltre 600 pagine che, pubblicato nel 2019 con il titolo Il mio Martini segreto, ha avuto anche un grande successo.

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Lasciata la segreteria martiniana, dal 2002 al 2016, era stato parroco della parrocchia di Sant’Antonio Maria Zaccaria a Milano, dal 2014 consigliere della Congregazione degli Oblati dei Santi Ambrogio e Carlo e, dal 2015 al 2021, membro di Zona I del Consiglio presbiterale. Dal 2016 al 2018 amministratore parrocchiale della stessa parrocchia di Sant’Antonio Maria Zaccaria e poi, lì residente con incarichi pastorali. 

Lavoravate insieme in segreteria?

Normalmente – spiega don Colombo – eravamo sempre in due nella segreteria del Cardinale, io sono arrivato nel 1992 e don Gregorio nel 1996, succedendo a don Virginio Pontiggia. Siamo entrambi rimasti fino alla conclusione dell’episcopato di Martini nel 2002 – anche se io ho proseguito un ulteriore biennio con il cardinale Tettamanzi – e, quindi, abbiamo lavorato diversi anni insieme. L’immagine che ho sempre avuto di lui è quella, appunto, di una persona buona.

In lui appariva evidente anche la spiritualità…

Avvicinandolo traspariva immediatamente il suo profondo spessore spirituale, nel senso che sapeva leggere le situazioni sempre a partire dall’incontro con il Signore e so che, qualche volta, ha offerto anche dei suggerimenti al cardinal Martini. Don Gregorio seguiva anche le Ausiliarie diocesane e c’era sempre qualcosa un po’ di “suo” in questo accompagnamento.

Eravate consapevoli di vivere quotidianamente accanto a una figura straordinaria come quella del cardinale Martini? 

Sì. Era molto bella la vita comune che si conduceva nella casa con l’Arcivescovo, il vicario generale, monsignor Giovanni Giudici e il provicario generale, monsignor Franco Agnesi. Senza dimenticare le 5 suore di Maria Bambina che completavano la “famiglia” e che davano un grande aiuto.  

C’è un ricordo personale che le è rimasto nella memoria?    

Certamente. Di giorno, lavorando, avevamo poche occasioni per vederci, perché impegnati nei rispettivi uffici e diversi incarichi della segreteria, ma ci vedevamo sempre a pranzo e a cena ma, soprattutto, nella celebrazione dell’Eucaristia della mattina nella cappella interna all’Episcopio. Erano momenti per pregare insieme, scambiare pareri, idee, osservazioni e anche per osservare la sua serenità che non imponeva mai la pressione di dover risolvere tutto e subito. 

Don Gregorio, quest’anno, aveva proposto una sua meditazione durante la tradizionale celebrazione penitenziale per il clero in Duomo. Vi si legge: «L’ordine sacerdotale mi ha buttato nelle tante cose da fare. Però li ho visti sempre come impegni transitori per la realizzazione di sé, ma non è mai venuta meno l’idea che l’unico bene sia solo Dio. Questa casa, seppure così affascinante, non è che un campeggio provvisorio».  C’era tutta la sua esperienza di sacerdote anziano e malato in quelle espressioni?

È stato un momento molto bello, e personalmente posso dire che mi era piaciuto molto questo suo intervento, tanto che, a conclusione della celebrazione, gli avevo chiesto il suo testo scritto che, in Duomo, era stato letto da don Tarcisio Bove perché lui faceva già molta fatica. È stata l’ultima volta che l’ho incontrato.

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