Prete giovane tra i giovani (e non solo), chiamato per accompagnare con la presenza della Chiesa chi in mare e su terra opera nel soccorso dei migranti; ma anche testimone, egli stesso, di quanto il Vangelo sia vero proprio in questo impegno di aiuto e di solidarietà: «Anche chi non crede, con la propria vita e le proprie azioni testimonia che il Vangelo è vivo, e chi di noi ha la fede si sente “irrobustito” da questa testimonianza».
Così descrive la sua esperienza don Mattia Ferrari, sacerdote della diocesi di Modena-Nonantola (ora a Roma per completare gli studi in teologia), che da alcuni anni è cappellano dell’Ong Mediterranea Saving Humans, impegnata nel soccorso in mare. «Sono stati alcuni dei fondatori a chiedermi di essere il cappellano di Mediterranea – spiega don Mattia – perché avevano visto come la Chiesa sa amare e prendere per mano». Uno stare accanto, da parte della Chiesa, che, insieme «all’impegno nel vivere come Gesù ha vissuto, suscita attrazione per molti», racconta il sacerdote. E che può essere anche occasione di avvicinamento alla fede, proprio a partire dall’esperienza concreta della vicinanza con i poveri.
Dunque don Mattia, che interverrà sabato 21 giugno a Lecco nel corso del Festival della Speranza, dà in questo un primo suggerimento a quei giovani che, oggi, faticano a sperare. Molti, racconta don Mattia parlando della sua esperienza con l’Ong, «hanno riconosciuto la presenza di Gesù proprio nell’esperienza del soccorso in mare, negli sguardi e nell’abbraccio con queste persone». Un’amicizia coi poveri che riaccende la speranza, sottolinea, «perché loro sono i depositari di una sapienza misteriosa che è quella di Dio».
Ma l’incoraggiamento che don Mattia (classe 1993) rivolge ai suoi coetanei o a chi ha solo pochi anni meno di lui si allarga a tutte le occasioni di incontro: «Ai ragazzi direi semplicemente di aprire il cuore e di avere il coraggio di costruire relazioni, sapendo che ogni persona che incontriamo, chiunque sia, è nostro fratello, nostra sorella. Quando ci sono incontri, relazioni, tutto cambia».
Certo, come don Mattia ha sottolineato in più occasioni, la solidarietà appare molto spesso sovversiva. Ne può parlare a ragion veduta, anche per essere tra le vittime del caso Paragon: il suo telefono è infatti tra quelli che sono stati intercettati dal software dell’omonima azienda israeliana, evidentemente proprio per il suo impegno con Mediterranea Saving Humans (intercettato, oltre ad alcuni giornalisti, era anche il fondatore dell’Ong Luca Casarini). Un caso che ha ancora moltissimi punti su cui fare luce, ma sul quale don Mattia risponde senza scomporsi: «Continueremo a chiedere verità – afferma – perché solo se si scopre la verità si può poi operare una riconciliazione».
Tornando però a quella che è l’esperienza di tutti, don Mattia mette in guardia dal rischio dell’individualismo che segna il nostro tempo facendo diventare, appunto, la solidarietà una scelta controcorrente: «Tante volte siamo chiamati a scegliere tra individualismo e solidarietà. L’esperienza ci mostra che ogni volta che scegliamo per l’individualismo ci ripieghiamo su noi stessi, finendo per essere più arrabbiati e depressi. La solidarietà è una scelta controcorrente; dunque a volte dobbiamo pagarne il prezzo. Ma è anche la sfida del Vangelo, che ci pone davanti a un bivio, come è successo per il Samaritano, il levita e il sacerdote. Quando scegliamo per la solidarietà succede quello che è successo al Samaritano: chi è ferito ai bordi della strada si salva, la storia umana cambia, e soprattutto troviamo la vita piena».




