Sono novant’anni di rendimento di grazie. «Grati perché la storia continua, perché questa è la vicenda anche di tanti amici del Seminario, di tante famiglie, di sacerdoti e di seminaristi, di benefattori. Grazie al nostro Arcivescovo che è qui».
Le parole di benvenuto con cui don Enrico Castagna, rettore del Seminario arcivescovile di Venegono Inferiore, accoglie i moltissimi fedeli che gremiscono la basilica interna al maestoso complesso seminariale, sono la sintesi di una giornata vissuta nella gioia.
È il primo maggio, festa di San Giuseppe Lavoratore, per cui si fa festa anche in un Seminario pieno di sole, di luce, di gente. E tutto per raccontare con la gratitudine che «deve divenire una responsabilità», decenni di bene fatto e ricevuto nel Seminario intitolato a Pio IX, il brianzolo Achille Ratti, sotto il cui pontificato l’edificio dedicato alla formazione dei futuri presbiteri fu iniziato e aperto nel 1935. Per questo si prega, si canta, si ricorda papa Francesco nella Messa presieduta dal vescovo Mario Delpini e concelebrata da una ventina di sacerdoti, superiori ed educatori del Seminario. Nelle prime file siedono il prefetto di Varese, Salvatore Pasquariello, i parenti dei diaconi e i seminaristi di Como che quest’anno si sono uniti agli ambrosiani per le mattine di studio. Un’immagine concreta di quel vento amico dello Spirito del quale monsignor Delpini fa l’elogio, nell’omelia ispirata al passo del Vangelo di Giovanni 3, 7-15, appena proclamato nella Liturgia della Parola.
L’elogio del vento amico
«Voglio fare l’elogio del vento amico e di coloro che si affidano al vento senza avere l’ossessione di aver già capito l’itinerario, che non sanno dove il vento li porterà ma sanno che è amico, che è lo Spirito che fa rinascere», dice, infatti subito, il vescovo Delpini.

«Faccio l’elogio della sorpresa per un figlio che pensa di andare in Seminario. E se anche i genitori e gli amici rimangono sorpresi e passano dalla sorpresa all’inquietudine e, persino, allo spavento, coloro che si fidano del vento amico, invece, passano dallo stupore all’esultanza e alla riconoscenza». Per un vento che fa spiegare le vele mentre – «e mi spiace», scandisce monsignor Delpini -, ci sono barche «che stanno in porto, pretendendo di stare al sicuro, laddove la vita invecchia senza mai navigare, senza esplorare nuovi cieli e paesi lontani».
Chiaro il riferimento a tanti giovani rimasti fermi, per usare una famosa frase di papa Francesco, «a balconàr» al balcone, non calandosi mai nella realtà della vita. Da qui la domanda.
«Vorrei interrogare le giovinezze che non prendono il largo, senza rispondere alla vocazione alla santità, come una barca ormeggiata con le vele piegate, perché non si affida al vento amico. Quello che non esonera dalla responsabilità di scegliere la via e non sottrae nell’orientare il timone, ma che rende facile navigare, consente di andare lontano, non con la dura fatica motivata dalla presunzione di potercela fare e l’orgoglio di bastare a se stessi, ma che realizza quell’intreccio di libertà e grazia che onora chi è rinato dallo Spirito».
«Nessun destino è già scritto»
Come, anzitutto, i santi, magari, della “porta accanto”. «Infatti – spiega ancora l’Arcivescovo – si racconta di grandi navigazioni compiute da uomini e donne qualsiasi: madre Teresa di Calcutta, Cottolengo, don Bosco. Come hanno potuto realizzare imprese così memorabili, dare vita a opere così importanti, commuovere e convincere tanta gente? Il loro segreto è stato l’affidarsi al vento amico che ha dato compimento ai loro propositi e intuizioni oltre ogni aspettativa. Come si spiega l’attrattiva universale che esercitano alcune storie come quella di Carlo Acutis o di suor Bakhita? Non hanno compiuto nessuna grande impresa, ma il vento amico li ha portati lontano».
Un vento che fa rinascere dall’alto non solo i santi, «ma anche chi si sente nell’impotenza, assestato nella mediocrità, ossessionato dal risentimento, dalla rabbia, dalla sfiducia» Coloro per i quali può arrivare comunque la grazia: la remissione dei peccati e delle pene, la grazia del “finalmente sono stato liberato”, la grazia del senso di colpa che tormenta guarito, del rimorso trasformato in pentimento». Proprio perché per lo Spirito «non c’è niente di irrimediabile e nessun destino è già scritto».
La brezza leggera che conduce a largo

«Faccio l’elogio del vento amico che soffia come una brezza leggera che irrompe come lo scompiglio di Pentecoste, che rende possibile l’inedito, apre vie alternative, offre a una comunità un volto ammirevole e fa meritare la buona fama. Come la comunità di cui parlano gli Atti degli Apostoli che godeva della stima di tutto il popolo. Il vento che noi invochiamo in questo tempo pasquale, perché lo Spirito scenda su di noi, ci faccia rinascere, ci conduca a largo, e ispiri l’impresa per cui siamo adatti».
Poi, dopo la foto di gruppo con i diaconi che diventeranno preti il prossimo 7 giugno – per l’Arcivescovo sarà l’anniversario esatto dei suoi 50 anni di Messa – la loro presentazione ufficiale, l’inaugurazione della mostra sui 90 anni. E, poi, la festa tra la gente che affolla le bancarelle del mercatino benefico e la presenza di tante associazioni nei quadriportici inondati di sole e di colori di quello stesso Seminario – nelle immagini dell’epoca in bianco e nero – tenacemente voluto e inaugurato dal beato cardinale Alfredo Ildefonso Schuster.




