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Il Discorso alla Città 2023

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Celebrazione

Delpini: «La pace non è frutto dell’imposizione del potere o dell’uniformità»

Per la solennità di Sant’Ambrogio, l’Arcivescovo ha presieduto il Pontificale nella Basilica intitolata al Santo patrono della città e della Diocesi

di Annamaria BRACCINI

7 Dicembre 2023
Basilica di S. Ambrogio, l'Arcivescovo Mario Delpini celebra la Messa pontificale nella solennità del Santo Patrono (Foto Agenzia Fotogramma)

Il desiderio, il sogno della pace che semina speranza e che è inestirpabile dal cuore dell’uomo così come lo è il sangue della guerra.

È un’omelia intensa, dedicata alla pace nel nome del patrono di Milano e della Diocesi, quella che l’Arcivescovo pronuncia nel giorno in cui tutto parla di sant’Ambrogio. La basilica gremita a lui intitolata, in cui il vescovo Mario Delpini presiede il pontificale, la festa patronale che si ricorda in tanti modi, dai mercatini alla consegna degli “Ambrogini d’oro”, dalla città che si accende di mille luci alla grande prima della “Scala”.

Rito solenne, aperto dai dodici Kyrie ambrosiani intonati come tutti i canti dalla Schola dei Pueri cantores del Duomo e concelebrato da un trentina di sacerdoti, tra cui i vescovi monsignor Giuseppe Vegezzi, vicario per la Zona pastorale I-Milano e monsignor Erminio De Scalzi, già abate di “Sant’Ambrogio”; il suo successore, monsignor Carlo Faccendini, l’arciprete del Duomo, monsignor Gianantonio Borgonovo con i membri del Capitolo metropolitano, riuniti per l’occasione, ai canonici del Capitolo di Sant’Ambrogio, i superiori del Seminario, i preti originari o che sono stati e sono impegnati nella parrocchia santambrosiana.

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Presenti alla celebrazione – nella quale l’Arcivescovo siede sulla millenaria cattedra marmorea di Ambrogio sita al centro del Coro ligneo dell’abside – anche i seminaristi del Bienno teologico e oltre una decina di cittadini giapponesi cattolici che hanno voluto compiere proprio in questi significativi giorni il loro pellegrinaggio nella Diocesi di Milano.

Dopo le Letture proprie del Santo, la proclamazione della vita, l’epistola paolina agli Efesini e la pagina del Buon pastore del Vangelo di Giovanni al capitolo 10, a tutti si è rivolto il vescovo Delpini parlando, appunto, di pace: quella che vorremmo e che non c’è, quella che non nasce dal dominio di qualche potente che la impone, ma dalla condivisione e dalla fratellanza.

L’Arcivescovo Mario Delpini nella basilica di Sant’Ambrogio (Foto Agenzia Fotogramma)

La finta pace imposta dal potere   

«La gente vuole, sogna la pace, ama vivere in pace, di fatto, però, le nazioni si fanno guerra, un seme di violenza è radicato nel cuore dell’uomo e della storia. In ogni epoca, forse anche nei nostri tempi, si sono affacciati alla ribalta persone e potenze che professavano propositi di pace, spesso facendo la guerra», scandisce infatti monsignor Delpini che suggerisce l’inganno di un pensiero unico che predica una pace che non è tale, ma che il potere, come accadde ai tempi di Augusto, crede di poter imporre d’imperio.

Come «quando un unico padrone governa il mondo, quando tutti i popoli sono sudditi di un unico impero». o allorché «le legioni romane, l’esercito più potente del mondo, avevano trasformato i popoli in sudditi convinti con la violenza delle armi a rinunciare alla libertà per aver salva la vita». Evidentemente, solo una prepotenza e «la storia racconta che a ogni prepotente ne segue un altro e la guerra continua, sui campi di battaglia, o sui mercati, o negli abissi oscuri dove si organizzano delitti; continua la guerra di quelli che dicono di volere la pace, per fare della pace un sogno per giustificare la guerra».

I fedeli riuniti nella Basilica di S. Ambrogio (Foto Agenzia Fotogramma)

Il pensiero torna al Santo patrono che proprio il 7 dicembre 374 venne ordinato vescovo di Milano. «Nella memoria mitica dei tempi di Ambrogio e di ogni tempo alcuni si immaginano che la pace sia garantita della tradizione, dalla coscienza dell’appartenere a un’unica  cultura, dalla forza di un’identità. Chi tocca le tradizioni, chi introduce novità frantuma l’unità di un popolo, causa divisioni, perciò deve e essere sconfitto e tacitato. Ecco un altro segreto della pace: essere tutti uguali, parlare la stessa lingua, pensare gli stessi pensieri».

Insomma, le due vie di una finta pace che, infatti, come insegnano la vicende di tutta l’umanità, non dura mai a lungo: quella di una potenza che governa il mondo intero e quella dell’uniformità che impedisce ogni originalità rivelando il proprio fallimento e seminando guerra e grigiore.

La pace vera

Altra è la missione di pace del Signore che «per questo è venuto, per dare la sua vita perché tutti i figli di Dio diventino un solo gregge, guidati da un solo pastore, l’agnello immolato. Gesù raduna nel popolo della pace tutti i figli di Dio non come gli imperatori che minacciano la vita degli altri se non si sottomettono, ma come l’amore che si fa servo di tutti e offre la sua vita, perché tutti vivano della vita di Dio. Gesù invita a percorrere le vie della pace non come un invito a rinunciare alla propria testa per pensare tutti le stesse cose e dire tutti le stesse parole, ma come la risposta a una vocazione che chiama a condividere i propri doni, a offrire la propria originalità perché il popolo della pace sia ricco delle ricchezze di tutti i popoli».

Dunque – nota ancora l’Arcivescovo -,  per i discepoli di Gesù la pace è una vocazione piuttosto che una situazione, è un dono e chiede l’umiltà della riconoscenza piuttosto che la presunzione della conquista. È la responsabilità della risposta al Signore che chiama, piuttosto che il frutto di un progetto umano».

L’insegnamento di Ambrogio 

Così come ha insegnato il magistero di sant’Ambrogio «con la sua paziente diplomazia nel cercare la riconciliazione tra i potenti sempre in guerra tra loro, con la sua incisiva predicazione a chiamare i milanesi alla vita cristiana, con la sua testimonianza di mitezza e di determinazione, di lungimiranza e di apprezzamento delle tradizioni del passato, di realismo e di fiducia».

Da qui l’auspicio. «La festa del patrono ispiri a tutti noi, a tutta città, a tutta la nostra Chiesa pensieri di pace, incoraggi tra noi la fiducia e la determinazione a percorrere le vie della pace, piuttosto che l’apprensione e lo scoraggiamento che le troppe guerre seminano nell’umanità. Ascoltiamo la parola dell’unico pastore che invita tutti non a sognare la pace, ma a essere uomini e donne operatori di pace in ogni ambiente in cui viviamo, in ogni responsabilità che siamo chiamati a esercitare. Beati gli operatori di pace, sono figli di Dio».

Come tradizione, la discesa dell’Arcivescovo e dei concelebranti nella Cripta, dove sono custodite le reliquie dei santi Ambrogio, Gervaso e Protaso, per la recita corale della preghiera tratta dal “De Virgnibus” e delle intercessioni.

Infine, lasciata la basilica, monsignor Delpini si è diretto verso FieraMilanoCity dove ha concluso la mattinata partecipando a un pranzo solidale per circa 500 persone in situazione di bisogno,  promosso da Progetto Arca in collaborazione con Fondazione Fiera. Molte le autorità presenti, tra cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. 

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Le Celebrazioni Santambrosiane

Nella Basilica intitolata al Patrono, dopo il Discorso alla Città del 6 dicembre, giovedì 7 alle 10.30 l'Arcivescovo presiede il Pontificale. Venerdì 8 alle 11 il Pontificale dell’Immacolata presieduto dall’abate Faccendini