«Si fanno avanti questi nostri fratelli che sono chiamati al ministero ordinato e dicono: “Noi ci rendiamo disponibili non perché siamo ingenui, non perché desideriamo prestigio o potere. Ci facciamo avanti perché Cristo è tutto per noi e Cristo, tramite la Chiesa, ci chiama a servire. Ci facciamo avanti perché ci fidiamo di Gesù».
La celebrazione
Nella celebrazione solenne dell’Ordinazione diaconale, conferita per l’imposizione delle sue mani e la preghiera, l’Arcivescovo lo scandisce e lo ripete più volte, quel “Cristo è tutto per noi” che – utilizzando la famosa espressione di Sant’Ambrogio nel suo De Virginitate – i candidati al Diaconato transeunte hanno scelto come loro motto. Dodici gli ordinandi diocesani, di età compresa tra i 24 e i 35 anni, con provenienze e storie diverse alle spalle – 3 di loro sono laureati -, 7 gli appartenenti al Pontificio Istituto delle Missioni Estere, cui si aggiunge un candidato dell’Istituto Missionari dello Spirito Santo. Tutti riuniti – insieme ad amici, parenti, intere comunità e parrocchie – tra le navate della Cattedrale gremita, per questo ultimo passo di avvicinamento all’Ordinazione presbiterale che, per gli ambrosiani, avrà luogo in Duomo il 13 giugno 2026.

Sull’altare maggiore della Cattedrale, concelebrano i membri del Cem, i Canonici del Capitolo metropolitano, i Superiori del Seminario arcivescovile di Venegono, con il rettore, monsignor Enrico Castagna, che siede accanto all’Arcivescovo così come l’arciprete del Duomo, monsignor Gianantonio Borgonovo, il superiore generale Pime, padre Francesco Rapacioli e, per l’Istituto Missionari dello Spirito Santo, padre Lucio Ordaz, parroco della comunità di questi religiosi a cui è affidata la parrocchia milanese di Santa Maria Liberatrice. Un centinaio i presbiteri che pure concelebrano dal transetto di San Giovanni Bono.
Dopo la presentazione e l’elezione dei candidati attraverso il loro “Eccomi”, l’omelia del vescovo Mario – che indossa la croce pettorale e l’anello donati da Pio XI a Schuster e utilizzati da tutti i successivi Arcivescovi di Milano per le Ordinazioni episcopali, presbiterali e diaconali -, si avvia da quella «sapienza ottusa», che oggi sembra prevalere ovunque.
«La sapienza ottusa»
«C’è una sapienza e una competenza che accumulano una quantità incalcolabile di informazioni, di nozioni, di procedure, di programmi. C’è una memoria che ricorda ogni particolare con impressionante precisione. C’è una cultura che sa tutto, che sa fare tutto. Eppure è una sapienza ottusa: sa tutto, ma non sa perché; non sa dire in che cosa possiamo sperare, per che cosa vale la pena di accumulare competenze, non sa dire se questo universo in cui abitiamo abbia un senso o sia una meraviglia insensata», spiega, infatti, monsignor Delpini, rivolgendosi ai candidati per cercare quella risposta che manca al mondo di oggi, ma non, evidentemente, a chi dona la sua intera vita al Signore, come fanno i preti e i diaconi.

«È in Gesù la rivelazione del mistero in cui abitano tutte le vite, tutte le cose. Cristo è tutto per noi, è sapienza e potenza di Dio. Il Padre ha nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti. Le ha rivelate ai piccoli. Perciò noi non siamo in possesso di una risposta a tutte le domande, non abbiamo la presunzione di insegnare ai dotti e ai sapienti. Abbiamo però ricevuto la rivelazione che ci indica la strada per aprire orizzonti anche alla sapienza ottusa che abita il mondo. La strada che Francesco di Assisi ha percorso in modo esemplare è quella di farsi piccoli per accogliere la rivelazione del Figlio».
«Gli affetti stanchi»
E così anche per quelli che l’Arcivescovo definisce «gli affetti stanchi» degli «amori invecchiati, delle buone intenzioni e propositi solenni che, con il tempo, si sono logorati».
«Ci sono affetti stanchi tra le mura di casa, negli impegni, dentro la comunità cristiana, nella decisione di vivere la propria professione con uno spirito di servizio. Voi discepoli di Gesù, avete qualche cosa da dire per questa stanchezza dell’amore che intristisce il mondo?».

La risposta è nel «farsi avanti», suggerisce il vescovo Mario. «Si fanno avanti questi nostri fratelli chiamati al servizio ministeriale, che sono stati chiamati al servizio ministeriale e dicono: “Cristo è tutto per noi”. Noi troviamo la speranza della fedeltà, della determinazione ad amare in ogni stagione della vita e in ogni situazione personale, questo troviamo in Gesù.
Farsi avanti
Infine, il “Cristo è tutto per noi” che convince anche di fronte al timore delle «responsabilità antipatiche».
«Chi assume responsabilità si rende antipatico nella società contemporanea, lo circonda un sospetto sistematico. La riconoscenza è una pratica dimenticata; la critica è più abituale e condivisa. Si diffonde la tendenza a dimettersi dalle responsabilità, ad assumerne incarichi a tempo. Meglio rifugiarsi nel privato e pensare a se stessi, al proprio piccolo mondo, ai propri interessi; meglio stare a guardare e lamentarsi piuttosto che impegnarsi e assumere responsabilità».
Una tendenza – questa – che rischia di contagiare anche la comunità cristiana. «Se facendo il bene per la comunità, se dedicando tempo e risorse e passione si riceve per lo più lamentele e critiche, perché farsi avanti per diventare prete, diacono, consigliere negli organismi delle decisioni comunitarie?», domanda il vescovo Mario. La risposta è sempre la stessa: perché è Cristo che chiama.
Poi, dopo l’omelia, gli impegni degli eletti, con il loro “Sì, lo voglio”, “Sì, lo prometto”, pronunciati davanti all’Arcivescovo, le Litanie dei Santi, sdraiati a terra ai piedi dell’altare maggiore, l’imposizione delle mani sul loro capo e la preghiera di Ordinazione, i riti esplicativi con la vestizione degli abiti diaconali e la consegna del Libro dei Vangeli.
Pregare per la pace
A conclusione, giunge ancora il grazie dell’Arcivescovo per gli ormai diaconi, le loro famiglie, il Seminario, le comunità di provenienza e che ne hanno accompagnato il cammino.
Non manca un riferimento alla pace e alle Messe che l’Arcivescovo celebrerà con questa intenzione in ognuna della Zone pastorali della Diocesi dal 9 al 23 ottobre.
«Invito tutti a pregare ancora e sempre per la pace. Papa Leone ha raccomandato di pregare il Rosario in questo mese di ottobre e di unirsi spiritualmente a lui in modo particolare sabato 11 ottobre, quando a sera si pregherà in piazza San Pietro. Io stesso vorrei essere presente in ogni Zona pastorale nei prossimi giorni per celebrare una Messa e invitare tutte le parrocchie e le città a una speciale celebrazione per invocare la pace. Vorrei indicare anche una particolare attenzione ai ragazzi, agli adolescenti e ai giovani, perché siano incoraggiati a pregare e ad educarsi alla pace».
Parole che risuonano all’interno del Duomo in un silenzio carico di attenzione, prima della benedizione finale e del lungo applauso che accompagna gli ordinati fino all’ingresso in episcopio dove ricevono dalle mani del vescovo Mario le destinazioni pastorali, mentre fuori dalla Cattedrale già si prepara la festa che esplode, a fine mattinata, con gli immancabili striscioni e il lancio in aria dei diaconi.