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La Chiesa sia aperta a tutti, sull’esempio dell’umanità di Gesù

Alla vigilia della Giornata diocesana Caritas e della Giornata Mondiale dei Poveri, è tornato in presenza dopo gli anni della pandemia il convegno di Caritas

di Annamaria BRACCINI

4 Novembre 2023

“Stupiti dall’umanità di Gesù. La comune responsabilità per l’umano”. Questo il titolo del convegno che, alla vigilia della Giornata diocesana Caritas e della Giornata Mondiale dei Poveri, è tornato a essere proposto in presenza, con l’intervento dell’Arcivescovo Mario Delpini, dopo gli anni pandemici.

Una scelta felice, considerando il massiccio afflusso degli oltre 400 delegati che hanno affollato il salone Pio XII del Centro pastorale «Cardinal Schuster« di via Sant’Antonio a Milano, giungendo da tutta la Diocesi in rappresentanza delle 840 parrocchie in cui è presente una Caritas, dei 390 Centri di ascolto, degli 800 lavoratori e operatori e 4000 volontari impegnati nella rete di Caritas ambrosiana. Presenti anche molti sacerdoti e il moderator Curiae, monsignor Carlo Azzimonti. 

Le ragioni del convegno

Aperta dal saluto del direttore, Luciano Gualzetti, la mattinata ha trovato il suo nucleo ispiratore nell’accoglienza delle sollecitazioni, più volte espresse dall’Arcivescovo e da papa Francesco, a operare per un nuovo umanesimo, capace di essere in dialogo con le diverse componenti della società plurale, «a partire dalla centralità di Gesù volto autentico dell’uomo».

Per essere sempre più attivi e incidenti, con l’azione di Caritas, nella realtà in profondo cambiamento di oggi, «con le urgenze del disagio giovanile, le difficoltà degli anziani, i drammi della povertà e dell’emarginazione», ha notato Gualzetti. E anche capaci di affrontare mutamenti come quelli del profilo del volontariato con l’aumento dell’età media di chi offre il proprio tempo, magari quando si è in pensione». Anche se «sono tanti i giovani che magari si impegnano non continuativamente,    partono per progetti di solidarietà all’estero e, poi, proseguono in altri settori del volontariato».

Dopo una breve presentazione, da parte di don Stefano Guidi, direttore della Fom, del volume «Essere Chiesa di frontiera». L’esperienza del progetto «Parrocchie e periferia a Milano» (Centro ambrosiano ed.), promosso in alcune realtà problematiche della metropoli da Fom e Caritas e che si sta ampliano ulteriormente ad altre periferie e parrocchie dell’hinterland, ha preso la parola don Paolo Selmi, vicedirettore di Caritas ambrosiana e presidente di Casa della Carità che ha letto il messaggio del vescovo Mario per la Giornata Mondiale dei Poveri. 

Stupiti dall’umanità di Gesù

Dolorose, ma insieme piene di speranza le testimonianze lette durante l’assise, come quella di una donna venuta in Europa con il miraggio di diventare colf o baby sitter, e finita sulla strada, prima di essere salvata da una realtà Caritas che soccorre ragazze nel giro della tratta e della prostituzione.  O come la storia di un migrante o di Maria, maltrattata dal marito, che grazie al servizio Donne di Caritas ambrosiana, oggi lavora e vive con il figlio che prosegue gli studi e ha ritrovato la sua dignità.   

«Papa Francesco sta cercando una riforma all’interno di una Chiesa che voglia testimoniare il volto umano di Cristo e il Vangelo come scuola di umanizzazione», ha spiegato, nella sua articolata riflessione, Luciano Manicardi, monaco della Comunità Monastica di Bose e già priore.

Una riforma, per il relatore, che «apre una prospettiva di conversione personale e radicale di tutti noi: conversione cosciente che ciò che Gesù ha di eccezionale è di ordine umano». Occorre leggere tale umanità con l’atteggiamento dello stupore perché, «come dicono i Padri della Chiesa, solo lo stupore permette di conoscere veramente»

«La carità compromette Gesù che spesso non si attiene a confini prefissati, oltrepassa barriere, limiti culturali, tabù perché istituisce un orizzonte per allargare il cuore dell’uomo, supera le differenze, anche di genere, parlando con le donne e accogliendole nel suo seguito. Gesù agisce in modo inclusivo nella visione di una fraternità e sororità universale che ci deve guidare, perché questo è esattamente il Regno che lui annuncia».

E anche se «qualcuno può considerare tutto questo un’utopia, dobbiamo essere consapevoli che l’utopia serve a continuare a camminare e a sperare. Gesù accoglie uomini e donne che sono fuori dallo spazio dei credenti e la Chiesa deve essere, quindi, scuola, cortile aperto a ciascuno, che non teme la contemporaneità, e ospedale che sa prendersi cura di tutti», ha continuato Manicardi.

L’espressione “Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi Dio”, oggi può essere tradotta con “Dio si è fatto uomo, perché l’uomo sia uomo”, perché si umanizzi», ha concluso. «Il fondamento evangelico dell’umanità di Gesù ci chiede di mobilitare l’intelligenza, l’immaginazione e la creatività dando nuova vitalità alla tradizione, con il coraggio anche di andare controcorrente». . .

L’intervento dell’Arcivescovo

Della percezione colta durante la sua presenza come Padre Sinodale alla XVI Assemblea dei Vescovi, ha, invece, parlato monsignor Delpini.

«Vescovi di ogni latitudine hanno raccontato di comunità cristiane vive, numerose, attraenti che sono perseguitate in alcuni Paesi in modo violento con missionari rapiti, chiese bruciate, villaggi cristiani saccheggiati; hanno raccontato di Chiese confinate tra le mura delle chiese, impediti di ogni forma di presenza nella società, di ogni iniziativa di evangelizzazione e di carità, come accade in Turchia e a Cuba. Hanno raccontato del sospetto, dell’antipatia che circonda la Chiesa vista come straniera, come al seguito del colonialismo, come ostile alla cultura locale e ai popoli originari, ad esempio in Myanmar; i Vescovi d’Europa hanno detto di una Chiesa antipatica e anacronistica, solo preoccupata di difendere se stessa, insensibile agli abusi», ha scandito il vescovo Delpini.

Insomma, «una Chiesa nel complesso un po’ depressa», ma che ascolta, come si è reso evidente durante il Sinodo, anche se il problema rimane «una sorta di imbarazzo ad annunciare Gesù, il suo Vangelo, il suo appello alla conversione».

Ma se la Chiesa, come ha sottolineato ancora l’Arcivescovo, «esiste unicamente per la missione, perché è mandata a parlare all’umanità» – dato, questo, indiscutibile e imprescindibile – ci si può forse chiedere  come deve essere. Anzitutto, certamente, sinodale, in cui tutti devono portare il loro contributo. 

«Il Sinodo è “Sinodo dei Vescovi”, però comprende un numero rilevante di laici, laiche, consacrati e consacrate come membri effettivi. La serie di tavoli rotondi nei quali ci siamo riunti è un aspetto simbolico interessante, perché non prevede, nella sua forma, una sorta di presidenza, delineando una “Chiesa colloquiale”, come l’ha definita il teologo monsignor Pierangelo Sequeri». 

Dunque, la sinodalità indica «il coinvolgimento e la responsabilità nella missione di tutti i battezzati. Il riconoscimento della dignità di tutti è stato sviluppato e sottolineato con particolare riferimento al contributo delle donne, alla centralità dei poveri, all’ascolto delle vittime degli abusi».

Il metodo della conversazione nello Spirito

La sinodalità richiede, infine, l’ascolto di tutti «per comprendere che cosa lo Spirito voglia ispirare alla Chiesa», laddove ascolto di tutti significa la “conversazione nello Spirito” cioè una metodologia che consenta diversi passaggi codificati. Ossia che ciascuno debba dare la sua risposta alla domanda posta e ciascuno sia ascoltato con un momento di silenzio e di preghiera; che dopo che tutti si sono espressi, ciascuno debba esprimere che cosa ritiene più importante di quanto ha ascoltato dagli altri e in che cosa l’ascolto degli altri ha arricchito, corretto, intensificato il suo punto di vista iniziale per arrivare a delle proposte», ha sintetizzato l’Arcivescovo. 

Poi, nel prosieguo della mattinata, ancora un intervento, affidato a don Luigi Verdi, responsabile della fraternità di Romena, su “La comune responsabilità per l’umano”, il dibattito e la celebrazione del Mandato agli operatori pastorali della carità presieduto dal vicario episcopale e presidente della Fondazione Caritas ambrosiana, monsignor Luca Bressan.