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Giustizia

Caso Galli, la Cassazione annulla la condanna

Al sacerdote, accusato di abusi nei confronti di un ragazzo, erano stati inflitti 5 anni e mezzo in primo e secondo grado. La Corte chiede un nuovo processo in base a dubbi emersi sulla vittima

23 Gennaio 2023

Si riapre il caso di don Mauro Galli, il sacerdote ambrosiano già coadiutore della parrocchia di Sant’Ambrogio a Rozzano, imputato di violenza sessuale nei confronti di un 15enne per fatti che risalgono al 19 dicembre 2011: la Corte di Cassazione ha infatti annullato la condanna a 5 anni e mezzo inflitta in primo e secondo grado di giudizio e dispone quindi un nuovo processo d’Appello.

Nelle motivazioni della decisione, secondo quanto riporta Luigi Ferrarella sul Corriere della sera, alla base della decisione della Corte sono le perplessità «non adeguatamente spiegate dai giudici di merito», suscitate dal «tardivo disvelamento» della violenza, che il ragazzo ha raccontato solo tre anni dopo i fatti.

Sempre secondo la ricostruzione del Corriere, l’accusa è che il giovane – trascorrendo una notte nell’abitazione di don Galli come concordato con i genitori – fu costretto a subire le avances del sacerdote con cui condivideva il letto, dopo una confessione «che lo aveva messo in mano» dell’imputato.

Don Galli ha ammesso di avere ospitato il ragazzo nel proprio letto e per questo comportamento è stato trasferito dall’allora Vicario generale della diocesi, monsignor Carlo Redaelli, da Rozzano a Legnano in affidamento a due sacerdoti e a uno psicologo, e poi nel luglio 2012 da monsignor Mario Delpini (subentrato nell’incarico di Vicario generale) prima all’ospedale Niguarda come cappellano e poi in un istituto religioso a Roma. Solo nel 2014 il ragazzo ha fornito una nuova versione, aggiungendo di aver dovuto resistere agli approcci sessuali del prete. Dopo questa denuncia nel maggio 2015 la giustizia ecclesiastica ha sospeso don Galli da sacerdote.

Secondo quanto riporta il Corriere, le condanne in Tribunale e in Appello motivano il prolungato silenzio del ragazzo con «il suo stato di affermata totale soggezione nei confronti dell’imputato». Per la Cassazione, tuttavia, «non è adeguata giustificazione logica del silenzio la (residua) soggezione nei confronti di chi già tre anni prima, subito, aveva visto nel breve volgere di qualche ora la distruzione della sua immagine pubblica e della sua stessa autorità ecclesiale, irrimediabilmente azzerate tanto nei rapporti con i superiori ecclesiastici (dai quali, ben presto informati e giustamente adirati, era stato emarginato), quanto nel giudizio della famiglia della persona offesa (altrettanto doverosamente infuriata)».

Questo aspetto, secondo la Cassazione, impone anche un riesame della personalità del giovane, «pacificamente connotata» da aspetti narcisistici. Un quadro in cui rientrano anche «inesistenti attacchi asmatici, inventati choc anafilattici, e simulate possessioni demoniache» – che «già prima dei fatti avevano palesato turbamenti tali da indurre i genitori ad affidarsi alla psicoterapeuta» – e che ha registrato «un peggioramento progressivo e acuitosi nel periodo finale del triennio», semmai «legato all’incrinarsi dei rapporti con la fidanzata nonché agli insuccessi scolastici». Per arrivare infine a «una condizione di sgradito isolamento personale» con «vari ricoveri ospedalieri tra il 2013 e il 2014 infine culminati (solo nel luglio 2014 e all’esito di un tentativo di suicidio) nel chiaro e teatrale disvelamento del preteso abuso sessuale risalente al 2011».