A conclusione dell’attesa (e imprevista) terza Assemblea sinodale delle Chiese in Italia, quello che si registra tra i delegati e il Comitato di dirigenza è un diffuso sentimento di soddisfazione per il lavoro svolto in questi mesi e per l’approvazione del Documento finale di sintesi – 124 proposizioni nella sua nuova stesura -, molto arricchita e articolata rispetto a quella dell’aprile scorso, che aveva causato dissenso e portato alla richiesta della convocazione non prevista di una nuova sessione.
All’Ergife di Roma 840 i delegati partecipanti alla discussione e all’approvazione del testo dal titolo Lievito di pace e di speranza, che raccoglie quattro anni di cammino delle Chiese del nostro Paese e che è stato ratificato con più del 95% dei consensi. «Di una folta partecipazione molto positiva», parla Simona Beretta, componente della delegazione ambrosiana e co-moderatrice della nuova Èquipe sinodale diocesana.
Quale clima si è respirato durante i lavori?
Abbiamo avuto un tempo sufficiente per approfondire il Documento e questo ha certamente giovato all’andamento dei lavori, perché siamo arrivati a Roma avendo già letto il testo che, molto di più del precedente, rimandava al percorso fatto in questi quattro anni. Credo che da parte di tutti vi sia stato un sincero desiderio di portare a compimento il percorso intrapreso.
Come delegati avete scritto un messaggio a papa Leone, nel quale indicate la bellezza di un Cammino sinodale ritmato dalla preghiera, dall’ascolto, e dalla partecipazione «che ci ha aiutato a riscoprire lo stile della vita e della missione della Chiesa». Secondo lei sono state raccolte, quindi, le istanze pervenute dalle Chiese locali?
Nell’aprile scorso ciò che aveva creato insoddisfazione era stata proprio la sensazione di una incoerenza del Documento presentato alla votazione rispetto al Cammino fatto: non così questa volta, anzi. Infatti, la parola risuonata maggiormente nei giorni scorsi è stata «entusiasmo» – o l’aggettivo «entusiasta» – per descrivere il fatto che coloro che hanno partecipato a questo processo abbiano potuto veramente prendere parte a un’esperienza di Chiesa guidata dallo Spirito. Ci siamo coinvolti nel fare qualcosa che ci ha rimessi in gioco come testimoni, come discepoli e missionari.
La nostra Chiesa è impegnata nei cammini sinodali con una particolare vivacità, attraverso proposte e nuove realtà sul territorio. Tale corpus di iniziative è stato recepito?
Sono stati sicuramente recepiti i cammini di Chiesa sinodale che stiamo percorrendo fin dalla fase profetica che ha coinvolto i Consigli pastorale e presbiterale diocesani. In particolare, i passi fatti relativamente alla missione negli ambienti di vita e alle diaconie intese come quelle équipes che coadiuvano il parroco o che, comunque, diventano corresponsabili nel supporto e nella guida della comunità. Questi sono gli argomenti su cui la nostra Chiesa aveva scelto di approfondire la riflessione e la sensazione è stata che, nel testo finale, siano stati tenuti presenti evidentemente non solo perché sentiti da noi, ma anche da altre Diocesi.
Persino Erio Castellucci e Valentino Bulgarelli, rispettivamente presidente e segretario del Comitato nazionale del Cammino sinodale, si sono detti stupiti della proposizione che ha ricevuto il maggior numero di voti non favorevoli – il 23%, pari a 188 su 813 voti -, ossia quella relativa ai contributi sul diaconato femminile…
Effettivamente è una votazione che stupisce. Tuttavia devo dire non tanto, almeno a livello personale, nel senso che dei tre punti della proposizione 71, riguardanti il tema della corresponsabilità ecclesiale delle donne, diciamo così, in maniera complessiva, la risposta alle possibilità di studio rispetto al diaconato femminile mi è sembrata in linea con quello che è accaduto alla XVI Assemblea ordinaria dei Vescovi. Da notare che si è registrata una percentuale piuttosto alta di non favorevoli anche sul secondo punto (B) che riguardava la proposta di un «Tavolo di studio permanente sulla presenza e l’apporto delle donne nella Chiesa, al fine di formulare proposte operative per incentivarne la corresponsabilità ecclesiale». Però io credo che, su questo aspetto, la stessa parte femminile (ma non solo) dell’Assemblea abbia voluto in parte protestare per un scelta che rimanda al “pensare” o “ripensare” ancora una volta dei Tavoli, mentre siamo arrivati, forse, al tempo dell’agire. Inoltre questo punto B pareva contraddire il primo (A) che ha sostenuto, con 750 voti favorevoli. Approvando, con larghissima maggioranza, «che le Chiese locali, riconoscendo il genio femminile così come diceva San Giovanni Paolo II, promuovano una effettiva parità di genere nelle possibilità di accesso alla guida di Uffici diocesani e in ruoli di responsabilità pastorale in Diocesi, parrocchie e associazioni, nei Tribunali ecclesiastici, nelle Facoltà teologiche e istituzioni affini e nei ministeri istituiti, riconoscendo così l’apporto corresponsabile di parola, servizio, competenza delle donne».





