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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Sugli altari

Allamano, Santo per una Chiesa in missione

Padre Danilo Caraballo, dei Missionari della Consolata di Bevera (Lecco), tratteggia l’attualità del fondatore dell’Istituto, che papa Francesco canonizzerà domenica 20 ottobre

di Emilia FLOCCHINI

18 Ottobre 2024
Padre Giuseppe Allamano (da www.giuseppeallamano.consolata.org)

Tra i nuovi Santi che papa Francesco canonizzerà questa domenica, in piazza San Pietro a Roma, c’è don Giuseppe Allamano, fondatore dell’Istituto dei Missionari della Consolata e delle Suore Missionarie della Consolata. Tra i pionieri del rinnovamento missionario in Italia, ha esteso la sua passione per la missione dalla natia Torino, dove per 46 anni è stato rettore del Santuario della Consolata, fino al Kenya, anche se di fatto non ha mai messo piede in terra straniera.

A tratteggiare il suo profilo e l’attualità per la Chiesa di oggi, anche per quella ambrosiana, è padre Danilo Caraballo; di nazionalità colombiana, da un anno e sei mesi Superiore dell’unica comunità dei Missionari della Consolata rimasta in diocesi (quella di Milano è stata chiusa due mesi fa), ovvero quella che a Bevera, frazione di Barzago, nel territorio della parrocchia di Santa Maria Nascente e della Comunità pastorale Maria Regina degli Apostoli, tiene desta l’attenzione sulla missione attraverso un Centro missionario che fa da collegamento con parecchie realtà.

Come avete accolto nella vostra comunità la notizia del decreto sul miracolo per canonizzare il fondatore, arrivato a quasi venticinque anni dalla beatificazione?
Per noi è stata una sorpresa: temevamo che, essendosi verificata la guarigione nel 1996, non venisse presa in considerazione, o si dovessero compiere indagini più lunghe. La conferma che quello era un miracolo, e che il beato Giuseppe Allamano aveva interceduto per le suore che pregavano per Sorino, un uomo del popolo Yanomani gravemente ferito dopo l’assalto di un giaguaro, è stata quindi una gioia per noi, anzi, non solo per noi, ma per tutta la Chiesa.

A Bevera avete organizzato momenti di preghiera in preparazione al grande evento?
Abbiamo vissuto tre serate di preghiera in preparazione alla canonizzazione. In ogni serata c’era un Rosario, l’Adorazione e una catechesi per far conoscere le basi della sua spiritualità. La prima era su «Il beato Giuseppe Allamano e la Consolata», perché per molti anni fu Rettore del Santuario della Consolata a Torino. La seconda aveva come tema «Il beato Giuseppe Allamano e la missione», ovvero come il suo sogno missionario si è realizzato attraverso la formazione di missionari da inviare in Africa. L’ultima serata ha invece indagato il suo rapporto con l’Eucaristia: Allamano è sempre stato un uomo eucaristico e chiedeva che i suoi missionari diventassero amanti dell’Eucaristia. Inoltre il nostro coro Massawe, che ha in repertorio canti in tutte le lingue dei Paesi dove siamo stati e dove siamo, ha tenuto concerti a Monza e in altre parrocchie della Brianza.

Qualcuno della vostra comunità andrà a Roma domenica?
Sì, tre preti me compreso e un diacono, perché gli altri sono anziani. Al momento in comunità siamo in otto.

Avete in programma celebrazioni di ringraziamento dopo domenica? Pensate d’invitare l’Arcivescovo o qualche suo vicario?
Dopo la canonizzazione ci sono anche altre attività che si faranno soprattutto a Torino, dal 21 al 25. Il 10 novembre, a Bevera, avremo un’Eucaristia di ringraziamento per la canonizzazione: abbiamo pensato d’invitare il vicario episcopale della Zona pastorale di Lecco, monsignor Gianni Cesena.

Nella Proposta pastorale di quest’anno l’Arcivescovo invita a guardare ai santi come esempi di accoglienza della grazia di Dio. Secondo lei, come il suo fondatore ha accolto questa grazia?
Prima di tutto è stato un uomo aperto alla grazia di Dio, perché nonostante le sue tante malattie si è reso disponibile a quello che il Signore voleva fare di lui. È stato aperto alla sua grazia anzitutto entrando nel Seminario della diocesi di Torino e ascoltando anche i consigli che gli davano i suoi superiori, i quali lo hanno spinto a fondare questa congregazione. Inoltre, nonostante lui non sia mai partito in missione, ha curato tantissimo i missionari che andavano in Africa: comunicava con loro, scriveva lettere, ascoltava quello che gli dicevano e allo stesso tempo accoglieva i loro consigli; è sempre stato loro vicino, come un padre. Ha poi accolto la grazia di Dio amando l’Eucaristia e la Vergine Maria, che chiamava “madre della Grazia”.

Quale insegnamento può venire dal fatto che Allamano viene dichiarato Santo in questo periodo storico e in questo tempo in cui la Chiesa si interroga sul senso della sua missione?
La canonizzazione in questo contesto storico ha veramente del provvidenziale. In un tempo in cui la Chiesa è spronata a essere in uscita e i sacerdoti ad avere l’odore delle pecore, risuona il suo invito ai missionari a non rimanere nello stesso posto e a essere vicini ai poveri, agli anziani, agli ammalati, a quelli che vivono tristi e non hanno la consolazione. Lui voleva dei missionari vicini alle persone, capaci di arrivare anche a chi vive come se Dio non esistesse.