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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Milano

Alberti, un seme di dialogo che continuerà a dare frutti

L’umanità, la pacatezza e l’apertura del sacerdote ambrosiano scomparso il 5 settembre ricordati in una serata dalle testimonianze di esponenti delle diverse religioni che lui ha avvicinato e conosciuto

di Annamaria BRACCINI

21 Ottobre 2024
Don Giampiero Alberti

«Un omaggio per tutto quello che don Giampiero ha fatto per il dialogo, ma anche una sorta di festa del dialogo con persone che si ritrovano al fine di proseguirlo. E tutto questo per riflettere, guardare al passato, ma soprattutto al futuro». Si apre così la serata in ricordo di don Giampiero Alberti, scomparso lo scorso 5 settembre dopo una lunga malattia, alla vigilia dei suoi 77 anni. Una figura conosciutissima nel mondo ecumenico e del confronto interreligioso, per il suo instancabile impegno svolto per decenni soprattutto presso le comunità musulmane presenti nel territorio ambrosiano.

«Fratello universale»

Tanto da essere definito, con il titolo della serata, «fratello universale», citando lo stesso appellativo utilizzato per Charles de Foucauld. E, allora, per questo appuntamento segnato dal rimpianto, ma anche dal desiderio di andare avanti nel cammino tracciato, si sono ritrovati tanti amici di diverse religioni, in un luogo significativo come il Teatro di San Lorenzo alle Colonne, sede storica del Centro Ambrosiano di Documentazione per le Religioni (di cui il sacerdote scomparso fu responsabile) e dove il Forum delle Religioni di Milano, fortemente voluto da don Giampiero, si è ritrovato per anni. Come ha ricordato Giorgio Del Zanna, docente di Storia contemporanea in Cattolica e membro della Comunità di Sant’Egidio.

Il rabbino David Sciunnach

Un minuto di raccoglimento, che si osserva sempre all’inizio di ogni incontro del Forum, ha dato avvio all’incontro. Presenti, tra gli altri, monsignor Luca Bressan, vicario episcopale di settore e presidente della Commissione diocesana Ecumenismo e Dialogo, monsignor Gianfranco Bottoni, a lungo responsabile del Servizio omonimo, l’ortodosso romeno padre Traian Valdman, presidente di turno del Consiglio delle Chiese cristiane di Milano,  Mahmoud Asfa, presidente del Consiglio direttivo della Casa della Cultura Musulmana di Milano, l’imam della Comunità sciita di Milano, rappresentanti dei Sufi, del buddismo e dell’induismo, pastori protestanti e il rabbino David Sciunnach.

«Nonostante la festa di Sukkot (delle Capanne) che stiamo celebrando, ho voluto essere qui stasera – ha detto quest’ultimo -, perché don Alberti era un caro amico, sempre disponibile, al passo con i tempi, ma che guardava avanti. Manca questa persona buona, sempre con il sorriso sulle labbra. Nella tradizione orale ebraica si dice che ci sono tre corone: la Torah, il sacerdozio e il Regno; ma ve n’è una quarta, quella del buon nome, e sono sicuro che don Giampiero è stato preceduto dal suo buon nome nel ritorno al Padre. Che il suo ricordo sia benedizione per tutti».

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La videointervista

Poi, la proiezione della videointervista di 35 minuti con don Alberti (l’ultima di fatto), realizzata nel gennaio 2024 dal ricercatore Riccardo Paredi e da don Lorenzo Maggioni, studioso delle religioni e membro del Cccm, per la serie podcast della Fondazione internazionale Oasis «Avamposti di amicizia: prove di incontro tra cristiani e musulmani».

Accompagnati dalla stessa voce di don Giampiero, è stato commovente ripercorrere i suoi studi di perfezionamento compiuti al Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica di Roma con maestri come Maurice Borrmans – vi era stato inviato da monsignor Giovanni Giudici -, e la sua esperienza con le comunità islamiche, dai primi approcci a Milano tra piazza Maciachini e viale Jenner, alle realtà di via Padova, fino ad arrivare, nel tempo, a tutte le zone della Diocesi. Dove ogni anno don Giampiero portava il messaggio per la fine del Ramadan degli Arcivescovi di Milano, da Martini fino a oggi con monsignor Delpini. In un crescendo di amicizia e conoscenza reciproca – dopo difficoltà incontrate anche tra qualche confratello presbitero ambrosiano – con quelle due parole condivise, «l’amore verso Dio e verso gli altri», che Alberti ripete ricordando la crescita del Forum – fondato nel 2004, ma con firma dello Statuto dal 2006 – preceduto, già negli anni Novanta dal Cadr, «con il desiderio di conoscere e conoscerci». Tanti i momenti di festa vissuti insieme con sunniti, sciiti, sufi, presenti in Diocesi, fino dai tempi del memorabile Discorso di Sant’Ambrogio del cardinale Martini del 1990, «Noi e l’Islam», che fu il profetico inizio di tutto. 

I presenti alla serata

E ancora, nell’intervista, si parla dell’accompagnamento delle coppie miste, dell’amicizia che legò Alberti a padre Paolo Dall’Oglio con i frequenti viaggi di don Giampiero in Siria, per arrivare, infine, alla domanda delle domande su cosa l’avesse colpito di più, negli anni, del mondo islamico. Lapidaria la risposta: «La fedeltà del mondo musulmano alla propria fede nella preghiera».  

Il momento musicale

Le testimonianze

Dopo un momento di elevazione musicale eseguito dal maestro Namasté Ashanka con il sitar, il tipico strumento a corde induista, si sono alternate le testimonianze, tra cui quella di Asfa: «La nostra fu un’amicizia nata 37 anni fa. Eravamo un gruppo di giovani ed era strano invitare un cristiano, oltretutto un sacerdote, a venire in moschea. Ma abbiamo iniziato e il primo che abbiamo incontrato è stato don Alberti. Poi abbiamo lavorato moltissimo per convincere altri centri ad accogliere don Giampiero. Non è stato facile, ma questo cammino ci ha fatto scoprire tanti punti in comune», dice, richiamando l’iniziativa dello spazio di preghiera interreligioso voluto da Alberti a Rho-Fiera, «dove tanti musulmani si fermano a pregare». «In tanti abbiamo pregato per lui il venerdì successivo alla sua morte ed eravamo veramente dispiaciuti e addolorati. Stiamo raccogliendo i libri della sua biblioteca e li metteremo in una parte della moschea, se l’avremo, e la chiameremo “la libreria di don Giampiero Alberti”».

Mahmoud Asfa

Parole a cui fa eco la rappresentante della Scuola Zen del buddismo: «Stiamo vivendo un’urgenza di percorsi spirituali che portino valori importanti per l’umanità e questo ci unisce», scandisce illustrando le quattro parole chiave della propria tradizione: armonia, rispetto, purezza, realizzazione-serenità. «Il lavoro di don Giampiero è leggibile attraverso questa griglia perché per tutti ha avuto ascolto, garbo assoluto, creando un’armonia che diventava contagiosa. Nella sua capacità di equanimità e di rispetto il “don” è stato un maestro. Era scevro da ogni affermazione di sé, e questo atteggiamento lo ha realizzato, cosi come la serenità. Abbiamo pianto al tuo funerale, don Giampiero, ma oggi siamo qui per affermare che questo seme che è stato gettato, che questo impegno che tanti hanno portato avanti, continuerà».

E, ancora, Ravichandra, esponente induista: «Il suo aspetto umano è servito molto a tutti. Ritengo di aver impaurato tanto dal suo comportamento. Un uomo pacato, aperto, disponibile. E queste sono qualità non di buona educazione, ma altamente spirituali. Aver vissuto un’esperienza come quella del Forum, dove ci si sente fratelli che alla fine arriveranno alla stesa meta, senza credersi migliori degli altri, è una cosa grande».

«Rimarrai una bussola nel nostro cammino»

Parla anche la giovane Jahia, che legge una lettera a nome delle coppie di coniugi di diversa religione: «Ho avuto l’onore di conoscerlo nel 2021 durante l’itinerario per il matrimonio. Don Giampiero, tu hai dato risposte alle domande che avevamo, ci hai aperto le porte del cuore e della tua casa. Hai insegnato ai nostri figli cosa significhi avere una mamma e un papà di religioni differenti. Con coraggio, hai creduto nel dialogo in tempi di grandi pregiudizi: hai sempre visto nelle nostre famiglie uno strumento profetico. Rimarrai una bussola nel nostro cammino».

A conclusione la pastora valdese Daniela Di Carlo, già presidente del Consiglio delle Chiese cristiane di Milano, legge una poesia di Emily Dickinson: «Questo mondo non è conclusione, c’è un seguito di là – invisibile – come la musica, ma concreto come il suono». Il suono che non si dimentica di una voce che racconta una vita spesa per gli altri, per la pace, il dialogo e la riconciliazione.

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di monsignor Luca BRESSAN Vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione sociale